Pillole di saggezza

OBIEZIONE DI COSCIENZA

Il recente episodio accaduto all’ospedale san Camillo di Roma, dove si è tenuto un concorso a cui hanno potuto partecipere unicamente medici ostetrici “non obiettori” all’aborto contradicendo uno dei principi fondanti di ogni democrazia (l’obiezione di coscenza), oltre l’articolo l’articolo 9 della legge 194/1978 (quella riguardante l’interruzione della gravidanza), ci invita ad approfondire l’argomento.

L’etica, la legge naturale e le leggi civili, guidano la società e le persona in una determinata epoca. Ma l’etica non s’identifica con nessuna legge essendo presente in tutte come dimensione particolare di ciascuna, e i suoi principi obbligano il legislatore a prenderne atto e ad agire di conseguenza. Partendo dalla prospettiva che ogni legge dovrebbe essere a “servizio dell’uomo” e non viceversa, come purtroppo avviene a volte negli ultimi tempi, l’etica si prodiga affinché le leggi civili siano giuste e riconoscano, promuovano e difendano i diritti basilari dei cittadini. Anche l’aconfessionalità o laicità che caratterizzano gli Stati moderni non significa “neutralità etica”, essendo alcuni valori etici, soprattutto quelli riguardanti la vita, irrinunciabili per la società.

Quando le leggi della comunità civile ledono l’ordine morale naturale, i diritti fondamentali della persona, il bene comune e le opinioni religiose e morali del singolo “non obbligano in coscienza” come affermato da san Tommaso: “lex iniusta, nulla lex”[1]. Quindi, è doveroso porre in atto “l’obiezione di coscienza”. E “chi ricorre all’obiezione di coscienza deve essere salvaguardato non solo da sanzioni penali, ma anche da qualsiasi danno sul piano legale, disciplinare, economico e professionale” (Evangelium vitae, n. 74). È questo un diritto affermato anche nella “Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo” dell’ONU all’articolo 3 e all’articolo 18 che afferma: “ogni individuo ha diritto alla libertà di pensiero, di coscienza e di religione”.

Nel settore sanitario tre sono attualmente gli interventi o atti coinvolti nell’obiezione di coscienza.

La pratica dell’aborto. L’articolo 9 della legge 194/1978 disciplina, come affermato, l’obiezione di coscienza, evidenziano che il personale sanitario è esentato non solo dall’intervento chirurgico, ma anche da tutte le procedure di certificazione e di autorizzazione, cioè gli adempimenti previsti dagli articoli 5 e 7. Per il cristiano è un principio etico vincolante che non ammette eccezioni!

La Pontificia Accademia per la Vita, nel comunicato finale della XIII Assemblea Generale, sollecitò ad andare oltre: “In questa situazione, acquista maggiore rilievo l’esercizio doveroso, di una ‘coraggiosa obiezione di coscienza’, da parte di medici, infermieri, farmacisti e personale amministrativo, giudici e parlamentari, ed altre figure professionali direttamente coinvolte nella tutela della vita umana individuale, laddove le norme legislative prevedessero azioni che la mettono in pericolo. Ma, allo stesso tempo, va anche messo in rilievo come il ricorso all’obiezione di coscienza avvenga, oggi, in un contesto culturale di tolleranza ideologica, che talvolta, paradossalmente, tende a non favorire l’accettazione dell’esercizio di questo diritto, in quanto elemento ‘destabilizzante’ del quietismo delle coscienze. Desideriamo sottolineare come, in particolare per le professioni sanitarie, sia difficile l’esercizio del diritto all’obiezione di coscienza, dal momento che questo diritto viene generalmente riconosciuto solo alle singole persone, e non alle strutture ospedaliere o associazioni” (15 marzo 2007).

Un esempio negativo fu il tentativo della Giunta Regionale PD del Lazio, guidata da Nicola Zingaretti, che nell’aprile 2014 tentò di adottare  un Decreto che obbligava i medici obiettori dei consultori familiari a rilasciare i certificati alle donne che volessero abortire.

La procreazione medicalmente assistita. L’obiezione di coscienza è prevista dall’articolo 16 della legge 40/2004.

La prescrizione e la vendita della cosiddetta “pillola del giorno dopo”, nota come Norlevo e dell’ElleOne “la pillola dei cinque giorni dopo”. L’obiezione di coscienza ai ginecologi, ai medici di pronto soccorso e ai farmacisti è vietata, anche se il giudizio etico medico su questi farmaci è alquanto divergente, e il Comitato Nazionale di Bioetica con un parere il 25 febbraio 2011 aveva richiesto al legislatore di legiferare su questo argomento. “Si è ritenuto che si potesse far risalire al farmacista un ruolo ritenuto riconducibile a quello degli operatori sanitari e che pertanto, in analogia a quanto avviene per altre figure professionali, dovesse necessariamente essere riconosciuta anche a questa categoria professionale il diritto all’obiezione. Il fatto che il farmacista svolga un ruolo ‘meno diretto’ rispetto a chi pratica clinicamente l’aborto non è stata ritenuta ragione sufficiente per invalidare l’argomento a favore della clausola morale, dato che la consegna del prodotto contribuisce a un eventuale esito abortivo in una catena di cause ed effetti senza soluzione di continuità” (pg.24).

Tutti noi, quando ci troviamo di fronte a norme ingiuste e dannose per la nostra coscienza, abbiamo il dovere di porre in atto la prassi dell’ “epikeia” cioè l’interpretazione della legge nelle situazioni concrete, non secondo “la lettera”, ma secondo lo “spirito”. L’ “epikeia”, offre la possibilità di rifiutare la collaborazione nelle azioni contrarie ai propri valori uman i e religiosi, accettando però la pena prevista per i trasgressori.

[1] San Tommaso, Summa Teologica, I-II, q. 96, a. 4.

UNA PRECISAZIONE DI AVVENIRE: ” Più precisamente, se ogni ginecologo non obiettore nel 1983 praticava 3.3 aborti a settimana, nel 2013 a suo carico se ne contavano 1.6 a settimana in media: sempre troppi, visto che parliamo di vite eliminate, ma non un superlavoro. Anche considerando la situazione a macchia di leopardo, si va dagli 0.5 aborti a settimana della Sardegna (la percentuale più bassa) al massimo dei 4.7 del Molise: carico assolutamente normale.Secondo le accuse della Cgil (e del comitato europeo), le donne italiane sarebbero addirittura costrette a viaggiare, persino all’estero, o a spendere in strutture private, ma anche qui sono i fatti a smentire: l’Italia è forse l’unico Paese in cui fin da quando fu approvata la legge 194 l’interruzione di gravidanza è a costo fisso e può essere praticato in cliniche private solo se convenzionate e autorizzate. Comunque tutto a costo statale” (Avvenire.it, 12 aprile 2016).

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