Comolli

Radio Vaticana, 29 settembre 2017

“La verità vi farà liberi (Gv 8,32). Notizie false e giornalismo di pace”.

Il tema che Papa Francesco ha scelto per la 52.ma Giornata Mondiale delle Comunicazioni Sociali 2018 riguarda le cosiddette “notizie false” o “fake news”, cioè le informazioni infondate che contribuiscono a generare e ad alimentare una forte polarizzazione delle opinioni.

Si tratta, si legge in un comunicato della Segreteria per la Comunicazione, di una distorsione spesso strumentale dei fatti, con possibili ripercussioni sul piano dei comportamenti individuali e collettivi. In un contesto in cui le aziende di riferimento del social web e il mondo delle istituzioni e della politica hanno iniziato ad affrontare questo fenomeno, anche la Chiesa vuole offrire un contributo proponendo una riflessione sulle cause, sulle logiche e sulle conseguenze della disinformazione nei media e aiutando alla promozione di un giornalismo professionale, che cerca sempre la verità, e perciò un giornalismo di pace che promuova la comprensione tra le persone.

La Giornata Mondiale delle Comunicazioni Sociali, l’unica giornata mondiale stabilita dal Concilio Vaticano II (“Inter Mirifica”, 1963), viene celebrata in molti paesi, su raccomandazione dei vescovi del mondo, la Domenica che precede la Pentecoste (nel 2018, il 13 maggio). Il testo del Messaggio del Santo Padre per la Giornata Mondiale delle Comunicazioni Sociali – ricorda la nota – viene tradizionalmente pubblicato in occasione della ricorrenza di San Francesco di Sales, patrono dei giornalisti (24 gennaio).

Abbiamo intervistato il prefetto della Segreteria per la Comunicazione, mons. Dario Edoardo Viganò:

R. Credo che le “fake news”, le notizie false, siano antiche tanto quanto l’uomo. Proviamo a pensare semplicemente alla domanda o all’affermazione del male, del serpente nel Giardino dell’Eden che dice: “Se mangerete questo frutto sarete come Dio”. Questa è una “fake news”, perché loro erano già creati a immagine e somiglianza di Dio ! Quindi, la “fake news” è una notizia verosimile ma non verificata, ed è proprio per questo che è pericolosa, perché non si manifesta immediatamente come qualcosa di distante dalla verità; è un elemento che sempre più, soprattutto con lo sviluppo dei media digitali, si sta diffondendo e si sta diffondendo anche in termini strategici, soprattutto intorno a temi di forte impatto emotivo o alla vigilia di alcune scadenze, come le elezioni politiche. Quindi il fatto che il Papa ci aiuti a riflettere sul tema delle notizie false in riferimento invece alla Verità che ci farà liberi, è un cammino, un orizzonte molto interessante perché, appunto, la libertà nasce quando uno aderisce alla verità. Quando uno non aderisce alla verità, è sempre schiavo di qualcosa: dell’editore, dei soldi o della propria ignoranza.

D. Colpisce questo binomio: la verità è fondamentale nella vita dei cristiano, ma evidentemente è fondamentale anche nel lavoro del giornalista, nel mondo della comunicazione; quindi c’è anche un incontro tra queste due dimensioni, quella cristiana e quella della comunicazione …

R. Sì, certo … Io non evocherei molte leggi in più rispetto a quelle che abbiamo. Il mondo dei giornalisti professionisti ha già molti codici, molte regole e – appunto – uno è professionista quando cerca di fare la propria professione seguendo queste regole. Penso, ad esempio, alla verifica delle fonti; penso, ancora, a scrivere ciò che uno realmente pensa perché ovviamente l’oggettività non esiste, ma esiste quella modalità soggettiva di comprendere i fatti nella consapevolezza e nella coscienza certa. Quindi io scrivo esattamente ciò che ritengo essere quel fatto e non scrivo ciò che altri mi chiedono di scrivere su quel fatto. Questo credo che sia uno degli elementi propri della professionalità di un giornalista. Ovviamente siamo in una professione in cui sta cambiando anche la figura del giornalista. Cambiano le testate, si sviluppano i blog, i social e quindi, naturalmente, c’è anche un processo di assestamento di un profilo identitario della figura e anche di aggiustamento di quel corpus legislativo rispetto alla professione.

D.  Le notizie false, le “fake news”, come si dice ormai nel linguaggio comune, sono sempre esistite. E’ vero però che con Internet e i social media il fenomeno sembra molto amplificato, quasi incontrollabile. Come si può confrontare questa realtà, oggi?

R. In alcune ricerche c’è un dato interessante e cioè che i social sono importanti ma le informazioni che hanno a che fare con i comportamenti personali e sociali non vengono acquisite sui social, o meglio rispetto alle informazioni sui social c’è una distanza, soprattutto nel mondo giovanile che noi pensiamo siano immersi e quindi abbiano un senso acritico, invece sono quelli che più intuitivamente capiscono se siamo di fronte a una “fake news” o no! Devo anche dire che non possiamo contrapporre il mondo social al mondo tradizionale, per esempio la carta stampata, pensando che nella carta stampata ci siano solo professionisti e nel mondo dei social ci siano invece degli imbonitori improvvisati, perché le “fake news” ci sono sia sulla carta stampata sia nel mondo dei social. Certo, sulla carta stampata forse c’è un po’ più di controllo, è un po’ più difficile ma non vengono meno. Proprio in questi giorni in cui c’è il Grand Prix Italia su questo tema delle “fake news”, sono evidenti alcuni articoli che rispondono, appunto, a logiche più di tipo ideologico, oppure semplicemente di polarizzazione di alcuni temi per vendere più copie. Diciamo, però, che non possiamo contrapporre i media tradizionali a un medium digitale. Certo, i media digitali sono sempre connessi, c’è la velocità… Da questo punto di vista, per esempio, in Germania c’è una legge anti “fake news”. Qui io credo che basterebbe procedere verso una formalizzazione della figura del giornalista in Rete. Però, siamo anche in un processo e in tutti i processi c’è sempre qualche destabilizzazione.

Alessandro Gisotti

 

29 settembre 2017

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