EDITORIALE – Nella lotta al Coronavirus la medicina ha bisogno della religione e la religione necessita della medicina

By 14 Marzo 2020Coronavirus

Come reazione a un video di Vittorio Sgarbi che ringraziava Papa Francesco per aver fatto riaprire le chiese (https://youtu.be/bdVSD8sKb5g)  e che ho pubblicato su facebook, alcuni hanno affermato: “incoscienti”. Un vocabolo, direi, molto forte! Afferma l’enciclopedia Treccani: “ atteggiamento di chi mostra di non valutare il pericolo cui espone altri o sé stesso agendo inconsideratamente”. Non so se chi l’ha scritto o l’ha pensato ne conosceva il profondo significato, poiché purtroppo siamo abituati a svuotare di contenuto anche i vocaboli più profondamente valoriali. E ciò è errato, poiché come affermava N. Moretti in “Palombella rossa”, le parole sono importanti, posseggono un contenuto, devono assumere uno specifico significato. Quell’ “incoscienti”, però, non mi ha sorpreso, mi ha unicamente sollecitato ad approfondire l’argomento, poiché questa drammatica situazione potrebbe proseguire per molto tempo, in particolare il non poter partecipare alla Messa.

Non sto ad evidenziare il mastodontico significato e valore di ogni Messa che forse anche noi sacerdoti ogni tanto dimentichiamo. Non fu così nei primi secoli del cristianesimo. Il filosofo san Giustino, morto martire a Roma nel 165, in una sua opera (Apologia Prima) ci riferisce che molti, pur di non mancare a questo appuntamento settimanale con il Signore Gesù mettevano a rischio loro vita affermando: “non possiamo vivere senza partecipare alla Messa, la domenica”; per questo sono state costruite le catacombe a Roma. Dunque, i primi cristiani, uscivano di casa e non sapevano se sarebbero ritornati, poiché potevano essere arrestati, torturati ed uccisi dai soldati romani. Una cosa è certa: non rinunciarono però alla Messa della domenica! Questa, purtroppo, non è solo storia del passato ma anche di oggi dato che nel mondo 350milioni di persone sono perseguitate per la loro fede. Forse non sono uccisi se trovati a partecipare alla Messa, ma rischiano il carcere o l’emarginazione sociale.

Dopo questa doverosa premessa, devo dolorosamente costatare che oggi nella lotta al coronavirus il Trascendente è stato emarginato: non c’entra nulla, non ha nulla da insegnare, non può essere di nessun aiuto e conforto… Così ha deciso il nostro Stato laico! “Noi vescovi ci siamo sottomessi a questa decisione, in sé discutibile, del governo, in quanto i rapporti tra Stato e Chiesa sono regolati dal Concordato, ma l’abbiamo accolta per il bene pubblico. Con altrettante franchezza debbo dirle che ci saremmo aspettati che la classe dirigente avesse ascoltato le nostre richieste”. (Intervista a mons. A Raspanti, vicepresidente CEI, in “Il cattolico deve rispettare le leggi ma non tralasci l’assistenza ai malati”, Corriere del Mezzogiorno, pg. 5, 10 marzo 2020). Tesi confermata anche da mons. Cipolla vescovo di Padova: “A noi vescovi è molto dispiaciuto dover prendere atto che non avevamo spazio di manovra!” (https://it.aleteia.org/2020/03/06/coronavirus-video-vescovo-padova-spiega-divieti-messa-e-chiesa-veneto/). Eppure, il salmo 126 afferma: “Se il Signore non costruisce la casa,  invano si affaticano i costruttori. Se il Signore non vigila sulla città, invano veglia la sentinella…”. Da qui il titolo di queste riflessioni. In questa fase difficile abbiamo il dovere di ascoltare la voce della scienza. Dobbiamo farlo tuttavia senza dimenticare quella della fede, perché come ha insegnato san Giovanni Paolo II: “La fede e la ragione sono come le due ali con le quali lo spirito umano s’innalza verso la contemplazione della verità” (Enciclica Fide et ratio n. 22).

Alcune domande a cui cercheremo di risponde.

-L’esigenza religiosa è primaria o secondaria per l’uomo?

-E’ legittimo chiudere le chiese?

E’ accettabile lasciare morire centinaia di persone senza nessun sostegno e consolazione nè religiosa, nè famigliare? E non celebrare il funerale?

-E’ giustificata la sospensione delle Messe? O meglio: come conciliare il “bene pubblico” (che è diverso dal “bene comune”) con il bisogno/esigenza che la persona ha di questo incontro settimanale con il Signore Risorto?

-Perchè nel passato di fronte alle calamità, immediatamente si invocava l’Assoluto e la Vergine Maria con preghiere collettive?

Essendo argomenti da approfondire con cura e attenzione, per non rischiare di cadere nel qualunquismo, offrirò nel tempo alcune riflessioni.

L’esigenza religiosa è primaria o secondaria per l’uomo? E’ ragionevole lasciare le  chiese aperte?

Molti organi d’informazione rispondono positivamente alla domanda “se siamo autorizzati ad uscire di casa per fare jogging o una passeggiata”, ma a due condizioni: che la persona sia sola e che mantenga le distanze di sicurezza. Da ciò deduco, poiché nessuno ha fornito una risposta, che è legittimo anche recarsi in chiesa a pregare personalmente il Signore Gesù, spesso esposto nel Santissimo Sacramento, senza sentirsi apostrofare “incosciente”, se osserva le due indicazioni evidenziate. E’ questo l’invito che rivolgo a tutti perché SOLO LUI, e non mi stancherò di ripete il concetto, permetterà che “#tuttoandràbene”. Senza il Suo aiuto, pur con il massimo impegno degli operatori sanitari cui dobbiamo essere veramente riconoscenti, questo slogan è illusorio e falsamente consolatorio.

La religiosità, ossia l’apertura al trascendente, è un’ esigenza “primaria” per l’uomo? Su questo argomento ci sono biblioteche di libri, ma io “minimizzerò” non potendo fare altrimenti e quindi mi scuso con filosofi e teologi.

Per prima cosa è opportuno chiarire chi è l’uomo, e qui mi richiamo al filosofo Emmanuel Mounier che offre dell’uomo una definizione breve ma completa. L’uomo è: “la tensione di tre dimensioni: quella che sale dal basso e l’incarna in un corpo; quella che è diretta verso l’alto e lo solleva verso un Assoluto; quella che è diretta verso il largo e lo porta verso una comunione” (Le personnalisme). Dunque, corpo, spirito e fraternità, per il “padre” del personalismo Ontologico, sono le tre dimensioni fondamentali di ogni persona, quindi quello religioso è un “bisogno primario”.

Perché? Anche qui le risposte sono migliaia; io ne ho scelte due. Sant’Agostino,  all’inizio del suo libro più famoso, afferma: “Ci hai fatti per te, Signore, e il nostro cuore è inquieto finché non riposa in te” (Confessioni). Il filosofo Severino Boezio ricorda che la serenità autentica non consiste nel possedere tutti i beni, ma si realizza unicamente ricercando Dio (cfr. De consolatione philosophia, 3,2), poiché “nessuno è buono, se non Dio solo” (Mc. 10.18). Queste due citazioni esprimono efficacemente il bisogno insopprimibile che spinge l’uomo a individuare la serenità in Dio e a chiedergli il dono della speranza, poiché “mentre la paura ti rende prigioniero, la speranza ti rende libero” (Dal film: “Le ali della libertà” (1994) del regista Frank Darabont).

E’ vero, come molti affermano, che possiamo pregare Dio in ogni luogo, e oggi molteplici strumenti di comunicazione ci guidano nella preghiera anche nella nostra abitazione. Ma è altrettanto vero, come già affermato, che il recarsi in Chiesa a pregare individualmente non reca danni a se stessi e agli altri; perché proibirlo? Allora, un grazie a papa Francesco che venerdì ha fatto riaprire tutte le chiese, e alle varie Conferenze Episcopali Regionali che non hanno ceduto a un’assurda richiesta dello Stato laico.

Don Gian Maria Comolli