CORRIERE DELLA SERA – Da Alfa a Omicron, com’è cambiato il virus

By 23 Dicembre 2021Coronavirus

Contagi, gravità della malattia ed effetto sui vaccini: cosa c’è dietro le allerte sanitarie sulle nuove varianti.

Ogni volta che viene identificata una nuova variante del Covid-19, e l’ennesima è l’Omicron, monta l’allerta delle autorità sanitarie. Ma cosa c’è dietro i ripetuti allarmi? Sono sempre giustificati? E perché — come stiamo vedendo in questi mesi — viene via via alzata l’asticella della percentuale di popolazione da vaccinare?

Di certo, la formazione di varianti virali è un evento naturale proprio di tutti i virus, in particolare quelli con genoma a RnA come il Covid: le mutazioni genetiche sono alterazioni casuali nel genoma che avvengono in occasione della replicazione del virus all’interno delle cellule infette. Ma quando un virus crea copie di sé stesso si pongono tre tipi di problemi. Uno: la possibilità che sia più contagioso. Due: il rischio di una maggiore aggressività della malattia. Tre: l’eventuale capacità di reinfettare persone precedentemente immunizzate. L’origine porta la data del 5 gennaio 2020. È allora che i cinesi sequenziano l’intero genoma di un nuovo Coronavirus, che viene chiamato D614. Ma la diffusione è già in corso da qualche mese e il virus comincia a generare figli. Il 20 gennaio il primo mattone che cambia nella sequenza è questo: la D viene sostituita dalla G. Una modifica che gli dà maggiore contagiosità. Tutte le varianti sono figlie sue.

Cosa succede in Italia

Il 20 febbraio in provincia di Lodi viene identificato un grosso focolaio, e subito dopo in Val Seriana (Bergamo). Il Policlinico San Matteo di Pavia, che è il primo ospedale italiano a studiare le varianti, ne individua ben sette, tutte correlate allo stesso ceppo, ma con caratteristiche diverse: qualcuna più lenta, altre più veloci. Dagli studi effettuati dal matematico-epidemiologo Stefano Merler della Fondazione Bruno Kessler (Fbk) e dall’Istituto superiore di Sanità (Iss) emerge che, in assenza di misure di controllo del virus, in quel momento il numero medio di persone infettate da un contagiato (R0) va da 2,8 a 3,1. Nell’estate 2020 calano le restrizioni, si riprende a viaggiare, e in Italia vengono introdotte almeno una decina di varianti virali presenti in altri Paesi, a cui viene assegnata una sigla: B.1, B1.1, B.1.5 ecc., a seconda del Paese di origine. Poi, dall’autunno 2020, l’Organizzazione mondiale della Sanità (Oms) e il Centro europeo per la prevenzione e il controllo delle malattie (Ecdc) cominciano a classificare le varianti e a tracciare le nuove mutazioni per vedere quanto possono essere refrattarie ai vaccini in fase di sperimentazione. Nel settembre 2020 nel Regno Unito viene identificata l’Alfa, nello stesso periodo in Sudafrica viene trovata la Beta, e a dicembre 2020 in Brasile è tracciata la Gamma.

Varianti in circolazione nel 2021

Da gennaio ad aprile 2021 in Italia Alfa, Beta e Gamma circolano in contemporanea. Stimare il loro R0, dunque quanti ne contagia un infetto, è complicato sia perché non ci sono più le condizioni iniziali (popolazione tutta suscettibile al virus, non vaccinata e assenza di misure di controllo) sia perché i calcoli devono tenere conto della co-presenza di diverse varianti. Ma nonostante questi limiti, è possibile calcolare la maggior trasmissibilità di una variante rispetto alle altre. Sempre con l’aiuto dei dati di Merler e dell’Iss, vediamo cosa succede.

L’Alfa ha un indice di trasmissibilità superiore da 1,45 a 1,66 volte rispetto al virus del 2020. Vuol dire che in assenza di misure di controllo un infetto può contagiare in media circa altre 4,5 persone. Da aprile 2021 la variante Alfa circola quasi esclusivamente in tutt’Italia (91,6%), senza però dare segni di bucare i vaccini.

Allerta Beta, Gamma, Delta

La variante Beta colpisce soprattutto in Alto Adige, ma data la sua scarsa diffusione non ci sono stime su un’eventuale maggiore trasmissibilità. Studi preliminari dicono, però, che potrebbe essere in grado di infettare persone precedentemente immunizzate.

La Gamma si diffonde in particolare nelle regioni dell’Italia centrale (Lazio, Umbria, Toscana). Il suo potenziale livello di contagiosità è superiore di 1,03-1,56 volte rispetto al virus del 2020, vuol dire che in assenza di misure di controllo un infettato può contagiare in media circa altre 4,3 persone. Come la Beta, provoca un potenziale rischio di reinfezione. In termini di gravità, in generale, tutte si mostrano più aggressive rispetto al tipo di virus circolante nel 2020.

A maggio 2021 arriva anche in Italia la Delta, già identificata a dicembre 2020 in India. Il suo indice di trasmissibilità è superiore da 1,33 a 2,1 volte rispetto alla variante Alfa. Dunque, in assenza di controlli un contagiato può infettare in media altre 6,75 persone. Da luglio 2021 la variante Delta diventa dominante (94%).

La campagna vaccinale di massa

Ognuna di esse produce a sua volta varianti e mutazioni. Da fine dicembre 2020, però, è iniziata la più grande campagna di vaccinazione globale, aumentando in modo progressivo le coperture immunitarie, almeno nei Paesi più ricchi. Conseguenza: Alfa e Beta, che erano le più brutte, si sono quasi estinte. Quella che circola oggi è ancora prevalentemente la Delta. Tutte le nuove varianti sono emerse in Paesi a bassa copertura vaccinale.

L’Omicron

In Sudafrica e Botswana la percentuale di popolazione vaccinata è del 20%, ed è lì che a novembre 2021 è stata sequenziata Omicron. È una variante con dentro 43 mutazioni, mentre per esempio la Delta ne aveva 8. Secondo Fausto Baldanti, direttore del Dipartimento di virologia del Policlinico San Matteo di Pavia, che osserva da inizio pandemia varianti e mutazioni, le 43 mutazioni di Omicron sono troppe rispetto alla struttura originale, e questo potrebbe non essere vantaggioso per il virus. In altre parole: per la popolazione non sarebbe problematico rispetto alle sue precedenti versioni. Lunedì c’è stato il primo infetto da Omicron sul territorio in Lombardia, a Legnano. Il laboratorio di virologia del Policlinico ha messo il virus in cultura. Una volta cresciuto in vitro, sarà messo a contatto con il siero di una persona vaccinata, e a quel punto si comprenderà a quale livello può interferire con il vaccino, e la differenza rispetto agli altri ceppi. Gli esiti si conosceranno fra una decina di giorni. Magari questa volta la sfanghiamo.

Il circolo vizioso

Il problema di fondo resta: le varianti sono imprevedibili, e più circola il virus, più varianti nascono. Ciò rende necessarie coperture vaccinali più alte, proprio per ostacolarne la diffusione. La percentuale di popolazione da immunizzare aumenta con l’R0 in modo proporzionale in base a una formula matematica. Tenendo conto della velocità di diffusione, con l’R0 iniziale sarebbe stato sufficiente vaccinare grosso modo il 67% della popolazione. Queste coperture salgono al 78% con la variante Alfa e all’85% per la Delta. Le stime però non considerano che i vaccini non sono perfetti nel proteggere dall’infezione: contro la variante Delta l’efficacia con ciclo completo di due dosi è di circa l’80%, e va a diminuire dopo sei mesi. Quindi vuol dire che la percentuale di popolazione da vaccinare per arginare il virus si alza ancora. In conclusione: nessun singolo Paese è protetto, se i vaccini non arrivano e vengono somministrati a tappeto in ogni parte del mondo, poiché laddove le popolazioni sono poco immunizzate, varianti e mutazioni si moltiplicano e si esportano. Se poi, nei Paesi dove i vaccini ci sono, una fetta di popolazione non si immunizza, si innesca un circolo vizioso dal quale sarà difficile uscire.

Milena Gabanelli e Simona Ravizza

Corriere della Sera

15 Dicembre 2021