Pillole di saggezza

DOBBIAMO ARRENDERCI AL FENOMENO DROGA (3)

Di fronte al Disegno di Legge presentato dal senatore B. Della Vedova che per consentire la “legalizzazione della marijuna e della cannabilis”, come affermato nelle precedenti “Pillole di saggezza”, vogliamo nel mese di ottobre conoscere e riflettere su questo drammatico fenomeno societario.

6. PERCHE’ CI SI DROGA?

Teorie differenti hanno tentato di lumeggiare questa inquietante situazione e di individuare le cause di questo fenomeno di disadattamento personale e di disgregazione sociale. Noi, risponderemo all’interrogativo, partendo dalle affermazioni più comuni per poi concentrare l’ attenzione sulle motivazioni profonde che stanno alla base degli ipotetici benefici che la droga offre.

Alcune scusante comuni: “per provare sensazioni nuove”, “per integrarsi in un gruppo”, “per sfidare un divieto”, “per fuggire a situazioni difficili”, “per ricercare un senso di distensione”… Queste giustificazioni racchiudono una alquanto generica ma indicativa: “per trovare la felicità”. Vari giovani e adulti assumono sostanze stupefacenti perché sono non solo infelici ma disperati. La tossicodipendenza è la punta di un iceberg, un segno rivelatore che esibisce un “profondo malessere esistenziale” di giovani ed adulti insoddisfatti, incapaci di adattarsi alla realtà, immersi nella solitudine e nell’angoscia. Ciò mostra che molti non si amano e non si sentono amati! La droga è la risposta alla carenza di amore soprattutto per  giovani ed adolescenti che stanno vivendo periodi di mutazioni profonde e d’instabilità. Il clinico J.Hamburger affermava che “la droga è uno strumento sinistro di misurazione dello smarrimento giovanile”, aggiungendo che “il mondo adolescenziale dei Paesi più ricchi è invaso da desideri di evasioni. La droga è un rifiuto e una fuga. Il rifiuto di un’epoca in cui gli dei sono morti. La fuga da un mondo in cui la speranza si sottrae” (J. Hamburger, Dictionnaire promenade, Editions du Seuil, Paris 1989, pg. 161). Altra motivazione è lo smarrimento valoriale, cioè il “vuoto di senso”, presente nella cultura attuale che ha reso opachi il trascendente, l’importanza della vita, i principi di solidarietà, di responsabilità, di impegno… Si sono perse le giustificazioni per vivere e dissolta la speranza. A complicare queste drammatiche situazioni contribuiscono anche il consumismo e la ricerca del piacere. Sempre Hamburger ricordava: “le strade sembrano portare da nessuna parte. Nessun programma, nessuna speranza. Quando non sappiamo che cosa dobbiamo sperare, anche la speranza non ha senso” (Dictionnaire  promenade, op. cit. 369). Molti, domandano alle droghe, un supporto per evadere da una realtà sociale e famigliare non rispondente alle loro attese e per sopravvivere ad una serie di disagi e di frustrazioni che l’attuale realtà  complessa propone quotidianamente. La droga, si trasforma in un’inconscia “realtà di difesa”, un mezzo per colmare vuoti affettivi ed esistenziali e per comunicare l’ incapacità “a tenere il passo”. Di conseguenza, una delle sfide maggiori che deve affrontare il nostro tempo, è quella di trasmettere modelli, valori e certezze, essendo il nostro contesto societario condizionato e strumentalizzato da “una mentalità e da una forma di cultura che portano a dubitare del valore della persona umana, del significato stesso della verità e del bene, in ultima analisi della ‘bontà della vita’ ” (Cfr.: Benedetto XVI, Lettera alla diocesi di Roma sul compito urgente dell’educazione, 21 gennaio 2008.

Il tossicodipendente non crede più in nulla! Niente lo stimola, lo motiva, lo attrae, neppure la vita essendo cosciente  che drogandosi rischia il suo esistere!

7.RUOLO PREVENTIVO E EDUCATIVO


Che cosa significa prevenire? In senso generale: “precedere qualche cosa” (Voce “prevenire” in G. Devoto – G. C. Oli, Dizionario della lingua italiana, Le Monner, Firenze 2000).

A livello psicologico l’azione preventiva è più complessa. E’ “l’intervento composto da un insieme di misure che hanno come scopo quello di ridurre l’incidenza di un comportamento o di un avvenimento pericoloso. Questo intervento è doppio: esso ricerca e identifica i fattori associati alla genesi di questi comportamenti e di questi avvenimenti; e prepara delle misure di protezione destinate a prevenire la loro apparizione. Esso influenza l’ambiente e il fattore umano” (G. Thines – A. Lempereur  -ed, Dictionnaire general des sciences humaines, Edition Universitaire, Parigi 1975, pg. 259). Dalla definizione comprendiamo che un percorso di prevenzione” non riguarda unicamente interventi d’ordine sanitario e giudiziario ma interpella tutte le agenzie educative, dalla famiglia alla scuola, dal settore sportivo a quello lavorativo e deve rivolgersi alla “totalità della persona” affinchè si sviluppi nel singolo uno stato armonioso di benessere fisico, mentale, sociale e spirituale, supportato da modelli virtuosi.

In medicina, tre sono gli “stadi” della prevenzione:

-“prevenzione primaria” quando il problema non esiste ma potrebbe sorgere;

-“prevenzione secondaria” che riduce  il problema già in atto;

-“prevenzione terziaria” che stabilizza la situazione consentendo di fruire delle potenzialità residue.

Questa metodologia è utile anche nella prevenzione e nella cura della tossicodipendenza, ben consapevoli che non sussista una tipologia standard della  personalità del tossicodipendente e neppure condizioni personali e sociali comuni, poichè la droga può coinvolgere chiunque.  Si droga l’indigente e il ricco, un figlio di una famiglia e l’altro no, il disoccupato o il lavoratore. La decisione di assumere sostanze stupefacenti ha alla base “fattori di rischio differenti” che possono essere causali o strutturali: dalla curiosità alla pressione dei propri pari, dalla noia all’insuccesso scolastico, dal carattere antisociale al tentativo di migliorare il proprio stato fisico, dal rifiuto alle relazioni famigliari al risentimento verso le istituzioni, dall’insufficiente identità sessuale ai meccanismi di difesa. Ciò significa che drogati “non si nasce ma si diventa” nel corso degli anni anche se alcune personalità sono più a rischio (nevrotico, psicotico, depresso…).

Nel settore della tossicodipendenza la “prevenzione primaria” consiste nell’educare il ragazzo, l’adolescente e il giovane alla  responsabilità, all’autentica libertà, a salvaguardare la padronanza su se stesso per  controllare e frenare gli istinti e gli impulsi causati dei propri limiti.

La “secondaria”, che dovrebbe suscitare allarmi, poiché è già presente un coinvolgimento con la tossicodipendenza è quella della “tossicodipendenza nascosta” che esordisce con delle “sniffate” e poi prosegue, solitamente sporadicamente, con la speranza “di stare un po’ meglio” non possedendo altre modalità per risolvere le sensazioni  e le situazioni negative. Potrebbe essere “l’inizio della fine”, essendo  questo un processo che se non sarà interrotto è senza ritorno! Essendo la sintomatologia nella fase iniziale estremamente varia, è basilare porre attenzione a gesti, comportamenti e situazioni  anomale. Prioritario e insostituibile è “il dialogo” condotto con sapienza, privo di affermazioni moraleggiante che provocherebbe  unicamente chiusure.

La “terziaria” riguarda il tossicomane, colui che ha stabilito con la droga un’alleanza e una fusione. In alcuni casi, soprattutto i giovani, giungono anche al suicidio. E’ il momento di rompere ogni complicità, soprattutto famigliare, e rivolgersi agli specialisti.

Educazione

FAMIGLIA

Una famiglia “presente” ed “educante” è l’istituzione sociale più importante, “l’unica per cui, al limite, valga la pena di sacrificare tutto, poiché è l’ultima che garantisce e tratti come persone, e che garantisce altresì lo sviluppo di relazioni effettive e comunicative intense ed appaganti”. Così si esprimevano dei giovani in una ricerca condotta da “Aggiornamenti sociali” (Cfr.: I. Vaccarini,  I valori giovanili nelle società occidentali, in “Aggiornamenti sociali”, 9-10, 1984, pp. 580 ss ). Osservavano che unicamente nella famiglia “è dato di sperimentare adeguatamente calore umano e serenità, dialogo e comprensione, e pertanto essa costituisce la principale fonte di significato e di umanizzazione della vita quotidiana”( I valori giovanili nelle società occidentali, op. cit.). E, l’affetto, lo si trasmette con le “parole” e con i comportamenti. San Giovanni Paolo II rivolgendosi agli sposi così li esortava: “Essi dovranno creare le condizioni migliori per una vita serena nel loro focolare, offrendo ai loro figli la sicurezza affettiva e la fiducia nei loro confronti, di cui essi hanno bisogno per la loro crescita spirituale e psicologica”(21 giugno 1986). Dunque, la famiglia tradizionale, oggi “sotto attacco” da nuovi modelli, è uno dei luoghi privilegiati di prevenzione nei confronti della tossicodipendenza e non solo, poiché l’assenza di un’autentica vita d’amore, può predispone l’adolescente e il giovane all’uso delle droghe, portando alla distruzione della famiglia stessa. Importante, inoltre, è l’educazione al “senso del piacere” che va ricercato dentro di sé.

A volte, nella famiglia, è presente un figlio tossicodipendente. Questa situazione mette in crisi il nucleo famigliare e provoca nei genitori una sensazione di fallimento. A queste famiglie dobbiamo offrire sostegno oltre che incoraggiarle a rivolgersi ai centri specializzati, superando la tentazione di chiudersi in se stesse con sentimenti di vergogna. Così le esortava san Giovanni Paolo II: “invito i genitori che hanno un figlio tossicomane a non disperarsi mai, a mantenere con lui il dialogo, a prodigargli il loro affetto e a favorire il contatto con strutture capaci di prendersene cura. L’attenzione affettuosa di una famiglia è un grande sostegno per la lotta interiore e per i progressi di una cura di disintossicazione” (21 giugno 1986). Una metodologia errata è l’ “alleanza oggettiva” fra il drogato e la sua cerchia famigliare;  non porta risultati e si trasforma in deleteria forma di complicità.

SCUOLA

Con la famiglia altre reti educative formano la personalità delle future generazioni. Un ruolo privilegiato è esercitato dalla scuola alla quale ricordiamo che “educare non significa unicamente trasmettere contenuti di sapere, ma liberare una coscienza della sua subordinazione alle idee già fatte, perché faccia responsabilmente le sue scelte e crei responsabilmente il suo progetto di vita” (M. Picchi, Fenomeno della tossicodipendenza, in AA VV, Droga: resistenza o resa?,  Ist. Rezzara, Vicenza 1984, pg. 19). La scuola, dunque, deve educare “tutto l’uomo”, promuovendo la responsabilità ai valori e sviluppando la capacità di intrecciare autentiche relazioni interpersonali. Così si esprimevano i giovani della ricerca di “Aggiornamenti sociali”: “

Scuola e famiglia mediante un’ “interazione permanente” e un “processo dinamico”, devono con atteggiamenti di testimonianza, di comprensione e un’autentica attenzione alla vita, fornire gli strumenti per gestire personalmente la quotidianità e tutto ciò che questa comporta  Di conseguenza, “se non vogliamo una prevenzione da strapazzo, se vogliamo mantenere una certa credibilità agli occhi dei giovani, sarà necessaria quella disponibilità che consiste nel lasciarsi mettere in discussione come persona, famiglia o istituzione” (E. Servais, Prevention drogues, Labor, Bruxelles 1988, pg. 71).

ALTRI SETTORI

Importanti sono anche i modelli proposti nei settori dello sport, dello spettacolo e della politica…; esempi che i cittadini  osservano, seguono e imitano. E’ quindi un impegno morale dei “personaggi pubblici” offrire stili di vita virtuosi, oltre che produrre un clima di responsabilità che sostenga la disapprovazione senza “se” e senza “ma” nei confronti della droga e dell’abuso delle sostanze psicotrope. La conclusione di molti, osservando i “personaggi famosi”, è la seguente: “se loro lo fanno, allora perché io no?”.

E’ improrogabile anche un’alleanza con i mass media che detengono un ruolo di primo piano nella diffusione delle “idee” sulle sostanze stupefacenti. Anche un’ apparente neutralità d’informazione, soprattutto nei trattenimenti televisivi e nei gossip, trasmette criteri d’interpretazione della realtà e, di conseguenza, stili di vita negativi.

Da ultimo, accenniamo alla rilevanza di un’idonea educazione alla salute sia fisica che psichica, indicando appropriati stili e il valore incommensurabile “del capitale” salute.

(Fine terza parte)

 

 

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