DOTTRINA SOCIALE DELLA CHIESA – La promozione della pace (1)

By 5 Ottobre 2025Pillole di saggezza

Oggi iniziamo una nuova riflessione seguendo il Compendio della Dottrina Sociale della Chiesa e riguarda la “promozione della pace” tema attualissimo. L’argomento è trattato nel capitolo undicesimo suddiviso in quattro parti: Aspetti biblici; Pace: frutto della giustizia e della carità; Il fallimento della pace, cioè la guerra; Il contributo della Chiesa alla pace.

1.Aspetti biblici

Il Libro dei Giudici presenta Dio come “Signore-Pace” (cfr. Gdc. 6,24), una caratteristica tra le molte che l’Antico Testamento attribuisce al Creatore. La pace, inoltre, è un’esperienza di vita; per questo, nell’articolazione della rivelazione biblica, essa è molto più dell’ assenza di guerra, corrispondendo alla “pienezza della vita”, anche sociale (cfr. Mal. 2,5). Ebbene, la pace, è benedizione di Dio, fecondità, benessere, prosperità, assenza di paura e gioia profonda.

Il Compendio specifica che la promessa di pace presente in tutto l’Antico Testamento trovò il pieno e totale compimento in Gesù Cristo: «la pace, infatti, è il bene messianico per eccellenza, nel quale vengono compresi tutti gli altri beni salvifici» (491). Il Signore Gesù, ricorda san Paolo: «è la nostra pace» (Ef. 2,14), infatti, prima della passione e della morte in croce, Egli fece agli apostoli questa specifica promessa: «Vi lascio la pace, vi do la mia pace. Non come la dà il mondo, io la do a voi» (Gv. 14,27). Un “impegno”, più volte riconfermato anche dopo la risurrezione salutando gli undici con l’affermazione: «Pace a voi» (cfr. Lc 24,36; Gv 20,19.21.26).

Qual è il contenuto della pace che Cristo dona? La riconciliazione con Dio che ha come conseguenza la pacificazione tra gli uomini (cfr. Compendio 492). La pace offerta dal Signore Gesù è anche la missione del discepolo che manifestandosi artefice di pace, come afferma il Compendio, «partecipa del Regno di Dio, secondo quanto Gesù stesso proclama: “Beati gli operatori di pace, perché saranno chiamati figli di Dio(Mt. 5,9)» (492).

 2.Pace: frutto della giustizia e della carità

Cos’è la pace? Come si costruisce? Come si tutela?

Così risponde il Compendio: «la pace non è semplicemente assenza di guerra e neppure uno stabile equilibrio tra forze avversarie, ma si fonda su una corretta concezione della persona umana e richiede l’edificazione di un ordine secondo giustizia e carità» (496).

Ebbene, secondo il nostro Documento, la pace è il risultato di due virtù.

La giustizia, «intesa in senso ampio come il rispetto dell’equilibrio di tutte le dimensioni della persona umana» (494), oltre che come rettitudine sociale e promozione e difesa dei diritti umani. Ma la giustizia va intersecata con “l’amore-carità” che racchiude tutti gli “ingredienti spirituali” della riconciliazione, poiché alla giustizia spetta solo rimuovere gli impedimenti: dalla provocazione al danno, dall’offesa alle lesioni (cfr. 494). A questo punto, allora, è opportuno ricordare alcuni suggerimenti presenti nell’inno alla carità di San Paolo: «La carità è paziente, è benigna la carità; non è invidiosa la carità, non si vanta, non si gonfia, non manca di rispetto, non cerca il suo interesse, non si adira, non tiene conto del male ricevuto, non gode dell’ingiustizia, ma si compiace della verità. Tutto copre, tutto crede, tutto spera, tutto sopporta. La carità non avrà mai fine» (Cor. 13,4-8).

Dal brano deduciamo che la pace ha come punto di partenza la dimensione individuale e va edificata, giorno per giorno, superando tensioni, ostilità, attriti e disaccordi, poiché come ammoniva Giovanni XXIII: «la pace non è tanto questione di strutture, quanto di persone» (Giovanni XXIII, Enciclica Pacem in terris, 9). Ovviamente, strutture e procedure di pace di ordine legale e giuridico sono indiscutibilmente indispensabili, ma occorre primariamente per “una cultura di pace” che germini «dalla vita di persone che coltivano nel proprio animo costanti atteggiamenti di pace» (Pacem in terris, 9).

Ebbene, la pace che rappresenta un valore per la maggioranza degli uomini, occorre edificarla quotidianamente per superare il rischio denunciato dal profeta Geremia: «Tutti parlano di pace, ma pace non c’è» (Ger. 6,14). Come illustra il Compendio, per prevenire conflitti e violenze, è imprescindibile che la pace sia «vissuta come valore profondo nell’intimo di ogni persona: solo così può estendersi nelle famiglie e nelle diverse forme di aggregazione sociale, fino a coinvolgere l’intera comunità politica» (495).

Essendo contemporaneamente un ideale, un valore e una virtù va interiorizzata, cioè fatta propria; diversamente, tra valore e comportamento, vi sarà sempre contraddizione. Pertanto, finché non è presente nell’intimo della persona, è improbabile che la pace possa influenzare le comunità.

Infine, confutando la convinzione che la violenza possa costituire in casi estremi la “giusta risposta”, il Compendio ribadisce che il fondamento dell’agire del cristiano deve corrispondere «alla verità della nostra fede e alla verità della nostra umanità» (496).

Don Gian Maria Comolli (fine prima parte)