Nell’ultima domenica di giugno ha celebrato la Messa di “arrivederci” a quella che è stata la sua diocesi per quasi 18 anni. Philippe Barbarin arrivò a Lione che aveva appena 51 anni, un anno prima di diventare il più giovane cardinale di Francia. Si è accomiatato dalla cattedra che fu di sant’Ireneo all’età di 69 anni, ancora giovane per gli standard ecclesiali ma segnato duramente dalla battaglia legale da cui è uscito vincitore con un’assoluzione in appello rispetto all’accusa di omessa denuncia di abusi. Da questo mese si trasferirà nella casa generalizia delle Piccole Sorelle dei Poveri di Saint-Pern per svolgere le funzioni di semplice cappellano, oltre a riprendere l’attività d’insegnamento nel vicino seminario di Rennes.
Dopo un appello dei fedeli e accuse di negligenza mosse alla gerarchia parla il primate polacco: “Soltanto ponendoci di fronte alla verità riprestineremo la nostra credibilità. Al primo posto le vittime”.
Il giorno 29 giugno è per Roma una giornata particolare: si festeggiano gli Apostoli Pietro e Paolo. È la festa del Vescovo di Roma, perciò gli occhi di tutti i cattolici del mondo sono rivolti verso il Pontefice che celebra una solenne Eucaristia nella basilica costruita sopra la tomba dell’Apostolo Pietro. E proprio quel giorno particolare per la Chiesa cattolica è stato scelto da un piccolo gruppo di polacchi come data per la pubblicazione del loro appello a Francesco sulle pagine del giornale La Repubblica.
Fra escatologia, filosofia e indagine sociale il teologo Gerhard Lohfink tenta di mettere ordine nel desiderio di vita oltre la vita che pervade l’esistenza umana.
Tradotte in italiano le «Reflexiones espirituales sobre la vida apostólica» scritte da Jorge Mario Bergoglio nel 1987.
Una ricerca che mira dritto al centro. Il piccolo volume di Adriana Valerio, Maria Maddalena. Equivoci, storie, rappresentazioni (Bologna, Il Mulino, 2020, pagine 136, euro 12), accompagna il lettore attraverso due millenni senza nascondere il proprio obiettivo: quello di non fare della «mera filologia archeologica, ma di avviare una rivoluzione ermeneutica (…) toccando il cuore stesso del cristianesimo». La posta in gioco è alta ma, a giudizio dell’autrice, proporzionata a colei che nel seguito di Gesù dovette essere riconosciuta come «la torre», dall’ebraico magdal/migdal da cui l’appellativo che da sempre segue al suo nome.