Comolli

Nel mese di ottobre sono programmati due importanti eventi che avranno come tema “la famiglia”. Il Sinodo Straordinario dei Vescovi (5-19 ottobre) e il Convegno Annuale dell’A.I.Pa.S. dal titolo: “La famiglia nella gioia e nel dolore” (Assisi 6-9 ottobre 2014). Per questo anche le “Pillole di saggezza” del mese di ottobre tratterranno questa tematica.

Con questa prima “Pillola” vogliamo rispondere a due quesiti: che cos’è la fondata sul vincolo del matrimonio tra un uomo e una donna e come deve essere vissuta la vita famigliare.

 LA FAMIGLIA FONDATA SUL VINCOLO DEL MATRIMONIO TRA UN UOMO E UNA DONNA

La famiglia, fondata sul vincolo del matrimonio tra un uomo e una donna, oltre che aver origine dalla legge naturale è un’istituzione divina, essendo Dio stesso l’ideatore di questa unione che ha come fondamento 1“l’indissolubilità”. Il matrimonio dovrebbe raggiungere due altissime finalità: la crescita nell’amore dei due coniugi e il loro cooperare alla generazione e alla rigenerazione dei figli. Dunque, nell’ottica cristiana, la paternità e la maternità sono un prolungamento dell’azione creativa di Dio. I genitori, inoltre, sono chiamati anche alla “rigenerazione” dei figli nella fede chiedendo per loro il Battesimo che li inserisce nella comunità cristiana e li costituisce membri della Chiesa e figli adottivi di Dio.

Ma oggi “è in atto la più grave aggressione della storia all’avvenimento cristiano, ai valori cristiani, al patrimonio esistenziale cristiano e alla famiglia. Solo delle anime eccezionalmente candide o eccezionalmente sciocche possono negarlo o non riconoscerlo. E questa aggressione trova uno dei principali bersagli proprio nella famiglia”(G. Biffi, Intervento all’Assemblea diocesana dell’Azione Cattolica della Chiesa di Bologna, 27.2.1994). Concordando su questa visione del cardinale G. Biffi, identifichiamo i molteplici motivi per cui l’istituto matrimoniale è “in crisi”.

– Per i nefasti modelli culturali di rapporti offerti dal contesto socio-culturale;

– per la rinuncia al “sacrificio” che l’unione definitiva comporta;

– per il martellante discredito dell’ “impegno definitivo”;

– per la diffusa separazione tra matrimonio e procreazione;

– per la figura che la donna ha dovuto assumere negli ultimi decenni: moglie, madre, lavoratrice;

– per la figura del padre messa in discussione rispetto al passato;

– per il concetto di amore sempre più romanizzato;

– per la rinuncia di alcuni genitori all’educazione ai valori umani e cristiani, punti centrali di ogni programma pedagogico.

– per l’esasperato individualismo che quotidianamente cresce nella nostra società.

Inoltre, in varie famiglie, si ritiene fondamentale “l’avere” dimenticando “l’essere”. Si propone come ideale prioritario “la ricerca della propria felicità” mediante il perseguimento di una supremazia da esprimersi svincolata da ogni tipo di obbligo. E così, per i coniugi, diventa complesso affrontare le inevitabili difficoltà che la vita di coppia riserva e i figli, fragilissimi dentro ma pure sensibili ai valori se conosciuti ed insegnati, percepiscono un malessere esistenziale, frutto di un’educazione che ha rifiutato la pedagogia del sudore, della correzione e del sacrificio.

Privilegiare “l’essere” significa invece assumere come prassi uno stile quotidiano basato sul rispetto, sulla solidarietà, sul valore della giustizia, sulla difesa dei diritti di autonomia e di libertà dell’altro. Alla base della 1cultura dell’ “essere” stanno I’amore e la solidarietà intesi non come tecniche da imparare ma come comportamenti da assumere innanzitutto, nella famiglia, prendendosi a cura I’altro e sentendosi responsabili non solo della propria felicità ma anche di quella altrui. I fondamenti di questa cultura li troviamo in un’autentica spiritualità e religiosità, recepiti e vissuti come valori fondamentali della vita e della famiglia.

La scelta pseudo-culturale dell’ “avere” o di quella dell’ “essere” è determinata primariamente dalla visione, dagli atteggiamenti e dai comportamenti dei genitori. Scrive D. Law Nothe nel libro “I bambini imparano ciò che vedono”: ”Se un bambino vive con la critica impara a condannare, se un bambino vive con I’ostilità impara ad essere violento, se un bambino vive con la gelosia impara ad invidiare. Se un bambino vive con la tolleranza impara ad essere paziente, se un bambino vive con la giustizia impara ad essere onesto, se un bambino vive con la serenità impara ad aver fede, se un bambino vive con I’accettazione e I’amicizia impara a scoprire I’amore presente nel mondo”( D. Law Nothe, I bambini imparano ciò che vedono, Paoline, Cinisello Balsamo-Mi 1989, pg. 47).

 LA VITA FAMIGLIARE

Un ottimo punto di riferimento per recuperare la somma essenzialità della famiglia, e per identificare i comportamenti da assumere all’interno di questo nucleo, sono le indicazioni che san Paolo offre alle famiglie della comunità di Colossi (cfr. Col. 3,12-21).

Fratelli”, scrive san Paolo, “rivestitevi di sentimenti di misericordia, di bontà, di umiltà, di mansuetudine, di pazienza; sopportatevi a vicenda e perdonatevi scambievolmente; …e siate riconoscenti” (Col. 3,12-15).

Questo è il clima che dovrebbe regnare nella famiglia affinché sia un’autentica comunità di amore. Nessuna altra comunità è profonda, 1unifica le persone, rende l’uomo felice come la famiglia. Ma, nessuna altra comunità è esigente come la famiglia! La famiglia offre all’uomo “il massimo” ma richiede un grande impegno al suo interno da parte dei genitori e dei figli. E perché la famiglia possa offrire “il massimo” occorre che favorisca un clima basato sulla bontà, sull’umiltà, sulla pazienza, sulla mansuetudine e sulla dolcezza.

Inoltre, non può mancare il perdono, che significa sopportazione vicendevole, capacità di chiarirsi e di spiegarsi. San Paolo in altro contesto afferma: “Non tramonti il sole sopra la vostra ira” (1 Cor. 12,2). Cioè, la sera, prima di addormentarsi è indispensabile chiarirsi e riconciliarsi, affinché il tempo non renda problematiche questioni banali.

E poi la riconoscenza: “siate riconoscenti!”. L’assenza di riconoscenza è la causa di varie freddezze e di innumerevoli incomprensioni.

E San Paolo continua: “La Parola di Cristo dimori tra voi abbondantemente” (Col. 3,16).

Questo significa che Dio chiede di essere l’ospite fisso nella famiglia. Un “ospite” che si ascolta, al quale ci si rivolge e che si prega. “La memoria di Cristo rigenera continuamente il rapporto affettivo e coniugale. Il rapporto può proseguire nel tempo, proprio perché è rigenerato nel rapporto personale con Cristo (…). Siccome è questa stessa memoria che genera l’affettività, il rapporto nasce e continua se si riconosce l’altro come parte del mistero di Cristo” (L. Negri, Il Matrimonio, Piemme, Casale Monferrato -Al, 2003, pp. 31-32).

Indispensabile è la partecipazione all’Eucarestia “fonte stessa del matrimonio cristiano”. Infatti è “in questo sacrificio della nuova ed eterna alleanza che i coniugi cristiani trovano la radice dalla quale scaturisce, è interiormente plasmata e continuamente vivificata la loro alleanza coniugale” (Giovanni Paolo II, Familiaris consortio, n. 57).

Non scordiamo, infine, questa esortazione di san Giovanni Paolo II: “Mamme, le insegnate ai vostri bambini le preghiere del cristiano? Li preparate, in consonanza coi sacerdoti, i vostri figli ai sacramenti della 1prima età: Confessione, Comunione, Cresima? Li abituate, se ammalati, a pensare a Cristo sofferente? A invocare l’aiuto della Madonna e dei santi? Lo dite il Rosario in famiglia? E voi, papà, sapete pregare coi vostri figlioli, con tutta la comunità domestica, almeno qualche volta? L’esempio vostro nella rettitudine del pensiero e dell’azione, suffragato da qualche preghiera comune, vale una lezione di vita, vale un atto di culto di singolare merito; portate così la pace nelle pareti domestiche” (Familiaris Consortio, op. cit., n. 60).

Un clima orante ha come conseguenza l’educazione alla carità. Ricordavano i nostri vescovi: “La famiglia è il primo luogo in cui I’annuncio del Vangelo della carità può essere vissuto e verificato in maniera semplice e spontanea: marito e moglie, genitori e figli, giovani ed anziani” (ETC n. 30). Ne indicano i comportamenti concreti: rapporto di reciproca carità tra uomo e donna, fedeltà coniugale, paternità e maternità responsabile e generosa, accoglienza degli anziani, aiuto alle famiglie in difficoltà.

E San Paolo conclude il brano dedicato alla famiglia affermando: “voi figli obbedite ai genitori in tutto (…). E voi padri non esasperate i vostri figli perché non si scoraggino” (Col 3.20-21).

Parole di immenso equilibrio perché mostrano che se vogliamo che la http://www.dreamstime.com/royalty-free-stock-photos-happy-family-image16879198famiglia offra “il massimo”, è fondamentale che funzioni, che ciascuno, dai più grandi ai piccoli, faccia sempre e bene la propria parte, ricordandoci che lo sposo è totalmente diverso dalla sposa ed essere genitori è completamente differente dall’essere figli; ma sposo e sposa, genitori e figli devono essere “un’unica cosa” nell’unità della casa.

Un’annotazione finale.

L’ educazione alla fede, ai valori e alla carità dovrà essere attuata anche nei vari ambiti educativi e scolastici. Da qui nasce I’impegno delle famiglie cristiane italiane, in base al principio di sussidiarietà, di esigere dallo Stato come già avviene in vari Paesi europei la possibilità di scegliere liberamente la scuola per i propri figli, senza costi aggiuntivi, oltre che indicare i valori educativi che I’istituzione scolastica dovrà offrire.

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