MIGRANTI. ACCOGLIERE LO STRANIERO UNICAMENTE SE SI PUÒ OFFRIGLI UN FUTURO DIGNITOSO

La scorsa domenica è stato canonizzato san Giovanni Battista Scalabrini (1839-1905) che possiamo definire il “santo dei migranti” che fondò due Congregazioni per la cura dei migranti, una maschile e una femminile per sostenere, soccorrere e aiutare gli italiani che in quell’epoca erano costretti a migrare per sfuggire a una situazione disperata e mai si rassegnò all’idea di abbandonare al loro destino quegli uomini che partivano per cercare fortuna all’estero.

Questo nuovo santo ci invita a riflettere sull’argomento complesso e tortuoso dell’immigrazione che spesso analizzato superficialmente, oppure con pregiudizi che originano esasperazioni. Per oltrepassare le logiche dell’emotivissimo o del qualunquismo proporrò unicamente delle considerazioni rimandando al lettore le conclusioni.

Bibbia, Chiesa e migranti

La Sacra Scrittura rammenta il dovere dell’accoglienza dello straniero. «Il Signore vostro Dio, vi chiede soltanto questo: di rispettare lo straniero, di amarlo e di onorarlo con tutto il cuore e con tutta l’anima (…). Amate questi stranieri, perché anche voi foste stranieri quando eravate in Egitto» (Dt. 5,10.19). Invariati richiami all’ospitalità sono presenti nei Vangeli, in particolare in quello di Matteo, quando il Signore Gesù illustra la grandiosa scena del giudizio universale: «Ero forestiero e mi avete ospitato» (Mt. 25,35). Anche san Paolo esorta: «Non dimenticate l’ospitalità, poiché alcuni, praticandola, hanno accolto angeli senza saperlo» (Eb. 13,2).

Il Magistero della Chiesa cattolica analizza il fenomeno migratorio nel Compendio della Dottrina Sociale della Chiesa e nel Catechismo della Chiesa Cattolica: «Le nazioni più ricche sono tenute ad accogliere, nella misura del possibile, lo straniero alla ricerca della sicurezza e delle risorse necessarie alla vita, che non gli è possibile trovare nel proprio Paese di origine. I pubblici poteri avranno cura che venga rispettato il diritto naturale, che pone l’ospite sotto la protezione di coloro che lo accolgono. Le autorità politiche, in vista del bene comune, di cui sono responsabili possono subordinare l’esercizio del diritto d’immigrazione a diverse condizioni giuridiche, in particolare al rispetto dei doveri dei migranti nei confronti del Paese che li accoglie (…)» (CCC. 2241).

Dunque, nella prospettiva biblica, il comportamento da assumere è evidente: accogliere lo straniero. Il Magistero, poi, consiglia le modalità: operare con la comunità civile per l’integrazione, condividere e diffondere i valori della reciprocità, ma contemporaneamente e realisticamente afferma: «accogliere nella misura del possibile». Questo significa che dobbiamo porci la domanda riguardante il vero bene per l’altro, evitando di trasformare i nobili concetti di accoglienza e di solidarietà in un semplice e dannoso buonismo. Poniamoci degli interrogativi: ospitare senza progettazione i migranti è sufficiente? Un’ospitalità generale come l’attuale offrirà loro un’adeguata qualità di vita e un futuro dignitoso? Purtroppo, in Italia, questi quesiti sono totalmente trascurati, gestendo anche questo settore, come moltissimi altri, “alla giornata” privi di una visione del domani.

 Migranti regolari e migranti irregolari

Due sono le categorie di migranti: migranti regolari e migranti irregolari, i primi hanno il diritto a restare in Italia, i secondi vanno rapidamente espulsi.

 Migranti “regolari”

Quale atteggiamento assumere con chi possiede questa peculiarità? Il primo consiglio è di superare uno stereotipo diffuso e generalizzato che reputa lo straniero sempre pericoloso. Tutti conosciamo tanti migranti che quotidianamente mostrano storie di vita radicalmente opposti all’immagine dello straniero pericoloso. In vari incontri con queste persone ho costatato la loro profonda dignità, il loro sacrificio ad accettare tutto, anche a rimanere in silenzio e vivere in condizioni di sfruttamento pur di lavorare per aiutare i famigliari qui o nella patria che hanno lasciato. Inoltre, vari anziani o disabili che hanno presentato domanda di regolarizzazione per i loro collaboratori domestici mi hanno raccontato vicende di commovente dedizione. Questi stranieri, si sono totalmente inseriti nel nostro contesto societario e sono indispensabili per il nostro presente e per il nostro futuro, svolgendo le mansioni più umili, spesso rifiutate dagli italiani, come pure saranno di supporto alla nostra economia anche a seguito della persistente e gravissima crisi demografica.

Migranti irregolari

Accanto ai regolari sono presenti gli immigrati costretti alla clandestinità e all’accattonaggio non possedendo i requisiti per rimanere nel nostro Paese. Questi “invisibili”, oltre 700mila devono essere, senza “se” e senza “ma”, rapidamente espulsi, e il caso, tra i molti, dell’assassinio di don Roberto Malgesini a Como il 15 settembre 2020 da parte di un extra-comunitario sul quale pendevano ben tre provvedimenti di espulsione è un esempio.

La clandestinità rende il migrante debole, fragile e logorato, facile preda della criminalità organizzata o di organizzazioni fanatiche e terroristiche trasformandosi in “vittima-complice” di più reati. Ecco perché è fondamentale e decisiva la “misura del possibile, cioè «regolare il flusso migratorio nella visione del bene comune secondo criteri di equità ed equilibrio» affinché «gli inserimenti avvengano con le garanzie richieste dalla dignità della persona umana» (Compendio della Dottrina Sociale della Chiesa 298). Ebbene, è obbligo dello Stato regolare il flusso migratorio in base alle reali possibilità di accoglienza; offrire sempre una prima ospitalità, ma contemporaneamente snellire le procedure burocratiche per il rimpatrio di chi non ha il diritto di rimanere. Purtroppo su questo punto, i governanti, sono latitanti.

 Migranti e contesto societario

L’evento migratorio impone anche il confronto culturale e religioso: «L’immigrato è tenuto a rispettare con riconoscenza il patrimonio materiale e spirituale del Paese che lo ospita, a obbedire alle sue leggi, a contribuire ai suoi oneri» (Catechismo della Chiesa Cattolica 2241). Pertanto è irrinunciabile educare lo straniero alla socialità, ai valori fondanti la nostra cultura e le nostre tradizioni, al rispetto delle leggi, alla conoscenza dei doveri e dei diritti, affermando con fermezza le regole basilari di ogni convivenza. La mancanza di volontà e l’incapacità nel difendere la nostra identità, rischiano di farci ricevere in negativo quello che non sappiamo o non vogliamo offrire in positivo. Dunque, un’accoglienza, non a senso unico!

Per favorire l’integrazione dovremmo, a mio giudizio, agevolare chi condivide il nostro tessuto culturale, spirituale e sociale, come alcuni anni fa propose il cardinale Giacomo Biffi provocando molteplici critiche ideologiche. Affermò il Cardinale: «In vista di una pacifica e fruttuosa convivenza, se non di una possibile e auspicabile integrazione, le condizioni di partenza dei nuovi arrivati non sono ugualmente propizie. E le autorità civili non dovrebbero trascurare questo dato della questione» (La città di San Petronio nel terzo millennio, EDB, 43). Che cosa significa? Che la situazione culturale e anche religiosa del nuovo arrivato influiscono in modo determinante nel processo d’integrazione. Detto questo dobbiamo però sempre distinguere tra la dimensione delle persone e quella della religione. Ogni migrante va sempre rispettato essendo depositario dei valori inalienabili alla vita, alla dignità e alla libertà. E, gli stranieri al pari dei cittadini italiani, devono essere valutati sulle loro azioni e sull’uso della responsabilità individuale. Questo però non ci può far scordare, ad esempio, che i contenuti dell’Islam e le prescrizioni del Corano cui fanno riferimento un terzo dei migranti presenti in Italia, a volte sono incompatibili con le leggi dello Stato, con le regole fondamentali della civile convivenza, con alcuni valori base della nostra civiltà. Ecco allora la saggezza del monito del cardinale Biffi: «le autorità civili non dovrebbero trascurare questo dato della questione». Inoltre, come ricordano da alcuni studiosi dei fenomeni islamici, una forte presenza mussulmana accresce l’islamizzazione di un’ Europa decadente, che ha scordato l’orgoglio verso le proprie radici cristiane. Una situazione che dovrebbe preoccupare tutti, osservando ad esempio, il processo di islamizzazione della società in corso in Francia.

 Migranti e cristiani

Infine, al cristiano, è chiesto di proporsi come esempio per chi professa la nostra religione, facilitandoli anche nelle pratiche cultuali. Agli altri, con rispetto e umiltà, è doveroso annunciare il Vangelo, illustrando il significato del nostro appartenere al Signore Gesù, unico vero salvatore dell’umanità. Ma per evangelizzare, ammoniva il cardinale Biffi, i cristiani «devono crescere sempre più nella gioiosa intelligenza degli immensi tesori di verità, di sapienza, di consolante speranza che hanno la fortuna di possedere: è un’effusione di luce divina, assolutamente inconfrontabile con i pur preziosi barlumi offerti dalle varie religioni e dall’Islam; e noi siamo chiamati a renderne partecipi appassionatamente e instancabilmente tutti i figli di Adamo» (La città di San Petronio nel terzo millennio, op. cit., 40).

Concludendo non possiamo scordare l’impegno che i Paesi industrializzati dovrebbero assumersi concretamente nell’identificare strategie di crescita e di sviluppo da attuare in loco, affinché in futuro sia garantito alle popolazioni dei Paesi del Terzo Mondo il diritto a non emigrare, evitando loro il dramma di intraprendere pericolosi “viaggi della speranza”.

Don Gian Maria Comolli