CORONAVIRUS, L’OGGI E IL DOMANI: Globalizzaziobe e solidarietà da ripensare – Riflessioni di Mons. Crepaldi(5)

Continuiamo l’analisi del Documento di Mons. Giampaolo Crepaldi, arcivescovo di Trieste.

Mons. Crepaldi nelle scorse settimane ci sta spiegando i motivi per cui “nulla sarà come prima”. Osservando la natura, propone “un nuovo rapporto con la natura” che abbandoni il “naturalismo ideologico. Osservando la società ha sviluppato gli argomenti del “bene comune” e del “principio di sussidiarietà”. Oggi, il suo sguardo, si allarga al mondo con una riflessione sulla globalizzazione e la sovranità da ripensare.

Globalizzazione e sovranità da ripensare

L’esperienza in atto del coronavirus impone di riconsiderare anche i due concetti di globalizzazione e disovranità nazionale. C’è una globalizzazione che intende l’intero pianeta come un “sistema” di rigide connessioni e incastri, una costruzione artificiale governata da addetti ai lavori, una serie di vasi comunicanti apparentemente incrollabili. Una simileconcezione si è però rivelata anche debole perché basta colpire il sistema in un punto e si crea un effetto domino a valanga. L’epidemia può mettere in crisi il sistema sanitario, le quarantene mettono in crisi il sistema produttivo, questo fa crollare ilsistema economico, povertà e disoccupazione non alimentano più il sistema del credito, l’indebolimento della popolazione la espone a nuove epidemie e così via in una serie di circoli viziosi ad estensione planetaria. La globalizzazione presentava fino a ieri i suoi fasti e le sue glorie di perfetto funzionamento tecnico-funzionale, di indiscutibile sicumera circa l’obsolescenza di Stati e nazioni, di assoluto valore della “società aperta”: un unico mondo, un’unica religione, un’unica morale universale, un unico popolo mondialista, un’unica autorità mondiale. Però poi può bastare un virus per far crollare il sistema, dato che i livelli non globali delle risposte sono stati disabilitati. L’esperienza che stiamo vivendo ci mette in guardia da una “società aperta” intesa in questo modo, sia perché essa si pone nelle mani del potere di pochi, sia perché altre poche mani potrebbero farla cadere in fretta come un castello di carte. Ciò non significa negare l’importanza della collaborazione internazionale che proprio le pandemie richiedono, ma una simile collaborazione non ha nulla a che fare con strutture collettive, meccaniche, automatiche e globalmente sistemiche

(https://www.diocesi.trieste.it/2020/03/20/coronavirus-loggi-e-il-domani/)

Fine quinta parte (continua)