HUMANAE VITAE – FINALITA’ DELL’AMORE CONIUGALE (2)

By 20 Ottobre 2018Pillole di saggezza

INTRODUZIONE

L’Enciclica, dopo aver esaminato nella prima parte alcune tematiche riguardanti la vita espandendosi a una visione globale, nella seconda si concentra sulla relazione che dovrebbe sussistere tra i coniugi nel contesto del matrimonio, rilevando la connessione inscindibile tra i significati “unitivo” e “procreativo” dell’atto coniugale, dichiarando l’illiceità di alcuni metodi per la regolazione della natalità (aborto, sterilizzazione, contraccezione…) e approvando quelli fondati sul riconoscimento della fertilità.

A queste idee sottostanno le convinzioni che sessualità e linguaggio dell’amore non possono ridursi a elementari e limitate fonti di gratificazioni. Di conseguenza, si comprende il perché l’unione fisica separata dall’amore, svuota l’atto sessuale del suo significato più profondo e più autentico, rivolgendosi unicamente alla genitalità.

LE DIMENSIONI FONDANTI DELL’AMORE

Le caratteristiche fondanti ed essenziali dell’amore, san Paolo VI, le descrive al numero 9 che letto con obiettività e con onestà intellettuale mostra la ricchezza, la grandezza e l’eccellenza del matrimonio cristiano. Per non azzoppare le parole del Papa riportiamo integralmente il paragrafo.

“(l’amore coniugale) è prima di tutto un’amore pienamente umano, vale a dire sensibile e spirituale. Non è quindi semplice trasporto di istinto e di sentimento, ma anche e principalmente è atto della volontà libera, destinato non solo a mantenersi, ma anche ad accrescersi mediante le gioie e i dolori della vita quotidiana; così che gli sposi diventino un cuor solo e un’anima sola, e raggiungano insieme la loro perfezione umana. È poi amore totale, vale a dire una forma tutta speciale di amicizia personale, in cui gli sposi generosamente condividono ogni cosa, senza indebite riserve o calcoli egoistici. Chi ama davvero il proprio consorte, non lo ama soltanto per quanto riceve da lui, ma per se stesso, lieto di poterlo arricchire del dono di sé. È ancora amore fedele ed esclusivo fino alla morte. Così infatti lo concepiscono lo sposo e la sposa nel giorno in cui assumono liberamente e in piena consapevolezza l’impegno del vincolo matrimoniale. Fedeltà che può talvolta essere difficile, ma che sia sempre possibile, e sempre nobile e meritoria, nessuno lo può negare. L’esempio di tanti sposi attraverso i secoli dimostra non solo che essa è conseguenza alla natura del matrimonio, ma altresì che da essa, come da una sorgente, scaturisce una intima e duratura felicità. È infine amore fecondo, che non si esaurisce tutto nella comunione dei coniugi, ma è destinato a continuarsi, suscitando nuove vite. ll matrimonio e l’amore coniugale sono ordinati per loro natura alla procreazione e educazione della prole. I figli infatti sono il preziosissimo dono del matrimonio e contribuiscono moltissimo al bene degli stessi genitori“.

Questa descrizione dovrebbe mutare la visione di molti che identificano nel matrimonio cristiano unicamente una serie di doveri. No, questo matrimonio, è un cammino di autentica felicità. Un’altra riduzione spesso attribuita alla visione cristiana è quella di identificare il matrimonio come un legame basato sui doveri. Paolo VI spazza via questo errore mettendo in primo piano l’amore coniugale: esso è sacramentale, cioè immagine dell’amore di Dio, ma è anche “sensibile e spirituale”; è dunque un amore “totale” e “fedele”. Da queste caratteristiche, nota il Papa, “scaturisce un’intima e duratura felicità”. Il matrimonio, quindi, con tutte le sue complesse dinamiche è innanzitutto un itinerario che conduce alla felicità, anche se costellato di quotidiane difficoltà.

LA FECONDITA’

La fecondità è un atto rilevante e considerevole nel progetto famigliare su cui Humanae Vitae pone un forte accento.

“Qualsiasi atto matrimoniale deve rimanere aperto alla trasmissione della vita” (n.11). Dunque, un principio cardine, desunto dalla natura dell’amore umano e degli atti coniugali, che  esprimono, oltre l’amore tra i coniugi, la loro donazione vicendevole. “Per sua intima natura, l’atto coniugale, mentre unisce con profondissimo vincolo gli sposi, li rende atti alla generazione di nuove vite, secondo leggi scritte nell’essere stesso dell’uomo e della donna” (n. 12).

Di conseguenza, la donazione totale e vicendevole non deve escludere nulla, neppure la possibilità procreativa; diversamente, la donazione è incompleta e l’aspetto sessuale si impoverisce. “Salvaguardando ambedue questi aspetti essenziali, unitivo e procreativo, l’atto coniugale conserva integralmente il senso di mutuo e vero amore e il suo ordinamento all’altissima vocazione dell’uomo alla paternità e alla maternità” (n. 11).

Da notare che Dio elegge gli sposi con la paternità e con la maternità a una particolare collaborazione alla sua azione di Creatore come ricordano i primi capitoli del Libro della Genesi. Al sorgere della storia, quando Dio plasmò l’uomo e la donna a “Sua immagine e somiglianza”, il Creatore agì in “prima persona” (cfr. Libro della Genesi 1,27). In seguito, si avvalse della cooperazione dell’uomo e della donna mediante determinate leggi naturali: “Siate fecondi e moltiplicatevi”(Libro della Genesi, 1,28).

Ne consegue che matrimonio, famiglia e generazione nel progetto iniziale di Dio sono l’espressione naturale della comunicazione dell’amore. Ricorda monsignor M. Camisasca: “l’uomo e la donna si uniscono mettendo in comune dei patrimoni genetici e simbolici che vengono da lontano e che danno origine a un nuovo essere umano. Nel far questo capiscono che la vita che hanno donata è essa stessa un dono che hanno ricevuto. La novità che introduce nel mondo il nuovo nato è una novità assoluta, non una trasformazione di ciò che già esiste. Generare persone, dunque, è una novità universale che esiste in tutti i tempi e in tutti i luoghi della terra. Come ha scritto Hannah Arendt, ‘in ogni nascita un nuovo inizio appare all’interno del mondo, un mondo nuovo è virtualmente giunto all’esistenza’ (La nature du totalitarisme, pg. 342). Questo mondo nuovo è la persona” (24 novembre 2014).

I coniugi, inoltre, cooperano con Dio, non unicamente a livello biologico ma anche spirituale essendo la generazione un evento simultaneo e unitario. Ma, rammentava  Paolo VI: “Nel compito di trasmettere la vita, gli sposi non sono liberi di procedere a proprio arbitrio, come se potessero determinare in modo del tutto autonomo le vie oneste da seguire, ma, al contrario, devono conformare il loro agire all’intenzione creatrice di Dio, espressa nella stessa natura del matrimonio e dei suoi atti, e manifestata dall’insegnamento costante della Chiesa” (n. 10).

Purtroppo, nella nostra società, che ha eclissato il “senso di Dio” e, di conseguenza svanito il valore dell’uomo, si sono smarriti anche la visione sacrale del generare, l’atteggiamento dello stupore e Ie espressioni di ringraziamento.

Da quanto affermato: “è da respingere ogni azione che, o in previsione dell’atto coniugale, o nel suo compimento, o nello sviluppo delle sue conseguenze naturali si proponga come scopo o come mezzo, di impedire la procreazione” (n. 14). Tutto ciò oltrepassa la funzione biologica e l’istintività, esigendo contemporaneamente il dialogo dei sensi e del cuore, la capacità di autocontrollo e il rispetto reciproco.

Don Gian Maria Comolli

(2 continua)