SUICIDI. Tutti abbiamo bisogno di una compagnia che risponda al male di vivere

By 29 Agosto 2018Attualità

Ho provato i brividi di una vita senza orizzonti, un’angoscia simile a quella delle star che si sono tolte la vita (il cuore dell’uomo è lo stesso per tutti, ricchi e poveri).

Il tasso di suicidi è aumentato del 30 per cento negli Stati Uniti dal 1999 al 2016, e durante quest’ultimo anno quasi 45.000 persone si sono tolte la vita, secondo un rapporto delle autorità sanitarie del paese. Nel 2016 è stata la decima causa di morte con il 76,8 per cento di uomini, di cui l’83,6 bianchi. Mentre nel mondo coloro che si tolgono la vita ogni anno sono 800.000, il che suppone un suicidio ogni 40 secondi (fonte: Oms 2016).

Tutti i giornali in Paraguay hanno dato molta importanza ai suicidi del prestigioso stilista Kate Spade (55 anni), del famoso chef, scrittore e star della televisione americana Anthony Bourdain e, infine, al suicidio della sorella della regina dell’Olanda, Inés Zorreguieta. Un panorama veramente drammatico perché reale, del quale i media tornano a parlare quando una star del cinema, della musica, della moda o anche della cucina si toglie la vita. È davvero allarmante la statistica dell’Oms che afferma: «Ogni 40 secondi nel mondo c’è un suicidio». I media, senza alcuna discrezione, rendono certi suicidi l’avvenimento del giorno, ma non cercano mai in profondità la causa di questo fallimento umano, le ragioni, il motivo per cui una persona si toglie la vita. Danno la notizia e voltano pagina, senza nemmeno chiedersi il perché. Non c’è nessuna differenza tra la pubblicità di un dentifricio e la notizia di un suicidio.
In un mondo che gira ad una velocità folle, non c’è tempo per pensare, per ascoltare le grandi domande che definiscono la struttura dell’essere umano. Ma arriva sempre un momento in cui, anche se il mondo gira come un matto, la tua persona non sta più in piedi e non può più fuggire o censurare quelle domande ed esigenze esistenziali che sono la tessitura, l’essenza del cuore umano.
Un mese fa mi sono ammalato gravemente di Dengue, ma non era ancora giunta la mia ora e lentamente, grazie alla Vergine, ho recuperato la salute. Passando molti giorni a letto, si sono risvegliate nella mia testa come un uragano un sacco di domande che riguardavano l’intero arco della mia esistenza, dall’uso della ragione fino ad oggi. Mi è passato davanti agli occhi il film della mia vita, con molti dettagli che pensavo fossero sepolti da decenni. Mi sono così spaventato che ho creduto di cadere in una nuova depressione. Migliaia di domande che credevo ormai sepolte sono tornate a tormentarmi e anche molti dubbi riguardo la mia destinazione finale. Mi sono aggrappato alla preghiera, ho chiesto aiuto al mio direttore spirituale e col tempo è tornata la pace nel mio cuore e nella mia mente. Quanti rosari! Ancora una volta ho provato i brividi di una vita senza orizzonti, un’angoscia simile, credo, a quella delle tre star (il cuore dell’uomo è lo stesso per tutti, ricchi e poveri), di cui ho parlato all’inizio. Ma il dono della fede, l’amore per la Vergine, la grazia di una compagnia, e una libertà mendicante dell’Infinito mi hanno impedito di cadere nell’abisso della disperazione. «Se Dio non c’è, sono ancora capitano io?» si chiedeva uno dei personaggi di Dostoevskij. Cioè, se Dio non c’è, sono ancora un uomo? Quale utilità ha la vita e ciò che sono e faccio? Nessuna e quindi sono un disperato, uno dei possibili 800.000 che si tolgono la vita ogni anno. Ma Dio esiste ed è la mia ragione ad esigerlo, come affermava Ungaretti: «Chiuso fra cose mortali. (Anche il cielo stellato finirà). Perché bramo Dio?».

Una Chiesa di funzionari
In questa situazione dolorosa che caratterizza la vita dell’uomo moderno dov’è la Chiesa, mi chiedeva un amico? Personalmente rare volte ho sentito un pastore parlare di quello che Cesare Pavese definiva come «l’oscuro male di vivere» che tormenta l’uomo moderno, in particolare giovani che vagano senza meta perché ciechi, senza il calore della famiglia, che è la condizione essenziale per lo sviluppo della personalità e senza amici. Tutte le email che ricevo provengono da persone di tutte le età e tutte contengono un grido: “Padre, mi aiuti”, “Padre, se è possibile, desideriamo venire in Paraguay”, come se qui fosse la terra promessa. Mi chiedo: dove siamo noi preti? In chiesa come il santo curato di Ars in attesa delle pecore disperate che cercano aiuto o siamo davanti al computer e attaccati al cellulare?
In una Chiesa dove molti siamo funzionari è difficile trovare qualcuno che ti ascolti, qualcuno sempre disponibile ad abbracciarti, a indicarti il cammino mentre sei perso nella selva della vita. Non sono gli psicofarmaci o gli specialisti della mente (anche se sono un aiuto necessario) la soluzione al malessere, ma l’affetto di qualcuno che cammina ventiquattro ore al giorno con te, con tanta pazienza e tenerezza come ha fatto don Luigi Giussani con me o Virgilio con Dante.
Abbiamo bisogno di qualcuno che sia il manifestarsi “ora” della tenerezza di Dio. Senza questo rapporto non sono “il capitano”, non sono un uomo, ma una barchetta che sarà inghiottita dal mare.Non abbiamo bisogno di consiglieri, ma di “uomini” che ci testimoniano quello che mi scriveva un amico: «Che bello sapere di volerci bene». Era questa certezza che ha permesso agli apostoli di seguire Gesù anche quando il suo linguaggio, la sua proposta era difficile da capire. Oggi più che mai abbiamo bisogno di una Chiesa che ci permetta di vivere la stessa esperienza degli apostoli con Gesù, perché solo così riscopriremo il gusto di vivere e nei momenti difficili non ci lasceremo travolgere dalle onde di un mare spesso in tempesta.

Aldo Trento

Tempi.it, 31 luglio 2018