Denatalità. L’Italia senza bambini: in un anno perse altre 9mila culle

By 19 Febbraio 2019Attualità

Cala la popolazione: nel 2018 nuovo minimo storico delle nascite. Più partenze che ritorni. La fotografia sconfortante dell’Istat.

Cala la popolazione italiana, che continua ad invecchiare, e le nascite sono sempre di meno toccando un nuovo minimo da record. Aumentano gli stranieri mentre sale ancora l’aspettativa di vita e il numero delle persone che decidono di andare a vivere all’estero. Per il quarto anno consecutivo la fotografia demografica dell’Italia scattata dall’Istat traccia un Paese alle prese con una lenta ma costante decrescita sul numero dei suoi residenti.

Al primo gennaio 2019 sono 60 milioni e 391mila i residenti lungo lo Stivale, oltre 90mila in meno rispetto all’anno precedente facendo registrare una flessione dell’1,5 per mille. Al calo dei cittadini italiani (55 milioni e 157mila, con un -3,3% per mille) si affianca un aumento degli stranieri (5 milioni e 234 mila, per un +17,4 per mille, che rappresentano l’8,7% della popolazione totale). Ma ad emergere è il dato negativo sulle nascite: nel 2018 sono state appena 449mila, ovvero circa 9mila in meno del precedente minimo registrato nel 2017. Un dato che colpisce ancora di più se lo si paragona al 2008: il gap in questo caso è di 128mila culle, flessione alquanto sintomatica di un processo che è stato nell’ultimo decennio irreversibile.

Il dato sulla natalità in calo si intreccia con i decessi stimati nel 2018 (636 mila decessi, 13mila in meno rispetto al 2017 con un -2,1%) e con la riduzione delle nascite da madre italiana. Sono, infatti, 358mila nel 2018, 8mila in meno rispetto al 2018 e con una tendenza alla maternità che viene spostata sempre più in avanti. I nati da cittadine straniere sono stimati in 91mila, pari al 20,3% del totale e comunque circa un migliaio in meno del 2017. Di questi, 67mila sono quelli avuti con partner straniero (nati con cittadinanza estera), 24mila quelli con partner italiano.

L’età media al parto continua a crescere toccando per la prima volta la soglia dei 32 anni (crescita di un circa due anni in un ventennio). Ancora, la fecondità misurata lungo le varie generazioni femminili non ha mai smesso di calare: il numero medio di figli per donna risulta invariato rispetto all’anno precedente (1,32 figli), ma l’Istat fa notare anche in questo caso come la fecondità tra le donne nate nel 1940 e quelle del 1968 sia crollata da 2,16 a 1,53 figli.

La provincia di Bolzano si conferma nel 2018 l’area più prolifica (1,76 figlio per donna), la Sardegna invece segnala il dato più basso (1,06). In Italia si muore di meno anche perché si allunga ancora l’aspettativa di vita: per gli uomini la stima è di 80,8 anni (+0,2 sul 2017) mentre per le donne è di 85,2 anni (+0,3).

De Palo (Forum della famiglie): «Serve subito un’azione politica»

Durissimo il commento del presidente nazionale del Forum della associazioni familiari, Gigi De Palo: «Questi numeri angoscianti incredibilmente lasciano indifferente la politica. Ma veramente si crede che le politiche familiari adottate anche dall’attuale governo possano dare risposte all’inverno demografico? Pensioni, lavoro, servizi sociali, sistema sanitario, tutto ciò su cui si regge la vita del Paese rischiano di scomparire».

E ancora: «A che cosa servono questi dati se il “bollettino di guerra” non diventa azione politica? Urge – torna a ribadire – un Patto per la natalità che metta insieme tutto il sistema-Paese. Dalle banche alle imprese, dalle associazioni al mondo dei media, fino ad arrivare alla politica, senza distinzione di schieramenti. Un Patto che metta finalmente al centro dell’agenda politica, economica e istituzionale le misure strutturali necessarie per rilanciare la natalità. Siamo già in enorme ritardo, i nostri giovani sembrano rassegnati a realizzare i loro sogni all’estero. Davvero vogliamo questo?», conclude De Palo.

L’allarme sui dati dell’Istat viene rilanciato anche dal forum dei demografi italiani Neodemos: «La demografia italiana del 2018 rimane “sdraiata sul fondo”. È come un sottomarino che sembra aver perso la spinta per ritornare a emergere, restando appoggiato sul fondale». Impietoso, anche secondo gli esperti, il ruolo della politica: «La “questione demografica” frena lo sviluppo, appesantisce i conti pubblici, rallenta la produttività, pone in tensione la coesione sociale del paese. Ma il Paese – cioè coloro che hanno responsabilità di leadership nella cultura, nella politica, nell’economia, nelle istituzioni e nella società in genere – non se ne accorge e non se ne cura». E si fa altrettanto urgente «l’avvio di una saggia programmazione dei flussi d’immigrazione, l’unica efficiente medicina di contrasto al declino».

Chi viene e chi va (gli italiani vanno)

Da segnalare poi i flussi in ingresso (dovuti in larga parte a cittadini stranieri), da record negli ultimi sei anni (302mila) mentre solo 40mila emigrazioni per l’estero, su complessive 160mila, coinvolgono cittadini stranieri. Questo a dimostrazione del fatto che tra i cittadini italiani continuano a essere più numerose le partenze rispetto ai ritorni. Ecco i dati: nel 2018 47mila rimpatri e 120mila espatri. Il saldo migratorio con l’estero, positivo per 190mila unità, registra un lieve incremento sull’anno precedente, che aveva segnato +188mila. Aumentano sia le immigrazioni (349mila, +1,7%) sia le emigrazioni, 160mila (+3,1%).

7 febbraio 2019

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