GEORGE ORWELL. L’ATTUALITÀ DEL ROMANZO “1984”

By 27 Luglio 2025Attualità

Il tempo libero e il riposo che possiamo godere in estate rispetto agli altri mesi dell’anno può, se lo vogliamo, anche offrirci l’opportunità di dedicarci alla lettura e di confrontare un testo con la situazione storica, culturale e societaria attuale.

Afferma il filosofo e teologo austriaco Martin Buber nel testo “Il problema dell’uomo” che vi sono epoche storiche in cui emerge “un’insicurezza collettiva” portatrice di smarrimento. Di conseguenza, l’uomo è atterrito dai rinnovamenti e dalle mutazioni, dalla mutabilità dell’aspetto valoriale oltre che da stili di vita divergenti e spesso contrastanti con quelli del passato; pertanto è arduo credere nel vero e nel valido sempre e dovunque. In questa situazione, la persona, fatica a individuare forti motivazioni nei confronti della vita come pure delle scelte che deve compiere. Già da tempo l’uomo, nostro contemporaneo, è immerso in questo contesto caratterizzato da incertezze, insicurezze e perplessità e questa titubanza si esprime prevalentemente con una stanchezza morale diffusa, nell’adeguarsi al pensiero dominante, nell’accettazione della schiavitù imposta. Si perde il desiderio di lottare per il bene, il buono e il vero sottovalutando però i rischi. E tutto ciò l’ho riscontrato in un libro appena letto di George Orwell: il romanzo 1984.
Mi appresto quindi a condividere con voi alcune considerazioni.

Chi è George Orwell?

George Orwell (1903-1950), scrittore e saggista inglese divenne famoso per due romanzi: “1984” e “La fattoria degli animali”. Orwell, in giovinezza, era un convinto socialista; ciò lo stimolò nel 1936 ad arruolarsi nella guerra civile di Spagna in difesa della Repubblica contro il franchismo. Ma, mentre combatteva, si accorse che i suoi ideali di libertà non coincidevano con quelli dei commissari del popolo, emissari del Partito comunista sovietico, che brutalmente colpivano ogni dissenso. Da qui la decisione di abbandonare il campo di battaglia per dedicarsi a sensibilizzare il popolo riguardo il pericolo presente in ogni forma di totalitarismo, operante pure nelle democrazie.

Il romanzo “1984”

Il romanzo è ambientato a Londra, dove i cittadini dovevano ubbidire alle opprimenti normative dettate dal partito che si prefiggeva la cancellazione del passato e la costruzione di un futuro tirannico riassunto nelle scritte che capeggiamo per la città: “la guerra è pace”, “la libertà è schiavitù”, “l’ignoranza è forza”… La finalità era chiara e lampante: privare i cittadini di ogni conoscenza per manipolare e controllare le menti. Inoltre, gli abitanti di Londra furono espropriati della loro “vita privata”; tutto doveva essere vagliato dallo Stato che veniva a conoscenza dei punti di forza e di debolezza dei singoli.
Il protagonista del romanzo è Winston Smith dipendente del “Ministero della Verità”, a cui fu affidato l’incarico di correggere i libri con la finalità di riscrivere la storia partendo dal presente. Smith, fino a quando obbedì ciecamente alle direttive del partito, era molto apprezzato ma l’incontro con una donna gli “aprì gli occhi” e per lui iniziarono tempi complessi e oscuri.
Anche, se pochi se ne rendono conto, oggi ci stiamo avvicinando velocemente a qualcosa di simile, influenzati e suggestionati da tre macro fenomeni: la tirannia del politicamente corretto, la dittatura gender e l’oppressione del catastrofismo ecologico.

1.Politicamente corretto

Il “policamente corretto” è sorto attorno agli anni 90’ del XX secolo presentandosi come una nuova norma culturale di approccio alla diversità, con la finalità di eliminare un linguaggio pubblico offensivo e oltraggioso nei confronti delle categorie che vivevano situazioni di emarginazioni o di subalternità. Un’idea, ovviamente più che condivisibile, ma con il trascorrere del tempo questa tendenza si è ampliata smarrendo la sua originalità, e oggi condiziona e vincola molteplici aspetti della nostra vita: il diritto di esprimere liberamente il proprio pensiero quindi la dialettica e il dissenso; il giudicare e lo stimare nobili e pregevoli valori e istituzioni millenarie, dalla legge naturale alla famiglia; il menzionare le realtà con il loro nome, il narrare i fatti come realmente sono accaduti, l’accogliere gli insegnamenti spesso autorevoli e attuali che il passato e la storia trasmettono. Ammonì Papa Francesco: “Uno degli indicatori di una colonizzazione culturale è cancellare la storia per togliere la libertà di pensiero. Come a dire: ‘La storia incomincia con me, incomincia adesso, con il racconto che io faccio adesso, non con la memoria che vi hanno trasmesso’ ” (23 novembre 2017). E allora il “no”, in alcune università degli Stati Uniti (e non solo) alle discipline umanistiche valutate discriminanti o ai testi classici ritenuti misogeni o omofobi.
Cosa propongono, o meglio vogliono imporre gli “illuminati” del politicamente corretto? Ad esempio, un nuovo vocabolario dove i termini non si riferiscano al sesso o alla condizione psicofisica della persona o del lavoratore. Quindi, non più: “poliziotto” o “poliziotta” ma “agente di polizia” (police officer); non più “postino” o “postina” ma “trasportatore di posta” (mail carrier); non più “steward di volo” o “hostess di volo” ma “assistente di volo” (flight attendant)… Inoltre oggi per alcuni è di pessimo gusto, pronunciare le parole “marito” o “moglie” sostituiti con “coniuge”, oppure “papà” o “mamma” rimpiazzati da “genitore 1” e “genitore 2”, poiché i vocaboli non devono discriminare nessuno. Basta, quindi, a “grasso” ma “uomo in sovrappeso”, a “manicomio” divenuto “un centro di salute mentale”, a “malato” che è una “persona colpita da…” e, il “paralitico”, è un “non deambulante” e, il “povero”, una “persona di modeste condizioni sociali”.
Alcuni ritengono il “problema del linguaggio” un argomento banale; non è così secondo san Giovanni Paolo II che nel Messaggio per la XIII° Giornata Mondiale per la Pace (1 gennaio 1991), ammonì: “Restaurare la verità significa innanzitutto chiamare con il loro nome gli atti di violenza, quali che siano le forme che assumono, mentre la cultura attuale abbindola con termini ingannevoli”. Facciamo alcuni esempi. Il termine “aborto” sta scomparendo lasciando spazio all’espressione “interruzione volontaria della gravidanza”. E’ “una sostituzione tutt’altro che innocente; è un modo elegante per creare una cortina fumogena attorno alla tragica realtà in questione. “ ‘Interruzione’ è un termine per nulla drammatico. S’interrompe una conversazione, una trasmissione televisiva per riprenderla poco dopo, e il carattere omicida dell’azione si dissolve dietro un termine pacifico e innocente”(L. Cicconi, La Vita umana, pg. 102). Lo stesso vale per la conclusione della vita, dove si stanno trasformando “il suicidio assistito” e l’ “eutanasia”, cioè l’uccisione intenzionale di un malato in “aiuto medico alla morte”, pur consapevoli che “aiutare a morire” significhi invece alleviare il dolore al morente, sostenerlo e confortarlo nella sofferenza e accompagnarlo nel cammino al destino eterno. Attenzione. Le manipolazioni del linguaggio con il trascorrere del tempo modificano anche il “modo di pensare”! Ecco allora, che il politicamente corretto, partendo dal linguaggio, cela la presunzione e l’arroganza di svariate élite, affini a quelle del “1984” di Orwell, che si prefiggono di condizionare i mezzi di comunicazione, la formazione universitaria, il linguaggio della politica e delle istituzioni ma pure il cittadino nel comunicargli come deve essere, cosa deve dire, come deve comportarsi. L’accettazione di tutto ciò esime dalla fatica del ragionare e dell’esprimere giudizi etici, ma chi non condivide alcuni “dogmi odierni” è escluso da ogni discussione essendo reputato uno scriteriato e un dissennato. Questo, oltre che condizionare il relazionarsi con sincerità e autenticità sia con gli altri sia con la società, mira ad abolire i millenari valori antropologici, umanistici e anche cristiani.
Il politicamente corretto è l’opposto del #rimaniamoliberi di cui molti si riempiono la bocca e del detto evangelico: “Sia invece il vostro parlare sì, sì; no, no; il di più viene dal maligno” (Mt. 5,37).

2.La dittatura gender e LGBT+

L’argomento l’ho trattato in altre occasioni, ma oggi sostiamo sulle tre idee che la teoria gender da una parte e i movimenti LGBT+ vogliono far trionfare nelle società.

1.L’eliminazione del limite.

Nessun limite è più riconosciuto ma tutto deve essere gestito dalla “pseudo-libertà” della persona che si vorrebbe svincolata dalla natura e da ogni obbligo e dovere per realizzare pienamente e autonomamente quello che la società indica come benessere. Alcune conseguenze. Libertà assoluta nell’uso delle tecniche di procreazione medicalmente assistita e dell’utero in affitto per due uomini che desiderano un figlio. Inoltre, basta identificazione tra “identità sessuale” e “sesso biologico” ritenute il prodotto di retaggi storici, convenzioni sociali o mode culturali.
Ognuno deve essere libero di manifestare “l’identità di genere” che più ritiene consona (facebook ne propone 50) oltre l’ “orientamento sessuale” che più lo soddisfa. Parlando di superamento del limite non possiamo scordare l’ambizione di giungere alla clonazione anche umana, dell’intelligenza artificiale e della robotica…

2.La sfida a Dio e alla natura.

La logica conseguenza dell’eliminazione del limite sono sfide a Dio e alla natura scordandosi che ad ogni individuo è affidato dal Creatore uno splendido progetto da realizzare con la sua esistenza, essendo l’uomo e la donna creati a immagine e somiglianza di Dio (cfr. Gen. 1,26-27; 5,1-2). Ciò significa che qualunque vita è “un dono di Dio” che si origina dall’amore del Creatore, mediante la collaborazione indispensabile e responsabile dell’uomo e della donna. Da questo si deduce che la teoria del gender e le posizioni LGBT+ sono una ribellione al Creatore e, come affermato, alla natura, poiché “l’essere uomo o donna” corrisponde al disegno divino che si concretizza, appunto, mediante la natura. Ciò è confermato anche dal dato biologico conoscibile attraverso la scienza, in particolare la genetica, indicando che i cromosomi sessuali XX originano il femminile e i cromosomi XY il maschile, costituendo così un corpo con caratteristiche fenotipiche “coercitive”, inseparabili dal patrimonio genetico iscritto in ogni singola cellula. E, in questa strutturazione, notiamo “particolari caratteristiche” proprie di un determinato sesso.

3.La negazione della complementarietà del maschile e del femminile.

La donna è il complemento dell’uomo come l’uomo è il complemento della donna: donna e uomo, dunque, sono tra loro complementari. La “femminilità” realizza quanto la “mascolinità” sono complementarietà sia pure con modulazioni diverse. E’ unicamente dalla dualità del “maschile” e del “femminile” che l’umano si realizza appieno. Ebbene, uomo e donna, detengono “eguale dignità” e “caratteristiche comuni”, ma anche si distinguono per alcune diversità che apprezzate e valorizzate, arricchiscono entrambi e sono imprescindibile per il futuro generazionale oltre che per l’equilibrio della famiglia e della società.
Per i teorici del gender e per i LGBT+ non sono state sufficienti le conquiste e le emancipazioni che le donne hanno ottenuto negli ultimi decenni. Oggi mirano ad un atteggiamento antagonista e competitivo della donna ne confronti dell’uomo, al carattere mutevole del suo corpo e alla negazione della sessualità come intrinsecamente procreativa giustificando così l’ “irrilevanza biologica”.

3.Catastrofismo ecologico

Nessuno nega che il problema ecologico esiste poiché, come ha affermato Papa Francesco nell’Enciclica Laudato sì, “La terra, nostra casa, sembra trasformarsi sempre più in un immenso deposito di immondizia, per questo protesta per il male che le provochiamo, a causa dell’uso irresponsabile e dell’abuso dei beni che Dio ha posto in lei” (21). E, le conseguenze delle irresponsabilità dell’uomo, le notiamo nell’ampliamento nell’inquinamento, nei mutamenti climatici, nella riduzione dell’acqua e nella perdita delle biodiversità, ma pure nel deterioramento della qualità della vita di molti e nella degradazione sociale.
Detto questo, ciò che fa problema è il dogmatismo di alcuni ambientalisti che intendono penalizzare non solo i consumi e gli stili di vita ma la stessa vita umana, adottando la teoria proposta da T. R. Malthus (1766-1834) nel saggio “An essay of the principle of the population as it affects the future improvement of society” (Saggio sul principio della popolazione e i suoi effetti sullo sviluppo futuro della società). Malthus, già allora, sosteneva che l’incremento demografico avrebbe generato un “mondo invivibile”.

Di conseguenza, l’esclusiva soluzione per contrastare la catastrofe, che nel corso dei decenni fu meglio puntualizzata nel rischio dell’ “irreversibilità dei cambiamenti climatici” che porterebbero nel giro di pochi anni ad un’ apocalisse mondiale dovuta alla siccità, alla guerra per l’ acqua, alla crisi energetica, alle migrazioni ambientali, doveva essere la diminuzione delle nascite mediante l’aborto e la contraccezione. Ma, Malthus e i suoi sostenitori, non sono mai stati soddisfacenti con le previsioni come evidenziato da accreditati economisti, da J. M. Keynes (1883-1946) il padre della macroeconomia e il più influente tra gli economisti del XX secolo a R. Solow (1924 – 2023 ), famoso per i suoi contributi alla teoria della crescita economica e Premio Nobel per l’Economia nel 1987. Loro, e molteplici economisti, hanno dimostrato il fallimento del “Malthusian growth mode”, non essendoci sviluppo e ricchezza mancando la densità di popolazione, poiché natalità e sviluppo economico sono strettamente collegati. Inoltre, l’incremento demografico, ben gestito, è positivo come documentato dall’Onu nel “Rapporto Popolazione ed Ambiente”(2022). Si legge che nel XX secolo la popolazione mondiale si è incrementata di quattro volte, ma il PIL mondiale è accresciuto di ben quaranta volte. Questo significa che quello ecologico, non è un problema assestante, ma va inserito in quello più ampio dello sviluppo globale. Eppure, nonostante queste evidenze economiche, in una parte dei cosiddetti ecologisti è diffuso e dilagante un odio verso l’uomo.

L’insegnamento di Orwell

Sono trascorsi oltre 70 anni dalla pubblicazione del romanzo, ma le riflessioni di Orwell sono estremamente contemporanee e suonano come campanelli d’allarme che non possiamo ignorare.

Don Gian Maria Comolli