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Una ricerca della London School of Economics rileva che avere accanto persone care conta più del denaro. Gli autori: “Più che ricchezza, lo Stato deve creare benessere”.

“La priorità sarà il lavoro”. Paolo Gentiloni, neo presidente del Consiglio italiano, ha annunciato il programma di Governo partendo da questa stringente necessità. Come dargli torto? La disoccupazione in Italia oscilla su cifre sopra l’11%, quella giovanile arriva quasi sino al 40% e il 57% degli under25 che lavora lo fa in modo precario.

È dunque opportuno che la politica affronti e cerchi di risolvere questo vero e proprio vulnus sociale: la mancanza di lavoro e, laddove c’è, la pecunia di posti stabili.

Giova tuttavia rilevare che le radici di un’insofferenza ormai diffusa in ogni censo e in ogni zona del Paese, affondano non nel conto in banca vuoto o nel portafogli sempre al verde. La felicità – s’è detto spesso – non è data dai soldi. E oggi questo assunto trova conferma scientifica.

È uscito questa settimana uno studio della prestigiosa London School of Economics dal quale emerge che ciò che più contribuisce al benessere psicofisico delle persone non è il denaro, bensì l’avere al fianco persone che ci amano e che ci rendono sereni. In una parola: avere una famiglia.

Gli autori dello studio hanno tenuto conto delle risposte di oltre 200mila persone da tutto il mondo e, spiegano dall’istituto londinese, quanto scoperto indica la necessità di “un nuovo ruolo da parte dello Stato”.

Su una scala da 1 a 10, un raddoppiamento dello stipendio fa salire la felicità di una persona meno di 0.2 punti. Avere intorno a sé persone che ti amano e che sono la tua famiglia, invece, contribuisce in modo maggiore, con un aumento di 0.6 punti.

Ansia e depressione sono le condizioni che causano un impatto maggiore in termini di infelicità, facendo sprofondare i livelli di soddisfazione personale a meno 0.7 punti.

Intervistato dalla Bbc, il coautore della ricerca, prof. Richard Layard, ha affermato che alla luce di questi dati lo Stato dovrebbe svolgere un nuovo ruolo per concorrere alla felicità dei cittadini concentrandosi sulla “creazione di benessere” più che sulla “creazione di ricchezza”.

Del resto, ha aggiunto il docente, lo studio “dimostra che ciò che conta di più per la nostra felicità, o infelicità, sono le nostre relazioni sociali e familiari, e la nostra salute mentale e fisica”.

Secondo Layard, che prende in esame la Gran Bretagna, in passato lo Stato si è occupato principalmente di problemi quali “povertà, disoccupazione, istruzione e salute fisica”. Ma “altrettanto importante – ha aggiunto – è occuparsi oggi di alcolismo, depressione, ansia, emarginazione giovanile, manie e molto altro”. L’appello del ricercatore è affinché queste problematiche siano poste da chi amministra la cosa pubblica al “centro della scena”.

Urgono dunque politiche volte a rafforzare l’istituto familiare. La famiglia, prima scuola di educazione e di interazione sociale, è garante di benessere. Ma è anche un motore dell’economia, un propulsore demografico e la struttura di welfare per eccellenza. Le politiche familiari pertanto non sono utili bensì necessarie.

Federico Cenci

Zenit.org, 14 dicembre 2016

 

14 dicembre 2016

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