Pillole di saggezza

Una riflessione sull’Obiezione di Coscienza.

La giunta regionale PD del Lazio, guidata da Nicola Zingaretti, ha adottato nei giorni scorsi, dimenticandosi che “l’Obiezione di Coscienza” è un diritto della persona proclamato anche nella Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo dell’ONU all’articolo 3, un Decreto che obbliga i medici obiettori dei consultori familiari a rilasciare i certificati alle donne che vogliono abortire.

 1E’ un fatto gravissimo dato che viola il diritto all’obiezione di coscienza e trasgredisce palesemente la legge 194/1978 (quella relativa all’aborto) dove all’articolo 9 si specifica che l’obiezione di coscienza vale anche per i percorsi descritti dagli articoli 5 e 7, proprio quelli relativi alla certificazione.

Questo fatto di cronaca mi dà l’opportunità anche di rispondere a una lettera scritta dal dott. Gugliemo e di proporre alcune riflessioni sull’obiezione di coscienza.

1 “Sono un farmacista religiosamente indifferente, ma la vendita di alcuni prodotti, il Norlevo e la ElleOne, mi provoca profondo disagio. Che la legge non preveda attualmente l’obiezione di coscienza per i farmacisti è un fatto assodato. Ma il motivo della richiesta di obiezione è più che legittimo: la biologia mostra chiaramente che immediatamente dopo la fecondazione, quell’ammasso informe di cellule ha un Dna differente da quello dei genitori, un Dna irrepetibile che rimarrà tale fino alla morte. Non mi occorre credere in alcun dio per riconoscere che questa vita umana è già persona. Alcuni ritengono la lotta all’aborto una causa di fede o del dogmatismo cattolico contro la scienza e la ragione, ma questo è un enorme fraintendimento perchè non sono solo i cristiani, o unicamente le persone religiose, ad essere contrarie all’aborto. Non posso quindi accettare di vendere un farmaco che provoca, o potrebbe provocare, l’uccisione di una vita umana, essendo anch’io causa, indiretta, di morte. Come mi devo comportare? Guglielmo”.

Concordo pienamente con il dottor Guglielmo che la difesa della vita sia nascente che terminale non riguarda unicamente i cristiani ma è responsabilità di ogni uomo, per questo quando una normativa della comunità civile pregiudica l’ordine morale naturale, oppure è in contrapposizione alle evidenze etiche, questa, essendo una “legge ingiusta”, non obbliga in coscienza come rammentato da san Tommaso d’Aquino: “lex iniusta, nulla lex”. Una disposizione inconciliabile con i diritti fondamentali dell’uomo, con il bene comune o con le proprie convinzioni religiose e morali, non vincola la coscienza, esorbitando questa dal “potere” dello Stato; quindi, è doveroso, porre in atto l’obiezione di coscienza. Testimoniano gli Apostoli rimproverati dal Sinedrio: “Se sia giusto innanzi a Dio, obbedire a voi più che a Lui, giudicatelo voi stessi; noi non possiamo tacere quello che abbiamo visto ed ascoltato” (At. 4,20). E colui che si avvale dell’obiezione di coscienza “deve essere salvaguardato non solo da sanzioni penali, ma anche da qualsiasi danno sul piano legale, disciplinare, economico e professionale” (Giovanni Paolo II, Evangelium vitae, 74). Ma purtroppo, alcuni professionisti, sono stati penalizzati, discriminati o esclusi dall’accesso a ruoli apicali essendosi dichiarati obiettori di coscienza.

Nel settore sanitario tre sono le situazioni coinvolte nell’obiezione di coscienza: la pratica dell’aborto, la fecondazione medicalmente assistita e la prescrizione e la vendita del Norlevo e della ElleOne.

Per quanto riguarda l’aborto è proibito al cristiano collaborare alla sua realizzazione. E’ un principio etico vincolante che non ammette eccezioni. La Pontificia Accademia per la Vita, nel comunicato finale della XIII Assemblea Generale, sollecitò ad andare oltre: “In questa situazione, acquista maggiore rilievo l’esercizio doveroso, di una ‘coraggiosa obiezione di coscienza’, da parte di medici, infermieri, farmacisti e personale amministrativo, giudici e parlamentari, ed altre figure professionali direttamente coinvolte nella tutela della vita umana individuale, laddove le norme 1legislative prevedessero azioni che la mettono in pericolo. Ma, allo stesso tempo, va anche messo in rilievo come il ricorso all’obiezione di coscienza avvenga, oggi, in un contesto culturale di tolleranza ideologica, che talvolta, paradossalmente, tende a non favorire l’accettazione dell’esercizio di questo diritto, in quanto elemento ‘destabilizzante’ del quietismo delle coscienze. Desideriamo sottolineare come, in particolare per le professioni sanitarie, sia difficile l’esercizio del diritto all’obiezione di coscienza, dal momento che questo diritto viene generalmente riconosciuto solo alle singole persone, e non alle strutture ospedaliere o associazioni” (15 marzo 2007).

Per la prescrizione e la vendita del Norlevo e dell’ ElleOne, l’obiezione di coscienza ai ginecologi, ai medici di pronto soccorso e ai farmacisti è vietata, anche se i giudizii su questi prodotti farmaceutico divergono. Il diritto all’obiezione di coscienza fu 1sollecitato anche da papa Benedetto XVI ricevendo in udienza il 29 ottobre 2007 i partecipanti al XXV Congresso Internazionale dei Farmacisti Cattolici: “Nell’ambito morale, la vostra Federazione è invitata ad affrontare la questione dell’obiezione di coscienza, che è un diritto che deve essere riconosciuto alla vostra professione, permettendovi di non collaborare, direttamente o indirettamente, alla fornitura di prodotti aventi come fine scelte chiaramente immorali, come ad esempio l’aborto e l’eutanasia”.

Un progresso fu compiuto il 25 febbraio 2011, quando il Comitato Nazionale per la Bioetica, si pronunciò favorevole all’obiezione di coscienza dei farmacisti, invitando il legislatore ad approvare celermente una norma, salvaguardando anche i diritti di chi chiede il prodotto. Questa è la motivazione della maggioranza dei componenti del Comitato Nazionale per la Bioetica: “Si è ritenuto che si potesse far risalire al 1farmacista un ruolo ritenuto riconducibile a quello degli operatori sanitari e che pertanto, in analogia a quanto avviene per altre figure professionali, dovesse necessariamente essere riconosciuta anche a questa categoria professionale il diritto all’obiezione. Il fatto che il farmacista svolga un ruolo ‘meno diretto’ rispetto a chi pratica clinicamente l’aborto non è stata ritenuta ragione sufficiente per invalidare l’argomento a favore della clausola morale, dato che la consegna del prodotto contribuisce a un eventuale esito abortivo in una catena di cause ed effetti senza soluzione di continuità”.

Nell’ attesa che il legislatore legiferi, il farmacista adotti la prassi dell’ “epikeia”; l’interpretazione della legge nelle situazioni concrete, non secondo “la lettera”, ma secondo lo “spirito”. L’ “epikeia”, offre la possibilità di rifiutare la collaborazione nelle azioni contrarie ai propri valori, accettando però la pena prevista per i trasgressori. Un esempio lo ha offerto il presidente dell’Unione Cattolica Farmacisti Italiani, dott. Piero Ugola, titolare di una farmacia a Roma-Fiumicino, che sta scontando penalmente, in prima persona, il rifiuto di vendere il norlevo.

27 giugno 2014

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