Pillole di saggezza

IL PUDORE

Con l’estate ritornano le pratiche naturaliste in casa e all’aperto. Coloro che le attuano sostengono che questa abitudine non comporta nulla di negativo se attuata senza malizia. Altri avanzano motivazioni salutiste. Vi sono poi gruppi che praticano il nudismo, ad esempio in spiaggia, ritenendo lecito liberarsi totalmente dei vestiti per stare in libertà.  Senza il pudore dove arriveremo? E’ la risposta che tenteremo di fornire con questa “Pillola di saggezza”! Come titolo, ho preso a prestito quello di un film di A. Sordi, essendo il pudore un’irrinunciabile caratteristica personale e sociale.

Il pudore, ritenuto da alcune concezioni ateistiche un prodotto culturale del passato o un pregiudizio sociale, oggi è giudicato da molti un “atteggiamento bigotto”, non più condiviso a livello societario, nonostante sia il confine che stabiliamo nei confronti degli altri. Non riguarda unicamente la sfera fisica, ma l’esposizione della nostra intimità, dunque il nucleo più profondo dell’uomo. Il Catechismo della Chiesa Cattolica gli assegna al pudore questa finalità: “Il pudore preserva l’intimità della persona. Consiste nel rifiuto di svelare ciò che rimane nascosto. E’ ordinato alla castità, di cui esprime la delicatezza. Regola gli sguardi e i gesti in conformità alla dignità delle persone e della loro unione” (2521).

Il libro della Genesi (cfr cp. 3) indica che il sentimento del pudore non è un comando dall’alto, ma un’esigenza dell’ uomo e della donna, insito nella natura umana, un supporto per annientare la violenza delle passioni sessuali. Adamo ed Eva, spiritualmente ed umanamente feriti dal peccato originale che generò in loro disarmonia, percepirono sentimenti di vergogna e avvertirono l’esigenza di coprirsi: “Allora si aprirono gli occhi di tutti e due e si accorsero di essere nudi; intrecciarono foglie di fico e se ne fecero cinture” (Gn. 3,7). La sessualità che doveva esprimere l’ armonia tra uomo e donna, da allora, si trasformò, a volte, in tensione brutale. Per questo, san Paolo la presentò come un tesoro «in vasi di creta» (2 Cor. 4,7), mostrandone la positività, ma contemporaneamente richiede notevole prudenza. Quindi, il sentimento del pudore, è un pregiato sostegno, essendo una forma protettiva specificatamente umana. Anche Gesù, nella sua opera educatrice, riservò al pudore, e di conseguenza alla purezza, un ruolo primario.

Immagino che nessuno, fidanzato o sposato, gradisca che il proprio partner esponga la sua nudità alla curiosità di altri. Le attività naturalistiche, citate in precedenza, pongono alla base l’errata concezione che nulla vada nascosto o debba provocare vergogna. Si ritiene il nudismo una manifestazione di schiettezza e di coraggio, considerando marginalmente il sentimento del pudore che investe pienamente l’aspetto sessuale, e di conseguenza, la visione dell’ amore autentico, poichè la presenza o l’assenza del pudore ne cambiano il significato.

Agli inizi del XX secolo era impudico mostrare le caviglie. Oggi è consuetudine esibire l’ombelico, indossare jeans a “vita bassa”, vestire abiti alquanto corti e con aderenti e vistose scollature. D’estate, o meglio all’arrivo del primo caldo, impazzisce il desiderio di ridurre al minimo l’abbigliamento per ostentare il corpo e sulle spiagge aumenta l’esibizionismo. Questo indica che il cittadino della “società liquida” sta abbattendo un altro tabù mostrando in pubblico le parti più intime con irreale naturalità. Si afferma che oggi con il sesso non esistono più imbarazzi; ciò e vero, è con “l’amore autentico” che abbiamo complicazioni, e la diminuzione del pudore aggroviglia ulteriormente la situazione. Nell’ “era dell’indiscrezione” e del “chiacchereccio”, l’assenza di pudore lo riscontriamo anche in alcuni programmi televisivi nei quali si manifestano superficialmente stati d’animi personali, esperienze sessuali, sentimenti ed emozioni, dimenticando che alcune situazioni esigono di essere vissute silenziosamente e personalmente.

Per riconquistare il senso del pudore, dobbiamo rivalorizzare la dignità del corpo e di conseguenza della persona, il profondo rispetto per la sfera intima, l’onore da riservare a se stessi e agli altri. Anche noi sacerdoti, dobbiamo trasmettere ai fedeli la cultura del “dignitoso” quando frequentano ambienti ecclesiali o le chiese, chiarendo l’inopportunità, ad esempio, di partecipare alla Messa con abiti non idonei alla celebrazione; dalle canottiere alle mini-gonne, ai pantaloncini, dovendo a Dio il massimo rispetto. Anche l’abbigliamento è “un segno” di derenza e di rispetto a Dio e alla celebrazione che partecipiamo.

Pur interessando primariamente l’aspetto sessuale, il pudore coinvolge tutti gli aspetti della vita: dal vocabolario che utilizziamo, alla capacità di riservatezza, alle modalità per ottenere  guadagni.

Alcuni proverbi, frutto dalla saggezza popolare, ricordano: «Chi ha perduto il pudore, ha il cuore morto»; «Il pudore difende la bellezza come la spina, la rosa»; «Il pudore è il coraggio delle donne».

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