Comolli

“Solidali per la vita” è il titolo del Messaggio dei Vescovi Italiani in occasione della   “37° Giornata per la Vita” che celebreremo il 1 febbraio. La nostra “Pillola di saggezza” la vogliamo dedicare ad alcune mamme che sono state totalmente solidali alla vita, non dimenticando però il drammatico interrogativo che si pongono i vescovi: “Che mondo lasceremo ai figli, ma anche a quali figli lasceremo il mondo?”. Un’interrogativo che non può lasciare indifferenti nessuno.

L’amore per il figlio fino al sacrificio della vita dovrebbe essere la più alta caratteristica della donna. Abbiamo esempi di donne eroiche che in situazione di pericolo hanno rischiato la loro vita per salvare figli da incendi o da annegamenti.  Tra i molti, mi colpì, l’azione edificante di Nera Ricci di 38 anni, che riconoscendo nel figlio Mattia di due anni il suo tesoro, fece di tutto per proteggerlo a seguito di una frana a Massa Carrara anche se non riuscì a salvarlo e neppure a salvare se stessa.

Ma la cronaca, non quella dei rotocalchi, testimonia di tante mamme sconosciute che hanno prediletto il loro tesoro e non hanno abortito nonostante malattia anche gravi che le minacciavano; alcune sono morte, altre si sono curate in seguito, ma tutte hanno privilegiato le creature che portavano nel cuore oltre che nel grembo.

 Nell’Antico Testamento è narrato l’episodio del “giudizio di Salomone” (cfr.: 1 Re 3,16-26). Il re Salomone per conoscere la madre di un bambino conteso da due donne, comandò di tagliare in due parti il neonato. Salomone identificò la mamma in colei che rinunciò al piccolo pur di salvargli la vita. Questa è storia anche dei nostri giorni. Alle mamme eroiche che non hanno abortito vogliamo rendere il nostro omaggio, citandone alcune ben consci però, come affermato, che sono centinaia.

 Santa Gianna Beretta Molla, medico pediatra milanese, madre di tre figli, nel 1961 al termine del secondo mese di gravidanza fu colpita da un 1fibroma all’utero. Non accettò l’asportazione per salvare la vita che portava in grembo, pur pienamente consapevole dei rischi che correva. Il 21 aprile 1962 partorì Gianna Emanuela ma le sue condizioni di salute peggiorarono velocemente. Morì il 28 aprile offrendo la vita per la sua bambina. A chi gli consigliò l’aborto rispose con fermezza: “Abortire? Non lo permetterò mai; è peccato uccidere colui che porti in grembo”. Così la ricordò il cardinale C. M. Martini: “Donna meravigliosa amante della vita, sposa, madre, medico professionista esemplare offrì la sua vita per non violare il mistero della dignità della vita” (24 aprile 1994).

 Rita Fedrizzi, già madre di due bambini, docente di lingue al liceo e, in precedenza, all’università di Bergamo abbandonata per dedicarsi 1maggiormente alla famiglia, nei primi mesi del 2004 scopre d’essere gravida ma anche malata di tumore. I medici la pongono di fronte ad un dilemma drammatico: o abortisce e si cura o è destinata alla morte. Rita, profondamente cristiana, non abortisce poichè quel feto è già suo figlio; lui nasce sano nell’ottobre 2004, mentre lei muore il 25 gennaio 2005. Così la ricordò monsignor A. Maggiolini durante il funerale: “Quarantun anni, sportiva che si diverte soprattutto nello sci acquatico… sposa felice, madre di due bimbi. Nemmeno l’ombra di bigottismo. Una scioltezza che stupisce per la salute e la gioia che diffonde. Dopo aver scoperto di essere aggredita da un tumore che stava già degenerando in metastasi scopre di attendere un terzo bimbo. Si trova così di fronte a una decisione vertiginosa. Sarebbe forse possibile intervenire con una terapia la quale potrebbe essere efficace ma che certamente influirebbe sul nascituro mettendone a repentaglio la vita o la salute. Rita preferisce la soluzione radicale. Con la più disarmata delle semplicità comunica che non si presterà a lasciare che venga intaccata l’esistenza o la salute del figlio che porta in grembo”.

 Veronica Giazzon, 36 anni, infermiera, amante del rugby, madre di una bambina,  residente a Trebaseleghe, nel Padovano, sapeva bene che cosa 1rischiava, quando, a metà della seconda gravidanza, le diagnosticarono una forma aggressiva di leucemia. Sollecitò i medici a far nascere anticipatamente la bambina che portava in grembo per incominciare subito le cure. La piccola Matilde nacque nel novembre 2013 e Veronica morì il 14 dicembre 2014. Il trapianto non era riuscito e le complicanze ebbero la meglio su quel fisico fortemente indebolito. “Il tutto con una lucidità straordinaria, che l’ha assistita anche quando – come provano le sue parole su Facebook – sapeva di avere davanti l’ultima prova: ‘Non sempre la vita ci riserva solo belle sorprese. Da una settimana sono ritornata a Verona per ricaduta malattia. Ora di nuovo fuori gli artigli, bisogna lottare tutti insieme. Ci sarete vero? Ci conto. Vi voglio bene’. Ora, come poteva questa donna conciliare così l’amara consapevolezza di una vita che non ‘ci riserva solo belle sorprese’ con la voglia di tirare ‘di nuovo fuori gli artigli’? Rassegnarsi sarebbe stato normale, comprensibile, umano. Ma Veronica non era sola e, oltre che sulla vicinanza della famiglia, contava ed ha contato, fino all’ultimo, su quella più alta: quella della fede” (dal Blog di Giuliano Guzzo).

Chiara Corbella Petrino, 28 anni, anche lei ha scelto di rinunciare a curarsi per far nascere il suo bambino. E questa non fu la prima volta che 1Chiara e il marito dimostrarono di amare la vita. Nel 2009 rimase incinta ma dalle ecografie fu diagnosticato al feto un’anencefalia (malformazione congenita grave dove il nascituro appare privo totalmente o parzialmente dell’encefalo). Chiara e Enrico hanno accolto la nuova creatura e  accompagnata nella sua vita terrena per solo 30 minuti; poi Maria Grazia Letizia è morta. Una seconda gravidanza. Dalle ecografie ci si accorse che il feto era senza gambe con malformazioni viscerali e incompatibilità con la vita. Accompagnarono anche il piccolo Davide Giovanni, così l’avevano chiamato, per il breve periodo che visse. Infine una nuova gravidanza; feto forte e sano ma al quinto mese di gravidanza a Chiara fu diagnosticato un carcinoma alla lingua. La gravidanza continuò anche se grande era il rischio per la vita della mamma che solo dopo il parto si sottopose ad un intervento chirurgico e a cicli di chemioterapia. Ma Chiara non ce l’ha fatta, è morta il 14 giugno 2012, quando Francesco aveva compiuto da poco un anno. “Alle mamme vorrei dire che conta il fatto di avere avuto il dono del figlio, non il tempo che ci è riservato di stare con lui” (Chiara).


 

30 gennaio 2015

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