Comolli

VOTAZIONI DEL 4 DICEMBRE 2016 E SOLIDARIETA’

Nella mia biblioteca conservo con particolare cura un libro del cardinale Giacomo Biffi , già arcivescovo di Bologna, morto il l’11 luglio 2015, dal titolo: “Memorie e disgressioni di un cardinale italiano” (ed. Cantagalli)  nel quale, il presule, offre giudizi e opinioni su temi specifici di importanza cruciale per il nostro Paese, come sarà il referendum di domenica 4 dicembre. Questo testo e la sua presentazione mi hanno indotto a scrivere questo articolo nel mio blog personale che “non ritengo assolutamente un’ interferenza” sul voto, poichè oltre essere sacerdote da 30, felice di aver risposto positivamente alla chiamata che il Signore Gesù, esercitando il ruolo di cappellano ospedaliero da oltre 27 anni, mi sento “pienamente” cittadino italiano e allora, come molti voi, mi sono posto l’interrogativo: votare “si” o “no” al referendum?

LA SUSSIDIARIETA’

Non è mia intenzione esaminare il DDL Renzi-Boschi essendo già stati espressi molteplici pareri favorevoli o contrari da eminenti esperti; voglio unicamente puntare l’attenzione attorno ad una preoccupante “conseguenza etica” di cui pochi parlano: la vittoria del “si” abolirebbe o ridurebbe enormemente un principio etico primario per ogni democrazia: “quello di sussidiarietà”. Ciò avverebbe a seguito della mastodontica “ricentralizzazione dei poteri”. Afferma il costituzionalista professore Luca Antonini: “Era giusto tentare di rimediare agli eccessi della riforma del Titolo V, riportando al centro materie come le grandi reti di trasporto e la distribuzione nazionale dell’energia, che erano state impropriamente decentrate. Qui però si è andati ben oltre. Il problema è l’introduzione della ‘clausola di supremazia’, una clausola-vampiro che permetterà allo Stato di riassorbire qualsiasi competenza regionale, e questo anche nei confronti delle regioni che funzionano” (intervista a Tempi.it 26 aprile 2016).

IL PRINCIPIO DI SUSSIDIARIETA’

Il principio etico-antropologico di sussidiarietà esprime una concezione globale dell’uomo e della società che pone come fulcro dell’ordinamento dello Stato la persona umana, intesa sia come individuo che come legame relazionale. La sua rilevanza fu recepita dai “padri” fondatori della Costituzione Italiana all’articolo 118 che dispone: “Stato, Regioni, Città metropolitane, Province e Comuni favoriscano l’autonoma iniziativa dei cittadini, singoli e associati, per lo svolgimento di attività di interesse generale, sulla base del principio di sussidiarietà”. Il “principio”, dunque, promuove  la valorizzazione e il sostegno dei singoli e delle soggettività sociali che spontaneamente si aggregano, istituendo “servizi” finalizzati a promuovere quei diritti fondamentali  che “l’accentramento statalista e burocratico”, sempre più diffuso, offuscano.

La sussidiarietà, che si interseca con i principi di libertà, di solidarietà e di responsabilità, attiene al rapporto tra “aspetto pubblico” ed “attività privata”. Chiede che le autorità di livello superiore (Stato, Istituzioni pubbliche…) non interferiscano nell’autonoma capacità gestionale delle organizzazioni sociali (corpi intermedi, enti, associazioni…) e delle persone ma le supportino, essendo questi ultimi, maggiormente conoscitori del territorio e più tempestivi nell’ organizzazione e nella gestione dei servizi sociali, sanitari ed educativi… (scuole paritarie, istituzioni sanitarie e socio-sanitarie, servizi alla fragilità…). Dallo Stato si esige “il sostegno economico” e “il ruolo di verifica” sul funzionamento e sull’operato.

Il “principio”, poco attuato nei primi decenni di storia della nostra Nazione, ha prodotto, e lo affermiamo nuovamente, “un costoso e dannoso statalismo, rigide amministrazioni ed anonime burocrazie” che si propongono “disumane”, essendo basate sull’anonimato e sul rapporto da persona a struttura, quindi prive di solidarietà. Preoccupazione espressa più volte dal Magistero della Chiesa a partire dall’encliclica “Rerum Novarum” di papa Leone XIII (1891) fino alla “Caritas in Veritate” di Benedetto XVI (2009). Tra i molti esempi riportiamo due passaggi di Pio XI e di san Giovanni Paolo II. “Come è illecito togliere agli individui ciò che essi possono compiere con le forze e con l’industria propria per affidarlo alla comunità, così è ingiusto rimettere a una maggiore e più alta società quello che l’inferiore comunità può fare. Ed è questo, insieme, un grave danno e uno sconvolgimento del retto ordine della società; perché oggetto naturale di qualsiasi intervento della società stessa è quello di attuare in maniera suppletiva le assemblee del corpo sociale, non già di distruggerle o assorbirle” (Pio XI, Lettera enciclica Quadragesimo anno, n. 78). “Intervenendo direttamente e deresponsabilizzando la società, lo Stato provoca la perdita di energie umane e l’aumento esagerato degli apparati pubblici, dominati da logiche burocratiche più che dalla preoccupazione di servire gli utenti, con enorme crescita delle spese” (Giovanni Paolo II, Lettera enciclica Sollecitudo rei socialis, n. 48). E la “Congregazione per la dottrina della fede” si esprime auspicando un’intersecarsi armonico del principio di solidarietà con il principio di sussidiarietà: “In virtù del primo, l’uomo deve contribuire con i suoi simili al bene comune della società, a tutti i livelli. Con ciò, la dottrina sociale della Chiesa si oppone a tutte le forme di individualismo sociale o politico. In virtù del secondo, né lo Stato né alcuna società devono mai sostituirsi all’iniziativa e alla responsabilità delle persone e delle comunità intermedie in quei settori in cui esse possono agire, né distruggere lo spazio necessario alla loro libertà. Con ciò, la dottrina sociale della Chiesa si oppone a tutte le forme di collettivismo”.

La sussidiarietà, dunque, ridefinendo i rapporti tra società civile e Stato, tra poteri centrali e periferici, è l’unica modalità per recuperare un valido e autentico “rapporto personale”; quello da  soggetto a soggetto oltre la solidarietà. Uno Stato che massifica, che si erge a “padrone dispotico” di tutto, che impone come gestire la scuola, l’assistenza e la sanità e che interferisce nella famiglia a livello educativo, oltre che negare il principio di sussidiarietà, non raggiungerà mai le sue finalità sociali e il bene comune, essendo “lontano” dalle necessità e dai bisogni del territorio e del cittadino, mentre una reale “concorrenza” tra Stato e privato, prevalentemente “no-profit”, offre prestazioni più efficienti, a costo minore, generando una superiore soddisfazione all’utente. Il “principio”, non elimina, come affermato, la “funzione di garante” dell’autorità pubblica che ha l’obbligo di offrire a tutti i livelli minimi di assistenza e l’attuazione dei diritti sociali fondamentali. Per questo, la sussidiarietà, si erge in chiara polemica contro i regimi collettivisti basati sul centralismo e nei confronti dell’esclusione sociale e dell’individualismo.

Il principio di sussidiarietà fu riconosciuto basilare e irrinunciabile anche dal Trattato dell’Unione Europea di Maastricht (1992) che fissò le regole politiche e i parametri economici indispensabili per l’ingresso dei vari Stati nell’ Unione Europea. Il Trattato così lo riassunse (cfr. art. 5, par. 3).

-Non intervenga lo Stato nei servizi che i cittadini possono realizzare da soli; le istituzioni devono elaborare le opportune condizioni.

-Lo Stato deve operare unicamente quando la società civile non è in grado di agire da sola.

-L’azione sussidiaria deve porsi l’obiettivo di rendere ogni servizio “più vicino” al cittadino.

OSSERVAZIONI FINALI

1.”Andiamo a votare”, poichè essendo un referendum confermativo, non necessita di quorum. Qualunque sia il risultato, l’affluenza non influirà sull’approvazione o meno della legge

2. Attenzione a non lasciarsi ingannare, poiché il referendum non riducerà unicamente la sussidiarietà o abolirà il  “bicameralismo perfetto”, ma modificherà 40 articoli della Costituzione ristrutturando il nostro Paese nel segno del “centralismo” e dello “statalismo” attribuendo poteri esorbitanti al governo.

3.Anche i  “risparmi sui costi della politica”, su cui i fautori del SI continuano ad insistere come uno “specchio per le allodole” per convincere i cittadini, è una grossa menzogna, poichè i risparmi con un nuovo senato sarebbero al massimo del 20% sui costi attuali, spesi poi per gestire centralismo e statalismo.

Se vogliamo risparmiare, i settori da decurtare e gli Enti da ridurre sono molteplici, e Renzi ben lo sa!

1 dicembre 2016

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