E’ un’accusa contro l’ipocrisia dei Paesi dove l’utero in affitto è vietato in patria ma consentito all’estero il caso dei bebè ordinati da coppie anche italiane ma che nessuno può andare a ritirare.
Bisogna precipitare nel buio afghano, tra donne che allattano orfani scampati alla carneficina, per vedere quello che tutti i riflettori accesi sui neonati in attesa dei committenti a Kiev nascondono.
Come giustamente sottolineato dalla Sargentini sul Corriere della Sera, ai committenti italiani dei 6 di 43 bambini bloccati nella clinica ucraina dell’utero in affitto di Kiev non è stato dato il permesso di partire perché«in Italia la pratica è vietata dalla legge 40 e la registrazione all’anagrafe delle coppie committenti potrebbe rappresentare un falso in atto pubblico come stabilito nel 2018 dalla Cassazione a sezione unite in cui si ribadisce il diritto del minore alla verità sulle proprie origini»…
L’indifferenza per i neonati à la carte. Dall’Ucraina alla Grecia, l’assemblaggio di esseri umani in nome dell’“amore” (con un extra scegli il sesso e il colore degli occhi).
Nature, la prestigiosa rivista scientifica rilancia l’Appello di Roma del 28 febbraio scorso per una “algor-etica”: il documento firmato dalla Pontificia Accademia per la Vita, Microsoft, IBM, la FAO e il Governo italiano.
Le religioni monoteiste in Argentina e il covid-19.
La notizia è stata data dal quotidiano britannico The Mail on Sunday: l’organizzazione abortista Marie Stopes International ha ricevuto, a partire dal 1995, 7,5 milioni di sterline da Phil Harvey, magnate del porno e della vendita di articoli erotici.
In Nuova Zelanda, i radicali si sono battuti e hanno fatto approvare una legge che amplia notevolmente il margine dell’aborto fino alla nascita. In tutta Europa, gli abortisti chiedono l’introduzione di consulenze per l’aborto per mezzo di videoconferenze, con la prescrizione di farmaci per corrispondenza, affinché sia accessibile “l’aborto chimico a domicilio”. Negli Stati Uniti, la Planned Parenthood (la più grande azienda abortiva del mondo) vorrebbe introdurre questa pratica con il sostegno di decine di migliaia di dollari dei contribuenti. E naturalmente, le lobby pro-aborto stanno creando pressioni sui governi africani affinché aprano le porte alla legalizzazione dell’aborto.
Succede proprio nel bel mezzo di campagne a favore dell’aborto farmacologico e della possibilità di praticarlo a casa: «Una donna in India è morta insieme al suo bambino non nato all’inizio di questo mese, dopo aver assunto farmaci abortivi a casa, secondo la polizia», leggiamo in un articolo di Life News.
La battaglia giudiziaria di Alina Dulgheriu per far cancellare il provvedimento che proibisce le veglie pro-life davanti alle cliniche.