LE DOMANDE AL DON… In sanità devono prevalere sempre gli interessi del malato

By 18 Luglio 2025Attualità

A seguito di una visita specialistica mi è stato prescritto un nuovo farmaco costoso e non mutuato dal Sistema Sanitario Nazionale. Leggendo il bugiardino ho notato che possiede lo stesso principio attivo del medicinale che ho assunto fino a ieri. Da qui mi è sorto il sospetto che quel medico ha perseguito, in questa prescrizione, interessi personali. In base a quali criteri un medico sceglie i medicinali per i pazienti, e cosa sono i farmaci equivalenti? Anna.

LA RISPOSTA DEL DON

Il conflitto d’interesse, cui velatamente Anna accenna, si diffonde celermente in ogni settore societario: dalla finanza alla politica, dall’economia alla medicina, quindi potrebbe coinvolgere anche gli esami diagnostici, le prescrizioni terapeutiche e la ricerca scientifica. “Vendere salute” è un affare, e le multinazionali del farmaco, sono le aziende che godono maggiori profitti a livello mondiale. Il conflitto d’interesse non è un atto inedito; da oltre ottocento anni i legislatori tentano di sradicare questa piaga sociale. Già l’imperatore Federico II nelle Constitutiones Regni Siciliae, promulgate nel 1230, vietò ai medici di intraprendere attività coi farmacisti o di possedere una «bottega di farmaci» di loro proprietà.

M. Bobbio, individuò la presenza del conflitto d’interesse in sanità «quando ci si trova in una condizione nella quale il giudizio professionale riguardante un interesse primario (la salute di un paziente, la veridicità dei risultati di una ricerca o l’oggettività della prestazione di un’informazione) tende a essere indebitamente influenzato da un interesse secondario (guadagno economico, vantaggio personale…)» ( in La neutralità della scienza: la situazione italiana, Ann. Ital. Med. Int. 16 -2001- 2155). Il conflitto d’interesse è diretto, quando il medico percepisce un compenso dall’industria farmaceutica per la prescrizione di un farmaco; indiretto quando consegue dall’ industria alcuni vantaggi. In ambedue i casi, questa condotta, può causare danni e procurare rischi al malato.

Seguendo quali parametri, il medico, dovrebbe prescrive un nuovo farmaco?

A quali elementi porre attenzione?

Alla durata dello studio, al numero dei partecipanti, all’aspetto statistico, ai criteri di inclusione ed esclusione degli arruolati, all’ appropriatezza del follow-up, all’ efficacia del farmaco sperimentato rispetto a quello di confronto, alle strutture sedi delle sperimentazioni, all’eventuale incremento, nel frattempo, delle conoscenze scientifiche.

Il quesito interroga anche sui «farmaci equivalenti», quelli che nel passato erano denominati “generici”. Contengono lo stesso principio attivo dei corrispondenti di marca e posseggono la stessa efficacia, indicazioni e controindicazioni. Il prezzo è minore essendo scaduto il brevetto. Inoltre, le industrie farmaceutiche produttrici degli «equivalenti», non affrontano i costi della conduzione delle ricerche sulle nuove molecole e quelli relativi alla gestione degli studi clinici di efficacia. Quando il farmaco equivalente è autorizzato dall’Agenzia Regolatoria (AIFA), si innesta un meccanismo di concorrenza che comporta anche la diminuzione del prezzo.

Di fronte ai rischi innescati dai conflitti d’interesse, noi cittadini siamo indifesi. Perciò domandiamo ai medici la consapevolezza della presenza del problema, oltre l’attenzione e la vigilanza, affinché gli interessi del malato prevalgano sempre su quelli della scienza e della società, ed aggiungiamo anche su quelli personali.

Don Gian Maria