Comolli

APPUNTI DI PASTORALE DELLA SALUTE (8) – I soggetti della Pastorale della Salute: gli operatori sanitari.

Negli scorsi “appunti” abbiamo identificato due destinatari della Pastorale della Salute: i malati e i loro famigliari. Nel proseguo della nostra chiacchierata fermeremo l’attenzione sulla terza tipologia: gli “operatori sanitari”

La Pastorale della Salute ha un ampio target e deve raggiungere molteplici settori in cui operano moltitudini di individui che denominiamo “operatori sanitari” (medici, infermieri, ausiliari socio-sanitari, fisioterapisti, ostetriche, psicologici,…). Ma, la maggioranza di questi nostri contemporanei, definiti dal filosofo e sociologo Z. Bauman: “cittadini della società liquida”, non ritengono essenziale “il passaggio di Dio nella storia umana” sicuri della propria autosufficienza ben descritta, ad esempio, nelle opere di F. Nietzesche. Perciò la “frattura” tra cultura e cristianesimo, come pure il processo di secolarizzazione sono percepibili anche nel “pianeta salute”.  Eppure, “il mondo della salute”, è “il crocevia delle grandi speranze e dei grandi drammi che colpiscono l’umanità, drammi d’ingiustizia, di violenza, di mancanza d’amore, di etica sviata, di peccato…”[1], per questa ragione, al macrocosmo sanità, “la Chiesa, in forza della sua missione, è chiamata ad aprirsi, animata da speranza, da spirito di collaborazione e dalla volontà di rendere un contributo essenziale alla salvezza dell’uomo” (La pastorale della salute nella Chiesa Italiana, n. 12).

La Pastorale della Salute con l’evangelizzazione presenta e testimonia il Signore Gesù, e di conseguenza il Vangelo, come prototipi e generatori di un “nuovo umanesimo”, in un’epoca di profonda crisi antropologica che “contagia” anche gli operatori sanitari. Rammentava il filosofo M. Heidegger (1889-1976): “Nessuna epoca ha saputo conquistare tante e così svariate conoscenze sull’uomo come la nostra, eppure nessun epoca ha conosciuto così poco l’uomo come la nostra”[2]. Evidenziava B. Mondin che oggi l’uomo “non è più persona per diritto di natura, ma per beneplacito della stessa società”[3] e N. Abbagnano aggiungeva: “Si parla tanto di ‘morte di Dio’, ma chi è stato veramente ucciso dal pensiero moderno è l’uomo”[4]. Ne consegue che il primo compito di questa Pastorale è supportare l’operatore nel rispondere all’interrogativo: “Chi è l’uomo”, poiché dalla risposta che ognuno fornirà conseguirà il “rapporto terapeutico” che instaurerà con il fragile e il sofferente che incontra nello svolgimento del suo lavoro,  nell’esercizio di una originale professione che lo autorizza all’accesso al corpo altrui per formulare sentenze di vita o di morte.

“Chi è l’uomo?”. Nella visione cristiana, sant’Ireneo, così risponde: “Gloria Dei vivens homo” (l’uomo vivente è la gloria di Dio). Ciò richiede anche convinzioni e comportamenti che riassumiamo in un decalogo.

1.L’operatore sanitario “ama la vita” ed è a “servizio della vita”.

2.L’operatore sanitario sa che chi gli sta di fronte è un “uomo”.

3.L’operatore sanitario interseca nella professione “cura” e “premura” per bilanciare la tecnologia e il rapporto umano, la scienza della medicina e l’arte della medicina.

4.L’operatore sanitario è “ricco di umanità”.

5.L’operatore sanitario pone “la carità” alla base della sua professione.

6.L’operatore sanitario crea un “clima sereno nell’ambiente dove lavora”.

7.L’operatore sanitario “ama” la sua professione.

8.L’operatore sanitario domanda aiuto a Dio nella “preghiera”.

9.La professione sanitaria richiede “un’alta preparazione tecnica” intersecata da “un’adeguata conoscenza etico e morale”.

 Il punto di arrivo.

 10.L’operatore sanitario esercita il suo lavoro non solo come una professione ma anche come una “missione” e una “vocazione”.

San Giovanni Paolo II disse agli operatori sanitari “L’esperienza insegna che l’uomo, bisognoso di assistenza, sia preventiva che terapeutica, svela esigenze che vanno oltre la patologia organica in atto. Dall’operatore sanitario egli non s’attende soltanto una cura adeguata, cura che, del resto, prima o poi finirà fatalmente per rivelarsi insufficiente, ma il sostegno umano di un fratello, che sappia partecipargli una visione della vita, nella quale trovi senso anche il mistero della sofferenza e della morte. E dove potrebbe essere attinta, se non nella fede, tale pacificante risposta agli interrogativi supremi dell’esistenza?” (4 ottobre 1982).

E’ possibile giungere a questa conclusione, proposta dal Santo Pontefice che è un punto di arrivo della Pastorale della Salute, unicamente superando le separazioni e le divisioni tra “valori religiosi” e “pseudo valori laici e profani”, tra “motivazioni religiose” e “motivazioni umane”, poiché nulla, riguardante l’uomo, è estraneo al Signore Gesù.

La conclusione è dei bioeticisti americani E. Pellegrino e D. Thomasma: “certe attività sono imprese morali che richiedono un servizio altruistico e un certo annullamento dell’interesse personale; se queste aspirazioni morali sono sviluppate, la professione diventa vocazione, diversamente rimane unicamente una carriera”[5].

(Fine ottava parte)

 

[1] A. Brusco, La Pastorale Sanitaria nell’attuale contesto sociale, in I. Monticelli (a cura di), Progettualità ecclesiale nel mondo della salute, Salcom, Brezzo di Bedero (Va), pg. 30.

[2] M. Heidegger,  Kant e il problema della metafisica, La Terza, Roma-Bari 2006, pg. 275.

[3] D. Mondin, Il Valore-Uomo, Dino, Roma 1983, pg. 15.

[4] N. Abbagnano, L’uomo progetto 2000, Dino, Roma 1980, pg. 39.

[5]E. Pellegrino – D. Thomasma, Medicina per vocazione. L’impegno religioso in medicina, EDB, Bologna 1990, pg. 108.

24 novembre 2017

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