Il presidente dell’Accademia di Teologia: «Non possiamo giustificare un’azione contro Dio. Con le donne vittime di violenza il discorso è sicuramente più complesso».
“Macchè libertà. il governo dovrebbe aiutare a dare la vita”
Le nuove linee guida per l’aborto farmacologico in day hospital sono un passo indietro nella via della responsabilità, della tutela delle donne e della vita.
Mentre sotto il caldo agostano siamo tutti asfissiati dalle misure di sicurezza anti-Covid per tutelare la nostra salute volute dall’Istituto Superiore di Sanità e dal Governo, il Consiglio Superiore della Sanità e il Governo tolgono una misura di sicurezza a tutela delle donne che vogliono abortire. Paradossi che si spiegano benissimo con l’arsura ideologica di questi nostri governanti di rendere l’aborto sempre più fenomeno privato, usuale, ordinario.
È stato presentato come un dogma scientifico, ma il parere usato per il via libera del Consiglio Superiore di Sanità alla RU 486 non si può conoscere perché è secretato. In più, l’unico ginecologo componente l’organo consultivo del Ministero della Salute è contrario alla Ru 486 mentre gli studi utilizzati a favore presentano rischi per la salute della donna di cui non c’era però traccia nel trionfale tweet del ministro Roberto Speranza.
IIn un’ndagine emerge che circa un milione di madri in Italia – il 21% del totale -afferma di essere stata vittima di una qualche forma (fisica o psicologica) di violenza ostetrica alla loro prima esperienza di maternità. Un’esperienza così traumatica che avrebbe spinto il 6% delle donne, negli ultimi 14 anni, a scegliere di non affrontare una seconda gravidanza, provocando di fatto la mancata nascita di circa 20mila bambini ogni anno nel nostro Paese (fonte OVOItalia).
Punire chi decide di abortire l’ultima battaglia dei nemici dei diritti.