TEMPI.IT – «Ho partorito mia sorella»

By 31 Dicembre 2020Articoli Bioetica 2018

Miracoli del vitro, della surrogata e della pandemia, al supermercato del diritto al figlio nascono genitori di tutte le età e senza scocciature matrimoniali

Nel 2019 Cecile Eledge, 61 anni, dà alla luce una bambina concepita in vitro con i gameti di suo figlio, omosessuale, e della sorella del suo compagno

«Ho dato alla luce mia sorella»: fino all’anno scorso Hollie Summers, seconda di tre fratelli, aveva una bambina di tre anni, Arwen, e una madre, Faye, alle soglie dei cinquanta che dal 2006, da quando aveva incontrato un nuovo compagno, era consumata da «un profondo bisogno di prendersi cura e amare un’altra piccola vita». Eppure il corpo di Faye non riusciva a trasformare i tentativi in gravidanza, «era così ingiusto: perché la mamma non poteva avere il bambino che desiderava così disperatamente?», pensava Hollie, fissando quello «sguardo d’amore» che nonna Faye aveva per la nipote Arwen. Così decise di aiutarla. Faye aveva da parte degli ovuli congelati, il compagno poteva fornire lo sperma, «potrei farti da surrogata, mamma, perché non proviamo?».

La gioia divenne in fretta delusione: i gameti di Faye, spiegò loro il medico, non erano vitali. Sentendo il cuore della madre spezzarsi e guardando sua figlia Arwen, Hollie capì cosa doveva fare, «se non posso essere una surrogata gestazionale potrei essere una madre tradizionale. Potrei essere la donatrice di ovuli oltre che la portatrice» per mettere al mondo quella che, non c’erano dubbi, non sarebbe certo una figlia «ma solo una sorella, niente di più». Così due mesi fa è nata Willow, allattata e amata da Hollie in modo diverso da una figlia, «la mamma ama profondamente Arwen e farebbe qualsiasi cosa per lei. Ma lei non è sua figlia. Ed è così che mi sento per Willow. Siamo sorelle e lo saremo sempre». Oggi perché Hollie Summers possa dire di avere tre fratelli e una figlia al posto di due fratelli e due figlie mancano solo due cose: il riconoscimento legale di nonna Faye quale madre della neonata. E raccontare a Willow, man mano che crescerà, tutta la verità, «sarà stata anche una procedura insolita ma è venuta al mondo con così tanto amore. Ed è tutto ciò che conta».

FIGLIA DELLA NONNA E SORELLA DELLA MADRE

Niente affitto, solo affetto, mica per nulla il teatrino sentimentale di Hollie, l’ennesima storia di bambini prodotti e glassati per la gioia degli adulti è stato confezionato per il giorno di Natale dal Daily Mail. Ma è solo l’ultima in ordine di tempo disponibile al blockbuster della surrogata. Mentre Hollie dava alla luce una bimba che chiama sorella, Lisa Rutherford, 54 anni, partoriva sua nipote Everly il 1 ottobre, mentre sua figlia, Kelsi Pierce, 31 anni, partoriva Ava, sorella di Everly, il 23 novembre. Questa volta a darsi da fare con l’ennesima gestazione “altruistica” è People, «voglio un bambino, farei qualsiasi cosa per averlo», pensava Kelsi dopo essersi sposata e sottoposta a trattamenti in vitro senza successo. Così decise di accettare l’offerta della madre, che proprio leggendo People si era imbattuta in una storia di surrogata gestazionale per un caso analogo. Il 15 febbraio Lisa fece un test: era incinta, trent’anni dopo aver partorito Kelsi avrebbe partorito il bambino di Kelsi. Il 24 marzo anche Kelsi fece un test: smessi tutti i trattamenti per la fertilità e archiviata l’idea di poter avere un figlio scoprì di aspettarne uno. «È così folle, emozionante», ha pensato Kelsi, «forse questo è il modo in cui Dio le permette di avere due figli» ha pensato Lisa. Madre/nonna e madre/figlia assicurano che essere incinta contemporaneamente è stato super divertente. Everly (nata prematura e tornata a casa dalla terapia intensiva poco prima che nascesse arrivata Ava) è figlia di sua nonna e sorella di sua madre.

LA MAMMA-NONNA, IL PADRE-ZIO, LA ZIA-MAMMA

Pensavamo di averne abbastanza di attrezzature linguistiche per seppellire di melassa il gioco di adulti che si regalano bimbi come bambolotti dopo avere letto, visto le foto e ascoltato su ogni tv e ogni giornale la storia di Cecile Eledge, 61enne del Nebraska che un anno e mezzo fa ha partorito la “figlia di suo figlio”. Matthew è il padre biologico (ha messo il seme) ma anche il fratello di sua figlia Uma; Elliot è il padre legale (ha sposato Matthew) ma anche lo zio di Uma; Lea è la zia ma anche la mamma biologica (ha messo l’ovulo) di Uma. E Cecile è la mamma naturale ma è anche la nonna di Uma (ha messo l’utero e partorito la vita nata dalla fecondazione del seme di suo figlio Matthew dell’ovulo della cognata Lea). O quella grottesca della nonna surrogata Patty Resecker, che due anni fa ha dato alla luce il “figlio di suo figlio”, ripresa da tutti, dal Corriere a Vanity Fair, con dovizia di filmini, saltelli e moine: di «dolce miracolo», «brivido di felicità» si è tanto letto e parlato per non scrivere che era nato da una nonna-mamma un figlio-nipote di un papà-fratello. Ma da allora le storie di Cecile, Patty, Lisa, Faye, attempate signore in servizio permanente alla causa dell’”amore” per dare alla luce il prodotto più prezioso e ambito nel superedditizio mercato dei desideri, si sono moltiplicate, accanto alle sentenze delle corti perché agli intestatari del prodotto non manchi nulla: diritti, rispetto, onori della cronaca. Basta qualche mitragliata di ormoni e il fervorino antistigma sociale. E c’è di più.

IL CO-GENITORE PLATONICO

«Ben radicata nelle comunità gay, insieme alla donazione di ovuli e sperma, è in aumento tra i single eterosessuali la co-genitorialità platonica»: così il Guardian parlando dei picchi di traffico registrati durante la pandemia sui portali di parental matchmaking (da Coparents, a Modamily a PollenTree) ad essa dedicati. E cos’è la co-genitorialità platonica? Un’evoluzione naïf e molto progressivamente aggiornata della catena di montaggio riproduttiva: due adulti che vogliono un figlio esente le “complicazioni” del rapporto di coppia. Cioè niente affetto, basta il prodotto, dividendo costi e oneri. Due adulti scelti da un algoritmo, che stipulano un accordo, vanno a letto previo scambio di screening medici sulle malattie a trasmissione sessuale oppure vanno in laboratorio a fare l’inseminazione artificiale o, se soffrono problemi di fertilità, in vitro. Nasce un bambino che secondo la professoressa Susan Golombok, direttrice del Center for Family Research dell’Università di Cambridge e autrice di We Are Family (studio sui figli della fecondazione in vitro, donazione di sperma e ovuli e maternità surrogata, nonché di madri lesbiche, padri gay o single) che segue decine di famiglie di co-genitori elettivi, non avrà da soffrire dalla situazione, «escludere il bagaglio romantico dalla relazione genitoriale può persino creare un ambiente più stabile».

MEGLIO UN FIGLIO SENZA AMORE

Questi bambini infatti sono «fortemente voluti», la preoccupazione è un’altra, o meglio la stessa che avevano da soffrire i figli della surrogata prima che le gli Elton John, le Kim Kardashian facessero delle Cecile e delle Patty le vestali del progesso vitale: verranno discriminati, bullizzati, stigmatizzati questi figli di un progetto genitoriale a causa della loro famiglia? I vantaggi sono indiscutibili: non serve aspettare l’uomo giusto o il momento giusto, la gravidanza può essere procrastinata per fare carriera e decisa senza condizionamenti dovuti alla situazione finanziaria, soprattutto – sentite Vanity Fair – «fare e crescere un figlio può esercitare una grande pressione su una relazione sentimentale e lo stress a volte può anche portare a una separazione o al divorzio. Per evitare questo tipo di situazioni, rimanere amici piuttosto che essere innamorati consente alle persone che scelgono questa situazione di evitare molti dei problemi legati a una rottura. Il rispetto e il sostegno reciproco è facilitato e, di conseguenza, il benessere del bambino è più facilmente garantito». Nelle storie narrate dal Guardian i figli vivono a turno nelle case dei co-genitori che spesso poi si trovano altri partner, fanno altri figli, altre famiglie. «Nostro figlio non vede mamma e papà baciarsi e coccolarsi nella stessa casa, ma vede che è amato e desiderato, moltissimo, da noi due». Due che al supermercato dei diritti hanno acquistato quello di genitore. Due col diritto di ottenere quello che vogliono senza fingere nemmeno che si chiami amore.

Caterina Giojelli

31 dicembre 2020

«Ho partorito mia sorella»