PROVITA&FAMIGLIA – Il progetto choc delle scuole nel Lazio. La variazione di genere indottrinata ai bambini

By 20 Maggio 2021Gender

La notizia è delle più choccanti e riguarda le scuole della regione Lazio di ogni ordine e grado. Si tratta, infatti, di un progetto rivolto a tutte le realtà, quindi soprattutto ai più piccoli, con lo scopo di “informare” sull’identità di genere e sulla possibilità di variazione di genere dei bambini.

Tutto parte dalla programmazione di un evento Webinar dedicato al personale degli istituti scolastici di ogni ordine e grado (che si terrà a settembre) che avrà come tema, appunto, le “Le diverse sfumature dell’identità di genere e dell’orientamento sessuale”. Un progetto sostenuto e promosso dalla Regione Lazio, dall’Azienda Ospedaliere San Camillo-Forlanini di Roma e dalle associazioni GenderLens e Agedo.

Il tutto ha come obiettivi di: far conoscere i processi di costruzione dell’identità e dell’evoluzione psico-corporea del bambino e dell’adolescente nelle diverse fasi dello sviluppo, con particolare attenzione alle componenti corporee, affettive, sessuali e di genere; favorire il riconoscimento precoce di problematiche legate all’identità di genere; favorire lo sviluppo della capacità di identificare i bisogni del bambino e dell’adolescente nel riconoscere i “segnali” di genere; far riconoscere e individuare i possibili fattori di rischio nello sviluppo evolutivo; valorizzare il ruolo della scuola nella prevenzione del disagio e nella promozione della salute.

Sempre la Regione Lazio e l’Istituto Forlanini, inoltre, hanno stilato una serie di linee guida a dir poco eloquenti – sempre in collaborazione con GenderLens e Ageso – per avviare appunto le “strategie di intervento e promozione del benessere dei bambini e degli adolescenti con varianza di genere”. Tra queste linee guida vengono anche sottolineare i cosiddetti “livelli di sofferenza legati alla varianza di genere” che, secondo il documento emanato, “sono legati principalmente a fattori sociali, secondari all’incongruenza, come lo stigma, la transfobia, i pregiudizi, le discriminazioni, nonché scarse relazioni con il gruppo dei pari e gli atti di bullismo”, dando quindi la colpa non alla variazione di genere in sé, ma a soli fattori esterni e senza le prove che effettivamente esistano in ogni singolo caso.

Tra i dettagli choc, inoltre, anche l’affermazione che “l’identità di genere si sviluppa intorno ai 3 anni di età” e che dunque i bambini già da piccolissimi capiscono di appartenere al genere maschile, a quello femminile, a entrambi o a nessuno dei due.

Infine, tra le “buone pratiche” proposte all’interno delle scuole, quelle di formare adeguatamente personale docente e non docente; usare un linguaggio inclusivo per quanto riguarda il genere; attivare le “Carriere Alias” (dunque perfino nelle scuole primarie); usare e far usare i pronomi personali che gli stessi studenti (anche i più piccoli) eventulamente decideranno di scegliere. Immaginiamo, quindi, cosa potrà mai uscire fuori se queste “linee guida” si potranno, un giorno, accomunare agli articoli del ddl Zan (in particolare il n. 7) che, ormai lo sappiamo fin troppo bene, istituisce la Giornata Nazionale contro l’Omotransfobia e che legifera sull’educazione (eventi, didattica, e corsi) degli studenti nelle scuole proprio per farli avvicinare a questi temi.

Per alcuni il gender nelle scuole era solo fantasia, solo un’invenzione. Ecco, invece, la realtà: il gender sta già entrando, senza neanche aspettare di avere man forte da parte del ddl Zan.

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