L’art. 3 del testo unificato Bazoli-Provenza da un lato riprende la già discutibile sentenza 242/2019 della Consulta (caso Dj Fabo), ma dall’altro la peggiora ampliando a dismisura la platea di possibili suicidi per legge. Molto labile è anche il “paletto” dei trattamenti di sostegno vitale, inteso in senso sempre più largo dai tribunali.
Non è una legge sul Fine vita: è una legge sull’eutanasia senza se e senza ma. Lo ha appena affermato per analogia, la Corte Costituzionale
Bocciati alla Camera gli emendamenti del Centrodestra alla Legge 219 che cerca di introdurre il suicidio assistito
Da ieri di nuovo alla Camera, il testo unico Bazoli equipara il suicidio assistito alla “morte naturale”. Non è vero che il Parlamento è vincolato alla sentenza della Consulta, né a fare una legge. Con la quale le cose peggiorerebbero, perché il suicidio diverrebbe un diritto e la missione degli ospedali ne uscirebbe (dopo l’aborto) ulteriormente stravolta.
Il testo Bazoli-Provenza prevede dei “requisiti” per le strutture che aiuteranno le persone a suicidarsi. Le attrezzature, i veleni, ecc., saranno pagati con le tasse di tutti. Entrerà a regime un sistema dove per lo Stato conterà solo che l’aspirante suicida sia “consapevole”, senza lasciare spazio ad affetti e alla speranza.
Massimo Antonelli, primario del reparto di rianimazione del Policlinico Gemelli, a Roma, spiega che cosa significa “trattamento sanitario di sostegno vitale”: “Dove non è più possibile, attraverso i mezzi farmacologici o artificiali, sostenere le funzioni vitali, il compito del medico è alleviare le sofferenze, arrivando anche a una sedazione palliativa”
Roberto Colombo spiega perché il ddl Bazoli «stravolge» la sentenza della Consulta a cui dice di ispirarsi, «andando molto al di là delle pur discutibili maglie tessute dalla Corte»