Un cambiamento d’epoca

By 26 Novembre 2019Attualità

Cambiamento d’epoca Abbiamo sentito ripetere da papa Francesco che questa non è un’epoca di cambiamenti, ma un cambiamento d’epoca. Si tratta di una nuova fase, di cui forse uno dei segnali più significativi è la globalizzazione. Questa non obbedisce a logiche parziali dei singoli Stati. Il passaggio a misure internazionali dovrà obbedire a logiche globali, con una governance armonizzata.

Cambiamento d’epoca Abbiamo sentito ripetere da papa Francesco che questa non è un’epoca di cambiamenti, ma un cambiamento d’epoca. Si tratta di una nuova fase, di cui forse uno dei segnali più significativi è la globalizzazione. Questa non obbedisce a logiche parziali dei singoli Stati. Il passaggio a misure internazionali dovrà obbedire a logiche globali, con una governance armonizzata. L’Europa, che fino alla Seconda guerra mondiale teneva in pugno l’intero pianeta, è ora assente dagli scenari più importanti. L’Occidente non è più il centro decisionale della vita politica internazionale. Un fatto emblematico è la polemica sollevata da Jair Bolsonaro sulla gestione autonoma dell’Amazzonia da parte del Brasile. Nella logica dei sovranismi, Macron non può rimproverargli nulla, anche se questa foresta pluviale è il polmone del mondo. Se è così, se l’Amazzonia appartiene al mondo, allora tutti se ne devono curare. E se ci si occupa delle terre, come non curarsi delle popolazioni? Di conseguenza, ci si deve occupare anche di tutte le zone dell’Africa rese aride dallo sfruttamento e delle popolazioni che le abitano, prima che cerchino altrove migliori condizioni di vita. Sul piano morale dobbiamo ricordare gli effetti del nostro colonialismo e delle conquiste armate delle terre di altri continenti. L’eredità delle guerre del ’900 in Medio Oriente sta producendo ora i suoi frutti. Dalle varie occupazioni e distribuzioni di allora sono originati i problemi della Turchia e della Siria, dei Kurdi, dello Yemen, della Palestina e di Israele, dell’Iran e dell’Iraq; per non dire poi del Vietnam. Le migrazioni sono il risultato di errori storici dell’Occidente. È assurdo ora chiudersi nei sovranismi. È una grave miopia che impedisce di vedere i fenomeni nella loro grandezza. Chi potrà frenare le migrazioni di popolazioni affamate? Chi potrà frenare il mercato finanziario ed economico globale? Chi potrà sognare di vivere in autarchia? Come fermare quelli che aizzano le popolazioni che subiscono i contraccolpi dei fenomeni? Il cambiamento d’epoca è in atto e la globalizzazione, con pregi e difetti, è inarrestabile. Conviene avere un saggio governo invece di uno chiuso, che non vuole vedere. Occorre difendere e promuovere i diritti e la dignità di uomini e popolazioni. L’Occidente può avere un ruolo se si libera del capitalismo selvaggio dell’ultimo periodo, il turbocapitalismo finanziario che ha impoverito non solo il Sud del mondo; può avere un ruolo sul piano culturale se è capace di rielaborare, in fase di globalizzazione, nuove modalità di promuovere i diritti e la dignità umana.

Franco Appi

5 novembre 2019

Razzismo negli stadi. Smulevich: “Basta con le congiunzioni avversative: sì, è grave ma…”