Quanti di voi sanno come è affrontato e regolamentato il “fine vita” in Italia?

Una sintesi delle leggi, che disciplinano questa delicata materia, delinea un percorso che di fatto ha aperto la strada alla eutanasia, che è riconosciuta ed applicata in Italia.

CURE PALLIATIVE

La legge n. 38 del 2010 definisce che le cure palliative rappresentano un diritto inviolabile di ogni cittadino. Questa legge è di fondamentale importanza per l’assistenza dei malati cronici in fase avanzata, tiene conto del controllo del dolore, dei sintomi e dei problemi psicologici, sociali e spirituali della persona.

Sono cure che offrono ai malati la possibilità di terminare la propria vita in modo naturale, con minor sofferenza possibile, salvaguardando il valore della relazione tra chi cura e chi viene curato.

Fa parte delle cure palliative la sedazione profonda, una dose di sedativi che portano a una perdita della coscienza nel caso in cui sussistano tutte e contemporaneamente queste condizioni:

  • morte imminente (cioè ore o giorni di vita) e non stato “terminale” (che può significare anche avere ancora mesi di vita);
  • patologia inguaribile a uno stadio avanzato;
  • sintomi “refrattari” alle terapie, cioè condizioni di sofferenza, fisica (ad esempio dolore o difficoltà di respirazione) o psichica (come profonda angoscia per la consapevolezza dell’avvicinarsi della fine), che non può essere alleviata con altri farmaci o trattamenti.

RIFIUTO TRATTAMENTI SANITARI

Con la legge 219/2017 è stata disciplinata la possibilità per il malato di:

  • rifiutare o sospendere qualsiasi terapia, ivi incluse quelle salvavita
  • rifiutare idratazione e alimentazione artificiale.

DISPOSIZIONI ANTICIPATE DI TRATTAMENTO (DAT)

La sottoscrizione del testamento biologico così come definito dalla legge 219/2017, “norme in materia di consenso informato e di disposizioni anticipate di trattamento”

Ogni persona maggiorenne e capace di intendere e volere può lasciare proprie indicazioni ai medici circa i trattamenti sanitari che in futuro vorrà accettare o rifiutare nel momento in cui si trovasse in una condizione di:

  • malattia giudicata irreversibile,
  • associata a grave disturbo cognitivo,
  • tale da compromettere le sue capacità di coscienza o giudizio o di comprensibile espressione.

INTERRUZIONE DELLE TERAPIE in assenza di DAT

IL 23 settembre 2019 il Tribunale di Roma, IX Sezione Civile, Ufficio del Giudice Tutelare, con provvedimento in base all’art. 3 della Legge 22 dicembre 2017, n. 219 dispone che l’amministratore di sostegno con la rappresentanza esclusiva in ambito sanitario della persona amministrata, in assenza di contrasti, esprime in modo esclusivo il consenso e può decidere quindi la sospensione dei trattamenti sanitari del malato, nei quali rientrano anche idratazione ed alimentazione.

ASSISTENZA MEDICA AL SUICIDIO

La Corte Costituzionale apre al suicidio assistito con la con la sentenza 242/201.

La Consulta ritiene non punibile secondo l’art 580 c.p. “chi agevola l’esecuzione del proposito di suicidio di un paziente affetto da una patologia irreversibile”.

Questa sentenza, che prevede la non punibilità di chi agevola il suicidio di un altro essere umano, prevede dei paletti che non soddisfano coloro che vogliono legittimare l’omicidio.

I paletti riguardano:

  • paziente tenuto in vita da trattamenti di sostegno vitale;
  • pienamente capace di intendere e volere;
  • affetto da patologia irreversibile,
  • fonte di sofferenze fisiche o psicologiche che reputa insopportabili;

Il Servizio sanitario nazionale accertate le condizioni rende il suicidio applicabile.

Da notare che la sofferenza psicologica è sempre qualcosa di molto soggettivo e non si può “misurare”.

Pertanto il suicidio è previsto anche SOLO per una sofferenza psicologica e non fisica. E questo fa riflettere molto sulla deriva possibile che si è già aperta.

EUTANASIA

Ma che cosa è l’eutanasia, cosa si intende con l’uso di questa parola?

Secondo la definizione data dal vocabolario Treccani eutanasia è “l’azione od omissione che, per sua natura e nelle intenzioni di chi agisce (eutanasia attiva) o si astiene dall’agire (eutanasia passiva), procura anticipatamente la morte di un malato allo scopo di alleviarne le sofferenze”.

Quindi per fare chiarezza:

  • Eutanasia passiva il medico si astiene dal praticare cure volte a tenere in vita il malato;
  • Eutanasia attiva il medico causa, direttamente, la morte del malato con la somministrazione del farmaco;
  • Suicidio assistito il medico prescrive il farmaco che viene autosomministrato dal paziente in modo autonomo.

Alla luce del quadro normativo sopra delineato, possiamo dire che in Italia è già praticata l’eutanasia, e mente chi dichiara il contrario, infatti:

  • l’eutanasia passiva rientra nella casistica della legge 219/17
  • l’aiuto al suicidio è riconosciuto dalla sentenza della Corte Costituzionale 242/19

Il pericolo della eutanasia attiva

L’eutanasia attiva è un omicidio poiché prevede il diritto di farsi uccidere da altri.

Con l’abrogazione dell’art. 579 c.p. che recita “Chiunque cagiona la morte di un uomo, col consenso di lui, è punito con la reclusione da sei a quindici anni”, si sospende il divieto assoluto di omicidio, con conseguenze gravissime di ordine sociale che meritano una analisi dettagliata. Per ora vi invitiamo a porre l’attenzione sulla falsità della questione: non è di diritto individuale, come e quando morire, ma è una questione di ordine sociale, perché si permette ad alcuni di uccidere altri.

Chi uccide una persona giustificando il fatto che è stato richiesto dalla vittima, potrà farlo senza essere punito.

Si potrà liberamente scegliere se essere vittima o assassino, tutto nel rispetto della legge!

SIAMO COSI’

Germana Biagioni

26 gennaio 2022