L’infelicità di molti e la saggezza che va ritrovata

By 24 Maggio 2025Attualità

Preoccupano i dati diffusi alcuni giorni fa dall’Agenzia Italiana per il Farmaco che evidenziano che negli ultimi cinque anni il “consumo di antidepressivi” ha coinvolto un italiano su cinque compresi giovani e adolescenti. Approfondendo il problema notiamo che la criticità è ancora maggiore, poiché in Italia nel 2024 sono state vendute 128 milioni confezioni di prodotti antidepressivi, ansiolitici, sedativi e tranquillanti per ridurre l’ansia e anche le sue manifestazioni fisiche. E’ questo un fenomeno che interessa non solo l’Italia ma tutti i Paesi ricchi, e i fattori scatenanti sono genetici, psicobiologici, ambientali e sociali. Inoltre, i ritmi “della vita moderna” sempre più frenetici, e le ampie e rapide trasformazioni societarie che richiedono un vasto uso di risorse mentali e un sovraccarico emotivo, peggiorano ulteriormente la situazione.

I dati riportati ci fanno affermare che molti, non accusano “patologie particolari”, ma hanno sentore di essere “malati”, affaticati di fronte alla vita e, di conseguenza, manifestano anche scarso amore per la loro esistenza come affermò Papa Benedetto XVI denunciando “una mentalità e una forma di cultura che portano a dubitare del valore della persona umana, del significato stesso della verità e del bene, in ultima analisi della ‘bontà della vita’ ”(Lettera alla diocesi di Roma sul compito urgente dell’educazione, 21 gennaio 2008). Esaminando i vari malesseri esistenziali, l’insoddisfazione e la tristezza che accompagnano i giorni di molti, mostrando l’ “oggi” insignificante come lo era il giorno di “ieri”, si ripete la situazione riportata nel Libro del Qoèlet: “Vanità delle vanità – dice Qoèlet – vanità delle vanità, tutto è vanità. (…) Perché chi ha lavorato con sapienza, con scienza e con successo dovrà poi lasciare i suoi beni a un altro che non vi ha per nulla faticato. Anche questo è vanità e grande sventura. Allora quale profitto c’è per l’uomo in tutta la sua fatica e in tutto l’affanno del suo cuore con cui si affatica sotto il sole? Tutti i suoi giorni non sono che dolori e preoccupazioni penose; il suo cuore non riposa neppure di notte. Anche questo è vanità!” (1,2; 2,21-23).

Come superare queste pesanti situazioni esistenziali recuperando il ben-essere, cioè la “la felicità e gioia del cuore”, e di conseguenza una visione positiva del vivere?
Oggi, la salute, non è più percepita come assenza di patologie ma coinvolge le dimensioni psichiche e spirituali della persona, estendendosi all’ambiente fisico, affettivo, sociale e morale in cui la persona vive e opera. Possiamo perciò definirla come “totale armonia con se stessi”, quindi la “convergenza” di stili di vita, di atteggiamenti e di vissuti interiori.

Come raggiungere questo stato esistenziale che l’uomo, magari anche inconsciamente, desidera?
Lo suggerisce il Salmo 90 parlando di “sapienza e di saggezza del cuore”. Chi è, dunque, il saggio?
Il “saggio” è colui che è soddisfatto di ciò che possiede.
E’ colui che si rallegra delle realtà semplici e genuine.
E’ colui che nota il bene, il bello e il buono anche velato.
E’ colui che tollera i contrasti e i disagi con fortezza e fermezza.
E’ colui che è fedele alla verità e alla giustizia con una coerenza che non conosce compromessi, essendo esigente prima con se stesso e poi con gli altri.

Unicamente la persona pervenuta “a questa libertà” valorizzerà la vita nella sua straordinaria bellezza e saprà dominare le difficoltà, i contrasti, i disagi che la quotidianità riserva.

Don Gian Maria Comolli