Comolli

DA CATTOLICO IN POLITICA

L’affermazione pronunciata da Matteo Renzi a “Porta a porta” (11 maggio 2015)  dopo l’approvazione mediante l’ennesimo voto di fiducia del disegno di legge sulle unioni civili,  “Io sono un cattolico ma quando faccio politica la faccio da laico. Ho giurato sulla Costituzione non sul Vangelo”, favorisce la riflessione sul ruolo e sul comportamento “in politica” del “cattolico”.

La risposta al premier l’ha già fornita il direttore del quotidiano Avvenire scrivendo:  “Il premier dovrebbe sapere che sul Vangelo non si giura, ma lo si vive. E che la Costituzione non assolve dagli errori, anzi li sottolinea” (Avvenire.it, 12 maggio 2015). Noi, vogliamo comprendere l’argomento, attingendo agli insegnamenti del Signore Gesù, l’unico che ha diritto di parola poichè le Costituzioni passano ma il Vangelo resta. Un pensiero illuminante è il seguente: “Rendete dunque a Cesare quello che è di Cesare e a Dio quello che è di Dio” (Mt 22,15). Il Cristo, pronunciò questa frase come risposta ad un interrogativo dei saduccei, che ovviamente, volevano raggilarlo: “Maestro, sappiamo che sei veritiero e insegni la via di Dio secondo verità e non hai soggezione di nessuno perché non guardi in faccia ad alcuno. Dicci dunque il tuo parere: È lecito o no pagare il tributo a Cesare?” (Mt. 22,12).

Nella risposta di Gesù, “Date a Cesare quello che è di Cesare e a Dio quello che è di Dio”, si evince il rilievo dell’impegno socio-politico del cattolico che si concretizza partecipando alla vita politica, rispettando le leggi, pagando le tasse, votando, sentendosi responsabile della conservazione dei beni, impegnandosi per il bene comune… Ovviamente, ricordando che a Dio spetta continuamente una particolare obbedienza “a livello di coscienza”. Così, il cardinale G.F. Ravasi, riassume questi concetti: “Il potere dello stato è reale e non può essere annullato nei vaneggiamenti di una teocrazia in cui l’altare diventi anche il trono. Ma il potere dello stato ha dei limiti precisi ed invalicabili che non possono estendersi fino ad assorbire totalmente I’uomo. Gesù afferma con vigore l’autonomia della coscienza e della dignità umana che non può essere conculcata da nessun potere politico prevaricante. Il cristiano deve rifiutare ogni identificazione di un partito o di un movimento politico col Regno di Dio. Deve escludere ogni tentazione integralista religioso-politica in cui si voglia far diventare il Vangelo una carta costituzionale. Il Cesare divinizzato e I’interferenza religiosa nella gestione dello stato non sono proposte evangeliche”(Secondo le Scritture, Piemme, Casale Monferrato 1992, pp. 281-281).

Quancheduno si domanda sul “diritto” della Chiesa ad occuparsi dei problemi politici, economici e sociali. Per alcuni, questa Istituzione, dovrebbe limitare il proprio ambito di azione al “religios0-spirituale”, tralasciando interventi sugli aspetti organizzativi e gestionali della società. Giustificano la loro opinione interpretando “erroneamente” la citata frase di Gesù, giungendo alla conclusione che Cristo non si è mai lasciato coinvolgere in programmi politici o sociali. Ciò è vero se  interpretiamo il vocabolo “politica” con un significato  limitativo e riduttivo di “partitocrazia”; non è così se lo intendiamo nel suo nobile e ampio senso e significato. Infatti, “la politica, è l’attività mirante a determinare i criteri o i valori fondanti la vita globale di un popolo, le finalità primarie e intermedie da perseguire, gli strumenti per il loro conseguimento” (E. Chiavacci, voce “politica” in AA VV, Nuovo dizionario di Teologia Morale, Paoline, Milano 1990, pg. 952).

E, la famiglia, ad esempio, è un “elemento fondante la vita globale di un popolo“,  mentre le “unioni civili”, come ricordato martedì scorso dal cardinale A. Bagnasco nella prolusione alla 69ma Assemblea generale della CEI: “sanciscono di fatto una equiparazione al matrimonio e alla famiglia, anche se si afferma che sono cose diverse”. In realtà, ha continuato Bagnasco, “le differenze sono solo dei piccoli espedienti nominalisti, o degli artifici giuridici facilmente aggirabili, in attesa del colpo finale – così già si dice pubblicamente – compresa anche la pratica dell’utero in affitto, che sfrutta il corpo femminile profittando di condizioni di povertà”. E Bagnasco ha concluso, riferendosi ad un altro “elemento fondante la vita globale di un popolo“: le unioni omosessuali. “I bambini hanno diritto a crescere in una famiglia, con papà e una mamma, capaci di creare insieme un ambiente idoneo al suo sviluppo e alla sua maturazione affettiva”, anche perché “con i bambini e i giovani non si può sperimentare. Non sono cavie da laboratorio”.

Ritornando “al coinvolgimento o meno” del Signore Gesù nell’ambito politico e quindi del cattolico, dobbiamo riferirci anche ad una frase pronunciata dal Cristo nella sinagoga di Cafarnao quando presentando la sua missione, affermò: “Il tempo è compiuto. Il regno di Dio è vicino. Convertitevi e credete al Vangelo ” (Mc. 1,15). Nella locuzione è presente l’espressione “Regno  di Dio”, e l’azione da intraprendere per la sua costruzione: la “conversione”. Ciò significa che il Regno di Dio non è unicamente un “tempo escatologico” ma una realtà in divenire operante nella storia; un “già” e un “non ancora”. E il Messia non si pose all’esterno della storia degli uomini, ma l’assunse solidarizzando con essa. “A differenza della speranza ebraica che parlava di futuro, Gesù dice che l’ora messianica è arrivata, è qui nelle sue parole e nella sua azione: l’annuncio di Gesù ha un tono di gioia e insieme di urgenza ed è universale” (B. Maggioni, Il racconto di Marco, Cittadella 1981, 32 -33). Dunque, se il Regno di Dio è presente nella storia,  il Vangelo come minimo, almeno per il cattolico (anche in politica), è “la categoria di giudizio” che deve assumere per concretizzare gli atteggiamenti nuovi richiesti da Cristo. Il famoso: “sul Vangeelo non si giura ma lo si vive”.

Il cattolico, rispettando “l’autonomia delle realtà terrene e delle norme che le regolano”, non può omettere nella sua azione politica i valori evangelici e la normativa etico-morale irrinunciabili in ogni settore societario, affinché il cittadino, realizzandosi, colga il profondo benessere e l’autentica libertà.

Quella che alcuni definiscono “interferenza della Chiesa cattolica” nella vita societaria italiana, è dunque unicamente “il contributo” che questa Istituzione offre affinché lo sviluppo del nostro Paese sia fondato sui concetti di amore e di prossimità, di equità e di giustizia, sottolineando la sacralità e la centralità della persona e della famiglia, proponendo come mezzi i principi etici, in particolare quelli del bene comune, della solidarietà e della sussidiarietà (compromessa dal prossimo referendum costituzionale). Esortava san Giovanni Paolo II: “singoli, famiglie, gruppi, realtà associative hanno, sia pure a titolo e in modi diversi, una responsabilità nell’animazione sociale e nell’elaborazione di progetti culturali, economici, politici e legislativi che, nel rispetto della convivenza democratica, contribuiscano a edificare una società nella quale la dignità di ogni persona sia riconosciuta e tutelata, e la vita di tutti sia difesa e promossa” (Evangelium vitae, 80).

Cosa dobbiamo pretendere da un politico che si dichiara cattolico? “Parole” esplicite ed evidenti di denuncia e di opposizione; “parole” che scuotono le coscienze e anche infastidiscono, “parole” autentiche e veraci, pronunciate senza nessun timore di perdere consensi e popolarità (anche se dovesse “capitombolare” un governo). Quanto necessita la nostra società, politica compresa, di queste “parole chiare” che oltrepassino il “politically correct”, che si torni a nominare le cose con il loro nome, come pure di uomini politici “trasparenti, integri e disinteressati” come lo fu, ad esempio, Giorgio La Pira ben conosciuto da Renzi avendo discusso la tesi di laurea sulla sua figura.

Ammonisce un proverbio: “Una candela accesa può accenderne molte spente. Ma mille candele spente non possono accenderne una”. La convinzione di essere una “candela accesa” anche nell’impegno civile che coinvolge i vari settori societari, politici e economici, la conoscenza della Dottrina Sociale della Chiesa come punto di riferimento, accompagnati dalla competenza professionale, permetterà a chi intende presentarsi in politica di proporre progetti ed idee “profetiche”.

“Ho giuraro sulla Costituzione” ha affermato Renzi. Ma il premier scout, come più volte affermato, nell’iter seguito per l’approvazione della legge sulle unioni civili, l’ha più volte “tradita” inserendo “passaggi”, definiti da vari esperti “non costituzionali”, e non permettendo un idoneo e opportuno dibattito tra i partiti presenti in Parlamento. Per quanto riguarda la citazione del Vangelo poteva essere risparmiata, anche perchè le Costituzioni sono soggette a modifichè mentre i contenuti del Vangelo sono eterni, solidissimi e  indistruttibili da secoli essendo il Signore Gesù un “avvenimento” che nessuno riuscirà mai ad estirpare. Ci tentano da duemila anni ma con risultati scarsi!

Al premier, “ricco di parole” ma “povero di fatti”, ricordiamo l’aforisma del poeta Iacopo Badoer: “Un bel tacer non fu mai scritto“.

20 maggio 2016

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