CENTRO STUDI LIVATINO – Ammortizzatori sociali: uscire dal labirinto – 2

By 5 Giugno 2020Coronavirus

1.Il filo conduttore che lega gran parte degli interventi pubblicati su questo sito è fare attenzione a che provvedimenti varati in situazione d’emergenza non sopravvivano – nel merito e nel metodo – alla sua conclusione; che cioè il provvisorio non diventi stabile, e l’eccezionale non si stabilizzi in ordinario. Ma in tema di ammortizzatori sociali è necessario che la consapevolezza riemersa in fase emergenziale non venga abbandonata, bensì stimoli interventi che proseguano nella direzione intrapresa, nella prospettiva di una profonda riforma di un sistema del quale ieri si sono sintetizzate la complessità e la disomogeneità.

I tentativi di intervento per le imprese che attraversano fasi critiche effettuati con le disposizioni normative emergenziali degli ultimi mesi hanno confermato i gravi problemi e i limiti già esistenti nelle disposizioni ordinarie. Non appena è apparso evidente che l’emergenza sanitaria causata dalla diffusione del Covid-19 sarebbe diventata anche emergenza economica non contingente, il Governo è intervenuto per tentare modifiche al sistema degli ammortizzatori sociali, improntate a semplificazione procedurale, accorciamento dei tempi e riduzione dei costi in capo alle aziende, pur se ciò non è riuscito felicemente.

A prescindere dalla valutazione dell’efficacia di tali interventi – parziali e non risolutivi dei problemi di maggior rilievo – ciò conferma la consapevolezza

  1. a) che il sistema necessita rettifiche serie,
  2. b) che così com’è non è idoneo a fronteggiare con efficacia situazioni critiche,
  3. c) che ulteriori interventi vanno effettuati senza ritardo su modalità e procedure che limitano fortemente il conseguimento dei loro obiettivi.

2.Un intervento di temporanea modifica del sistema in logica emergenziale suona come excusatio non petita rispetto all’accusatio manifesta dei suoi limiti strutturali. Un primo, tempestivo, intervento di riforma non dovrebbe trascurare i profili che seguono:

  • drastica riduzione degli strumenti disponibili, concentrando le tante e diversificate tipologie di Casse e di Fondi su un unico strumento, o comunque su un numero limitato, qualora risulti ragionevole conservare una diversificazione;
  • accentramento della competenza su unico soggetto istituzionale, per tutti gli aspetti;
  • unica procedura applicabile da qualunque azienda, superando l’attuale frammentazione fatta di tempistiche e modalità differenziate, e accorciamento dell’iter;
  • drastica riduzione della quantità e massima semplificazione degli adempimenti, eliminando la richiesta di tutti i dati effettivamente non necessari e di quelli già in possesso della Pubblica Amministrazione;
  • in conseguenza di quanto sopra, contenimento dei tempi per l’espletamento dell’intera procedura per l’applicazione dell’ammortizzatore sociale;
  • efficientamento del sistema dei pagamenti dell’Inps, che garantisca la continuità degli introiti mensili per i lavoratori: conservando la prerogativa in capo all’ente previdenziale, e quindi superando l’attuale sistema che vede l’impresa supplire all’inefficienza statale, quando invece, essendo il soggetto in difficoltà, essa ha necessità più di risparmiare che di spendere. Ed evitando forme alternative con coinvolgimento di soggetti terzi, come il sistema bancario, che inevitabilmente genera a sua volta adempimenti, garanzie, individuazione di responsabilità: non funzionali e poco opportuni in periodi già caratterizzati da forti problemi per aziende e lavoratori.

3.Come ogni buona riforma, il metodo per impostarla deve passare dall’ascolto di chi opera concretamente: quindi, oltre che dei sindacati e delle associazioni datoriali, delle categorie professionali competenti, dai consulenti del lavoro ai commercialisti, agli avvocati giuslavoristi [1]. In tempi di crisi, tempi e modi per applicare strumenti e procedure sono sostanza: determinano la qualità dell’intervento pubblico, mostrano il volto concreto della relazione fra lo Stato e la società, e per questo dovrebbero esprimere un modello in cui lo Stato interviene solo nella misura dello stretto necessario, ma in modo efficiente ed efficace. Un modello che garantisca alle imprese quel subsidium che occorre per aiutare a superare un periodo critico, per poi ritirarsi e lasciarle riprendere, in autonomia, la strada che le è propria, col proprio carico di responsabilità nella dinamica delle relazioni con i lavoratori e le loro  rappresentanze; un modello libero dalle pesantezze burocratiche che caratterizzano un sistema assistenzialistico, senza mancare quando serve, in piena attuazione di quello Stato sociale delineato dall’art. 3 co. 2 Cost., che assegna alla Repubblica il compito di “rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese”.

In esso l’iniziativa economica privata è anzitutto “libera”, ma per potersi svolgere non “in contrasto con l’utilità sociale o in modo da recare danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana” (art. 41 Cost.) esige che i soggetti privati che operano assumendosi gli oneri e le responsabilità di tale iniziativa sperimentino nel momento della difficoltà la concreta vicinanza di chi ha la responsabilità pubblica del bene comune, affinché li sostenga nel perseguimento dei fini loro propri. Garantire il facile accesso a strumenti di sostegno per superare i problemi contingenti che può incontrare chi svolge un ruolo imprescindibile per creare lavoro – condizione importante per il bene delle persone – è espressione di una Repubblica che “tutela il lavoro in tutte le sue forme ed applicazioni” (art. 35 Cost.), e che contribuisce a rendere effettivo il diritto del lavoratore “ad una retribuzione proporzionata alla quantità e qualità del suo lavoro e in ogni caso sufficiente ad assicurare a sé e alla famiglia un’esistenza libera e dignitosa” (art. 36 Cost.).

Con approccio realistico, e quindi immaginando azioni graduali, i primi interventi, nel breve periodo, andrebbero adottati lasciando inalterata l’attuale impostazione del sistema, ma mutandone in modo significativo le caratteristiche nel segno della fluidità e della speditezza. Contestualmente, appare opportuno avviare una seria riflessione in prospettiva più ampia, che nel medio periodo ridisegni l’intera configurazione del sistema: ripensando l’individuazione dei soggetti che debbano esserne il cardine, il loro ruolo, l’assetto dei loro rapporti in via ordinaria, la dinamica delle relazioni nei momenti in cui occorrono le azioni di sostegno, nel perseguimento degli obiettivi di tutela delle persone e dell’equità sociale.

Senza “barriere all’ingresso” tese all’arroccamento difensivo di impianti teorici o di situazioni di fatto consolidate, è ineludibile un’elaborazione che coniughi buoni principi e pragmatismo, per dare nuovo valore al sistema di sostegno alle imprese e ai lavoratori sul territorio italiano, e per farlo apprezzare fuori dai confini nazionali, con capacità attrattiva per gli operatori non italiani.

Avv. Roberto Respinti

Centro Studi Livatino

5 giugno 2020

[1] Cfr. ad esempio, in fase emergenziale: Consulenti del Lavoro, Stati Generali 1/4/2020, Mozione finale, in http://www.consulentidellavoro.it

Ammortizzatori sociali: uscire dal labirinto – 2