Ho letto il suo post su linkedin riguardo il suicidio la scorsa settimana di un prete di trentacinque anni in provincia di Novara e ho visto che il funerale è stato celebrato dal vescovo. Ma nel passato anche recente mi sembra che questa non era la prassi. Mi viene alla mente il funerale negato su indicazioni del cardinale Ruini morto nel dicembre del 2006 dopo una grave e lunga malattia, a cui venne staccato il respiratore che lo teneva in vita. Mi sembra che oggi anche l’atteggiamento della Chiesa sia cambiato; come mai? Leonardo
LA RIPOSTA DEL DON
Mi permetto per prima cosa, da povero prete di campagna, pur stimando e ritenendo il cardinale Camillo Ruini uno dei maggiori presidenti della Conferenza Episcopale Italiana degli ultimi decenni con il cardinale Angelo Bagnasco, di dissentire da quella decisione; una decisione non condivisa neppure da esponenti ecclesiali di spicco della Chiesa italiana dal cardinale Giacomo Biffi (Bologna) al vescovo Maggiolini (Como) che non temevano di confrontarsi sui mezzi di comunicazione.
Con il trascorrere del tempo, per fortuna, c’è stata una profonda riflessione sull’argomento e oggi ogni battezzato, anche se suicida, ha il diritto al funerale religioso. Tra i tanti casi, si parla di quattro mila persone l’anno in Italia, fece scalpore, o meglio diede una spinta per aprire la chiesa e così accogliere il fratello defunto, il suicidio di Franco Anelli rettore dell’Università Cattolica del Sacro Cuore, suicidatosi il 23 maggio 2024.
Due motivazioni che hanno portato a questo capovolgimento.
La prima la prendo da padre Alberto Maggi, direttore del Centro studi biblici “Giovanni Vannucci” di Montefano che ha scritto: “La scelta del suicidio è determinata da una sofferenza che travolge la persona, e in un momento di sofferenza così acuta non va aggiunto altro dolore, per esempio negando il funerale, magari in nome della dottrina. Quindi è giusto ed evangelico che la Chiesa celebri il funerale di Anelli”. E il padre conclude: “Il nodo di fondo è uno: è sacra la vita o è sacro l’essere umano?”. Io direi tutti e due.
La seconda la prendo dall’omelia che il vescovo di Novara mons. Franco Giulio Brambilla, ha pronunciato presiedendo a Cannobio il funerale di don Matteo. Anche questo fatto, di conseguenza la celebrazione delle esequie cristiane, deve insegnarci a non nasconderci di fronte alle nostre paure e fatiche. Dobbiamo imparare ad ascoltarci. E a trovare, nei nostri rapporti fraterni, linguaggi e parole di accoglienza e comunione”. Dunque grande momento di riflessione che non può lasciare indifferente nessuno, neppure i giovani ben sapendo che la seconda causa di morte dell’età diciassette-venticinque è il suicidio. Il vescovo ha poi affermato: “ho incontrato il gruppo di ragazze e ragazzi dell’oratorio di Cannobio, affranti dal dolore(…) Li incontrerò ancora per parlare con loro. Ma intanto ho chiesto di scrivere quello che stanno vivendo, di raccontare il loro rapporto con don Matteo. E ho posto a loro la domanda ‘cosa dice a voi questo dramma’ “?
Concludendo
Mi sembrava limitativo rispondere alla domanda di Leonardo con un semplice “SI” o “NO”. Lo faccio ora al termine. La Chiesa cattolica sostiene che ogni persona ha diritto a un funerale cristiano, comprese anche le persone che hanno perso la vita a causa del suicidio.
Don Gian Maria