AIDS ED EDUCAZIONE ALLA SESSUALITA’

By 23 Dicembre 2019Pillole di saggezza

La Chiesa cattolica nega continuamente l’importanza del profilattico nella lotta all’Aids, basti vedere le  varie prese di posizione di papa Benedetto XVI, soprattutto quella del 2009 nel viaggio in Africa; e così la malattia si diffonde a dismisura nel Continente nero. Mi trovo perfettamente d’accordo con l’indignazione espressa allora dal Direttore del Fondo Mondiale per la lotta contro l’Aids, M. Kazatchikine, che affermò: «Le parole di Benedetto XVI sono inaccettabili. E’ una negazione dell’epidemia. E fare tali dichiarazioni in un continente che è sfortunatamente quello più colpito dalla malattia, è assolutamente incredibile. Chiedo che queste parole vengano ritirate, in modo chiaro». Perché la Chiesa si arrocca su queste posizioni? Camilla.

L’interrogativo postomi rischia di farmi scivolare nella sterile polemica e osservo che dibattendo questo argomento, ripetutamente si sfrutta il pregiudizio, proponendo così un messaggio distorto. Lo hanno dimostrarono in molti, definendo con dichiarazioni qualunquiste, papa Benedetto XVI «irresponsabile». Il ministro degli Esteri francese parlò di gravissima preoccupazione e viva inquietudine per le conseguenze nella lotta contro l’Aids, aggiungendo che la posizione del Papa: «rivela poca comprensione della reale situazione dell’Africa». Il ministro della Salute tedesco affermò: «i preservativi salvano la vita, tanto in Europa quanto in altri continenti; ogni altro strumento sarebbe irresponsabile». L. Michel, portavoce del Commissariato agli Aiuti Umanitari dell’Unione Europea, si unì al coro: «Il preservativo è uno degli elementi essenziali nella lotta all’Aids e la Commissione UE ne sostiene la diffusione»; e l’ex premier spagnolo J. L. Rodriguez Zapatero inviò in Africa un milione di profilattici. Ma anche a «casa nostra», l’uso della ragione non fu migliore; U. Bossi affermò: «il Papa non tiene conto della realtà», e D. Franceschini sostenne indispensabile il preservativo per combattere l’Aids nei Paesi più poveri del mondo.

Cosa disse papa Benedetto XVI di sensazionale, o meglio di pericoloso, per scatenare una polemica mondiale?

Nel tradizionale incontro con i giornalisti sull’aereo che lo portava in Camerum (17 marzo 2009), Philippe Visseyrias di France 2, rivolse al Papa una domanda: «Santità, tra i molti mali che travagliano l’Africa, vi è anche e in particolare quello della diffusione dell’Aids. La posizione della Chiesa cattolica sul modo di lottare contro di esso è spesso considerata non realistica e non efficace. Lei affronterà questo tema, durante il viaggio?». Benedetto XVI: «Io direi il contrario: penso che la realtà più efficiente, più presente sul fronte della lotta contro l’Aids sia proprio la Chiesa cattolica, con i suoi movimenti, con le sue diverse realtà. Penso alla Comunità di Sant’Egidio (…), ai Camilliani,  a tutte le Suore che sono a disposizione dei malati. Direi che non si può superare il problema dell’Aids solo con soldi, pur necessari, ma se non c’è l’anima, se gli africani non aiutano (impegnando la responsabilità personale), non si può superarlo con la distribuzione di preservativi: al contrario, aumentano il problema. La soluzione può essere solo duplice: la prima, un’umanizzazione della sessualità, cioè un rinnovo spirituale e umano che porti con sé un nuovo modo di comportarsi l’uno con l’altro; la seconda, una vera amicizia anche e soprattutto per le persone sofferenti, la disponibilità, anche con sacrifici, con rinunce personali, ad essere con i sofferenti. E questi sono i fattori che aiutano e che portano visibili progressi. Perciò, direi, una duplice forza di rinnovare l’uomo interiormente, di dare forza spirituale e umana per un comportamento giusto nei confronti del proprio corpo e di quello dell’altro, e questa capacità di soffrire con i sofferenti, di rimanere presente nelle situazioni di prova. Mi sembra che questa sia la giusta risposta, e la Chiesa fa questo e così offre un contributo grandissimo ed importante. Ringraziamo tutti coloro che lo fanno» (http://www.vatican.va/holy_father/benedict_xvi/speeches/2009/march/documents/hf_ben-xvi_spe_20090317_africa-interview_it.html).

Ho riportato il testo integrale della risposta del Papa per dimostrare l’evidente  strumentalizzazione dell’intervento. Si è trasformato, un brevissimo passaggio di una dichiarazione: «Non si può superarlo con la distribuzione di preservativi: al contrario, aumentano il problema», nel leit motif del viaggio in Africa, scordando i contenuti dei vari discorsi: necessità di cure gratuite, accuse alle multinazionali anche del farmaco, accenni alla crisi economica mondiale.

In quei giorni, molti rimproverarono il Papa, ma tanti giustificarono le sue posizioni.

Le Monde (11 marzo 2009). T. Anatrella (psicanalista), M. Barbato (ginecologo), J. De Irala (epidemiologo), R. Ecochard (epidemiologo), D. Sauvage (presidente Federazione Africana di Azione Famigliare), scrissero: «Non c’è nessun Paese con un’epidemia generalizzata che sia riuscito a far calare la proporzione di popolazione infetta dall’Hiv solo con il preservativo. I casi di minore trasmissione dell’Hiv pubblicati nella letteratura scientifica sono associati all’attuazione dell’astinenza e della fedeltà aggiunte al preservativo, nella triade Abc (abstinence, be faithful, condor)». Lo loro conclusione: «il Papa fa notare che rischiamo di aggravare il problema dell’Aids se i programmi di prevenzione si fondano solo sui preservativi. Questo è anche lo stato di conoscenze in materia di salute pubblica e di epidemiologia».

The Guardian (19 marzo 2009). Pubblicò che il preservativo, incentivando i comportamenti irresponsabili, estende la diffusione dell’infezione frutto di «una promiscuità non causata dall’edonismo ma dalla disperazione».

The Washington Post (29 marzo 2009). «The Pope may be right» (Il Papa potrebbe avere ragione) di E. C. Green (Premio Philly Bongole Lutaaya 2004 per l’ impegno in Africa contro l’Aids).  Lo scienziato divulgò i risultati di uno studio dell’University of Califormia che mostravano   insufficiente il preservativo. Green non è nuovo a questa convinzione già presentata nel testo Rethinking Aids Prevention (Ripensare la prevenzione dell’Aids), (Greenwood Press 2003). In base alla sua esperienza e ai dati statistici, scrisse che per prevenire l’Aids era irrinunciabile l’educazione all’astinenza e alla fedeltà coniugale. Ma già nel gennaio 2000, l’autorevole rivista scientifica The Lancet, denunciò il profilattico come «una falsa percezione di protezione» che «induce ad aumentare i comportamenti a rischio».

– Daily Telegraph (31 marzo 2009). «Certo l’Aids pone il tema della fragilità umana e da questo punto di vista tutti dobbiamo interrogarci su come alleviare le sofferenze. Ma il Papa è chiamato a parlare della verità dell’uomo. E’ il suo mestiere: guai se non lo facesse».

Alcune conclusioni.

  1. L’ Acquired Immune Deficiency Syndrome (AIDS), identificata il 5 giugno 1981 negli Stati Uniti, si diffuse rapidamente in ogni angolo del mondo, prevalentemente nei Paesi dell’Africa subsahariana, dove vivono circa 28 milioni di persone con l’ Hiv; più del 60% della popolazione mondiale. Con oltre 25 milioni di morti, l’Aids è una delle maggiori e più aggressive epidemie della storia. Il trascorrere del tempo, e l’approfondimento scientifico della patologia, mostrarono che l’epidemia possedeva configurazioni difformi rispetto alle precedenti; in particolare, l’intersecarsi dell’aspetto medico e culturale correlato alla trasformazione dei costumi sessuali e allo sfruttamento del sesso per finalità edonistiche. Era opportuno, quindi, coordinare l’aspetto sanitario con quello educativo, dato che il preservativo, proposto come unica soluzione, non avrebbe arginato la strage.
  2. E’ opportuno superare la convinzione del preservativo onnipotente, adottando il metodo Abc (astinenza, fedeltà, condon), che mostrò ottimi risultati in Uganda, l’unico Paese africano che ebbe il coraggio di muoversi contro corrente. Nel 2004, la rivista Science, notò che oltre il 60% dei giovani ugandesi fra i 15 e i 19 anni si astenevano dal sesso: «Questi dati suggeriscono che la riduzione del numero dei partner sessuali e l’astinenza tra i giovani non sposati è una via importante da seguire».
  3. Di fronte alle evidenze scientifiche, e ai risultati ottenuti conformandosi alle indicazioni proposte dalla Chiesa cattolica, dobbiamo recuperare l’obiettività nella discussione, interrogandoci sul valore dell’educazione alla sessualità responsabile ed annullando il mito che l’ampia diffusione di preservativi sia una scelta lungimirante ed efficace. La Chiesa, oltre che possedere come ogni altro soggetto, i diritti per esprimere il suo parere, lo fa con credibilità maggiore, mediante l’azione, il sacrificio e la fatica di coloro che quotidianamente curano questi sofferenti. Di chi, come rammentava Fra Pierluigi Marchesi, sta sempre in relazione con l’ «odore del malato». Infatti, oltre il 75% delle istituzioni che in Africa assistono gli affetti da Aids, sono amministrate dalla Chiesa.

Alle migliaia di religiosi/e e fedeli-cristiani-laici che si occupano di questi fragili, dobbiamo unicamente deferenza e riconoscenza.

don Gian Maria Comolli