LAVORO: opportunità o punizione?

By 3 Maggio 2025Attualità

Abbiamo appena celebrato il 1 maggio la “Festa dei lavoratori”. Perciò vogliamo soffermarci questa settimana a “ripensare al lavoro”, venuto alla luce con l’uomo e fattore fondamentale per il benessere del singolo e delle famiglie e che provoca immense sofferenze quando è assente. Lo faremo seguendo alcuni passaggi del “Compendio della Dottrina Sociale della Chiesa” che lo espone nel capitolo sesto.

1.Aspetti biblici

Coltivare la terra

Il primo riferimento al lavoro lo troviamo nel secondo capitolo del Libro della Genesi (cfr. vv.4-15) quando Dio, dopo aver creato l’uomo, lo collocò nel giardino dell’Eden affinché lo coltivasse e s’incaricasse della sua fioritura e della sua conservazione. Altri versetti considerevoli sono il 19 e il 20 che narrano l’uomo delegato ad attribuire il nome alle creature. Inoltre, il cosmo, non fu creato come un “prodotto finito” ma da arricchire e rifinire dall’estro e dalla genialità dell’uomo e della donna.

Gesù “uomo” del lavoro

Il Signore Gesù esorta l’uomo ad apprezzare e stimare il lavoro che egli stesso ha esercitato da adolescente, da giovane e da adulto, prima come carpentiere (cfr. Mt. 13,55; Mc. 6,3), inseguito con la predicazione. Trattando del lavoro il Cristo da una parte condanna il fannullone (cfr. Mt. 25,14-30) ma, dall’altra, biasima chi si lascia asservire dal lavoro (cfr. Mt. 6,27), preoccupandosi esclusivamente di quello e, di conseguenza, del profitto, scordando di orientare la propria esistenza alla salvezza eterna (cfr. Lc. 12,15-21).

Il dovere di lavorare

Il lavoro, per il “Compendio della Dottrina Sociale della Chiesa” assume un alto significato valoriale, infatti «con il lavoro e la sua laboriosità, l’uomo, partecipe dell’arte e della saggezza divina, rende più bello il creato, suscita quelle energie sociali e comunitarie che alimentano il bene comune» (266). In altre parole, come affermava sant’Ambrogio (339-397): «il lavoro umano, è la mano di Cristo che continua a creare e a fare del bene» (De mysteriis). Da qui l’avvertimento di san Benedetto da Norcia (480-547) nel motto: “Ora et labora” (prega e lavora).

2.Dimensione soggettiva e oggettiva del lavoro

Il Compendio illustra innanzitutto la diversità tra lavoro “oggettivo” e lavoro “soggettivo”.
Il primo s’identifica con «l’aspetto contingente dell’attività dell’uomo, che varia incessantemente nelle sue modalità con il mutare delle condizioni tecniche, culturali, sociali e politiche» (Compendio 270).
Il secondo, invece, prende in considerazione «la sua dimensione stabile, perché non dipende da quel che l’uomo realizza concretamente né dal genere di attività che esercita, ma solo ed esclusivamente dalla sua dignità di essere personale» (Compendio 270). Di conseguenza: «la distinzione è decisiva sia per comprendere qual’ è il fondamento ultimo del valore e della dignità del lavoro, sia in ordine al problema di un’organizzazione dei sistemi economici e sociali rispettosa dei diritti dell’uomo» (Compendio 270).
Ebbene, l’uomo è sempre il soggetto del lavoro, essendo questa attività un “actus personae”, cioè un’espressione essenziale e fondante la persona. «Se manca questa consapevolezza – osserva il Compendio – oppure non si vuole riconoscere questa verità, il lavoro perde il suo significato più vero e profondo: in questo caso, purtroppo frequente e diffuso, l’attività lavorativa e le stesse tecniche utilizzate diventano più importanti dell’uomo stesso e, da alleate, si trasformano in nemiche della sua dignità» (271).
Il lavoro, quindi, non deve essere valutato come una semplice merce di scambio e l’uomo reputato unicamente uno strumento di produzione, poiché lo si ridurrebbe a un tassello di una catena di assemblaggio che determinerebbe l’ alienazione della sua personalità. Alla persona è insufficiente svolgere un lavoro per realizzarsi poiché necessita di esprimersi, di sentirsi coinvolta, di valorizzare i suoi talenti anche nell’esercizio delle mansioni più umili. Inoltre, il lavoratore, produce risultati migliori se interessato, stimolato e appassionato. Non possiamo scordare che ogni uomo possiede un “potenziale inespresso” che consiste nella differenza fra quello che realizza e quello che potrebbe espletare, ma non lo compie, poiché ignora le sue risorse, o forse perché nessuno gli ha offerto l’opportunità, oppure perché svolge compiti riduttivi rispetto alla sua preparazione, o magari è mortificato dalla routine o condizionato dalla pigrizia. Qui si apre la vasta tematica della valorizzazione delle persone (o delle “risorse umane”) che richiede l’attenzione ai talenti, alle idee e alle competenze, affinché tutti possano compiere “qualcosa di più e qualcosa di meglio”. Spesso, invece, questa formidabile intuizione, si scontra con la prassi del “non del merito ma del privilegio” e della produttività anonima che cancella la creatività, mortifica la preparazione professionale, annulla le virtù e le doti.
Il lavoro possiede, inoltre, una “propensione sociale” intrecciandosi con quello degli altri, particolarmente come conseguenza della “globalizzazione” che dagli anni 90’ del XX secolo condiziona tutti i processi produttivi. Il valore sociale del lavoro è confermato anche all’articolo 1 della Costituzione Italiana, laddove si riconosce che «L’Italia è una Repubblica democratica, fondata sul lavoro…». Ciò significa che una società è vivibile, cresce e migliora unicamente se i suoi membri si impegnano al buon funzionamento con il loro lavoro. Questo sollecita da una parte l’onere dello Stato a garantire il lavoro e dall’altra la responsabilità del cittadino a realizzare totalmente la propria parte.

3.Diritto al lavoro

Dignità dei lavoratori e rispetto dei loro diritti

«Il lavoro è un diritto fondamentale ed è un bene per l’uomo: un bene utile, degno di lui perché adatto appunto ad esprimere e ad accrescere la dignità umana» (Compendio 287). «La capacità progettuale di una società orientata verso il bene comune e proiettata verso il futuro si misura anche e soprattutto sulla base delle prospettive di lavoro che essa è in grado di offrire» (Compendio 288).
Da quanto affermato scaturiscono alcune conseguenze.

-Ruolo dello Stato e della società civile nella promozione del diritto al lavoro

Per quanto riguarda il nostro Paese l’articolo 1 della Costituzione afferma: «L’Italia è una Repubblica democratica, fondata sul lavoro…». Di conseguenza, lo Stato italiano, deve promuovere modalità e condizioni per attualizzare questa dichiarazione.

-Famiglia e diritto al lavoro

Il lavoro da un lato assicura alla famiglia le risorse economiche per la sua sussistenza, dall’altro però può anche penalizzarla la vita di famiglia, poiché lavoro e nucleo famigliare si condizionano reciprocamente e in vari modi. Esempio, riducendo il tempo che il lavoratore ha il dovere di riservare ai suoi parenti più stretti poiché è soggetto al lungo pendolarismo, o costretto al doppio lavoro, o pratica mestieri usuranti che richiedono un ampio e consistente impegno fisico o psicologico.

-Donne e diritto al lavoro

La donna ha il totale diritto di essere coinvolta nella vita ecclesiale, sociale, economica e politica, e quindi anche professionale, non tralasciando però il suo ruolo essenziale di moglie e di madre. Il Compendio specifica: «il genio femminile è necessario in tutte le espressioni della vita sociale, perciò va garantita la presenza delle donne anche in ambito lavorativo» (295). È quindi doveroso operare affinché l’organizzazione societaria e dei servizi, acconsenta la sua presenza e la sua partecipazione.

-Emigrazione e lavoro

L’argomento è introdotto con una categorica affermazione: «l’immigrazione può essere una risorsa, anziché un ostacolo per lo sviluppo» (Compendio 297). E, immediatamente dopo, la motivazione: «gli immigrati, nella maggioranza dei casi, rispondono a una domanda di lavoro che altrimenti resterebbe insoddisfatta, in settori e in territori nei quali la manodopera locale è insufficiente o non disposta a fornire il proprio contributo lavorativo» (297). Dunque, e il nostro Paese ne è un esempio, la maggioranza degli immigrati svolgono le mansioni più umili, spesso rifiutate dagli italiani, come pure saranno basilari, non solo per la nostra economia ma anche per quella di parecchie nazioni, a seguito della persistente e preoccupante crisi demografica.

4. Diritti dei lavoratori

-Diritti in generale

*Giusta remunerazione.
*Riposo.
*Ambienti idonei che non determinino deterioramento alla salute e non ledano l’integrità morale.
*Salvaguardia delle singole personalità non violando la coscienza e la dignità.
*Sovvenzioni per il sostentamento dei lavoratori disoccupati e per le loro famiglie.
*Assicurazioni per la malattia e per incidenti in relazione alla prestazione lavorativa.
*Pensioni per la vecchiaia.
*Maternità.
*Riunirsi e associarsi, cioè un’adeguata rappresentanza (cfr. Compendio 301).

Diritto all’equa remunerazione e distribuzione del reddito

Quando una remunerazione è equa?
L’argomento fu approfondito in alcuni documenti della Dottrina Sociale convenientemente sintetizzati da papa Giovanni Paolo II nell’enciclica Laborem exercens. «Una giusta remunerazione per il lavoro della persona adulta, che ha responsabilità di famiglia è quella che sarà sufficiente per fondare e mantenere degnamente una famiglia e per assicurarne il futuro» (19).

-Diritto allo sciopero

Lo sciopero deve essere l’ultimo strumento per ottenere vantaggi proporzionati, da attuarsi però con metodologie pacate, cioè senza nuocere al bene comune.
Lo sciopero è una manifestazione esasperata dei lavoratori per ottenere “ciò che gli è dovuto; di conseguenza, una evidente responsabilità morale, l’assumono anche i “responsabili” dei vari enti mediante atteggiamenti conflittuali in palese opposizione ai diritti dei lavoratori.

5.Il diritto al riposo

Nell’ambito del lavoro assume particolare importanza il “riposo festivo” che è un caposaldo dell’insegnamento biblico sul lavoro, essendo l’alternanza lavoro/riposo rilevante per l’esistenza e la salvaguardia da ogni idolatria. Come Dio si riposò il settimo giorno (cfr. Gen. 2,2), così gli uomini devono godere di sufficiente riposo e tempo libero che consenta loro di dedicarsi al culto al Creatore, alla pratica delle opere di misericordia, al dimorare gioiosamente con la famiglia e alla crescita culturale. Ebbene, la distensione della mente e del corpo, è irrinunciabile. «Il riposo cristiano – inoltre – afferma la superiorità dell’uomo sull’ambiente che lo circonda: egli riconosce come suo il mondo in cui è chiamato a vivere, ma progetta e anticipa il mondo nuovo e una liberazione definitiva e totale dalla servitù dei bisogni» (Nota Pastorale CEI, Il Giorno del Signore, 1984, 16). Il riposo domenicale, infine, colloca nell’esatta ottica le attività e le preoccupazioni quotidiane, concede di meravigliarsi delle bellezze della natura, favorisce la riflessione e apre spazi ai valori dello spirito. Dunque, tranne che in situazioni eccezionali, nessuno deve rinunciare o essere costretto ad abdicare a questo.

Don Gian Maria Comolli