Siena: il paradosso del Medioevo

By 6 Giugno 2019Attualità

Ci domandiamo perché, in genere, nella pubblicità turistica che si fa dell’Italia ovunque nel mondo si parla sempre molto più del Rinascimento che del Medioevo? Eppure, anche le memorie di quest’ultimo attirano le folle di visitatori che, in genere, devono “andarle a scoprire” nei loro itinerari peninsulari.

Mentre il Davide o il Giudizio Finale di Michelangelo l’hanno visto (in fotografia e in video) mille volte nei loro Paesi prima di trovarlo “di persona” in Italia, i turisti rimangono a bocca aperta quando si schiude davanti a loro, per esempio, il panorama di un borgo arroccato o di una filiera di splendide bifore sulle facciate dei maestosi palazzi che caratterizzano tante città del centro Italia. Qualche grande monumento come il campanile di Pisa è sì noto a tutti, ma nessuno immagina tutta la vastezza del patrimonio sterminato che l’Italia pre-rinascimentale offre.

Il Palio: testimonianza di un mondo felice e brillante

I ricchi tedeschi, giapponesi e americani ormai lo hanno imparato bene: bisogna pagare centinaia di euro per vedere da una finestra privilegiata il corteo storico che sfila per Siena prima del suo celebre Palio. Quelli che i soldi non li hanno in abbondanza, s’accomodano volentieri in mezzo alla calca, anche sotto la canicola.

Ma il fascino dell’evento non sfugge a nessuno. La prodigalità nell’uso dei colori sulle stoffe preziose, il loro accostamento audace ma di perfetto buon gusto, l’ondeggiare delle bandiere, la vivacità e l’entusiasmo popolare, tutto parla di tradizioni e di tempi tutt’altro che oscuri.

Il coinvolgimento allegro degli abitanti del luogo è, anche senza dirlo esplicitamente, la testimonianza storica di un mondo felice e brillante, dove la fede cattolica aveva una centralità evidente. Il Palio tanto ambito dalle contrade è uno stendardo della Madonna, il carroccio è un altare mobile, persino i cavalli vengono benedetti in Chiesa.

Duccio e la “luce del Medioevo”

Forse mentre questo variopinto e gaio mondo sfila nel subconscio crollano mille certezze sulla tanto declamata “qualità della vita” raggiunta ai giorni nostri. Forse crollano senza rumore all’interno delle menti tante storielle sui “tempi bui e sinistri”.

Coloro che hanno pagato tanto per mettersi sui balconi o che si sono accontentati di essere spremuti in mezzo alla folla, sanno benissimo tuttavia che a Siena godranno di un piacere culturale che nessun odierno stadio, nessun altro spettacolo potrà dare loro: quello che Edgard de Bruyne ha chiamato “la luce del Mediavo”.

Una luce che troveranno pure nei meravigliosi e quasi onnipresenti affreschi della scuola di Siena, quella iniziata da Duccio, dove all’entusiasmo del Palio, della festa eccezionale, viene sostituita, sempre nella molteplicità della forma e del colore, la placidità della preghiera e anche della vita comune, riflettendo la saldezza di nervi di generazioni felici ma non agitate.

Il paradosso di un mondo ordinato

Magari l’Italia stessa deve ancora fare i conti con questa memoria. Non è vero che, paradossalmente, più la società ricerca il piacere per il piacere, il massimo del godimento della vita, più perde questo colorito, questa vivacità, questa luminosità?

Non è vero che la ricerca del legittimo piacere ha più successo quando la vita non è finalizzata ad esso, ma è incanalata in un ordo sociale, in una gerarchia di valori comprendenti la famiglia, il quartiere, i corpi intermedi, ecc; tutte istituzioni delle quali il Medioevo era ricco e zelante.

Ci si lamenta molto del grigiore che soffoca la nostra vita odierna: grigiore di vita depersonalizzata, di rapporti duri, d’invasione dell’asfalto e del cemento, di depressione e di stress. Non è questo il riflesso di una situazione paradossale — come l’ha descritta Plinio Corréa de Oliveira nel suo celebre libro Rivoluzione e Contro-Rivoluzione: più l’uomo s’allontana dall’amore della Croce per «l’anelito crescente di una vita piena di diletti della fantasia e dei sensi», più la civiltà tende a fare di ogni persona un’isola, più si immalinconisce l’esistenza quotidiana più le ombre si sostituiscono alle luci?

 

Questo testo di Giacomo Monti è tratto dal periodico Radici Cristiane. www.radicicristiane.it