Comolli

Seguo con interesse il sito da Lei gestito soprattutto per l’attenzione ai problemi bioetici che a mio avviso stanno scrivendo le linee guida dei prossimo decenni, e di conseguenza, quale società lasceremo in eredità ai nostri figli. Però mi sono accorta che ha quasi totalmente tralasciato qualsiasi riflessione sul “caso  Vincent Lambert” condannato a morte, a causa della sua malattia, alcuni giorni fa dalla Corte di Strasburgo. Ritengo questa una sentenza pericolosissima in un contesto democratico. Qual è il suo parere? Faustina.

Gentile signora Faustina, lei ha perfettamente ragione ad evidenziare questa mia dimenticanza, avendo tratto nelle scorse settimane altri problemi etici a seguito del “Disegno di Legge Cirinnà” altrettanto devastante per il nostro Paese.  Quindi di Vincent Lambert mi occuperò nella “Pillola di saggezza” di questa settimana.

 Il CASO

Vincent Lambert è un cittadino francese di  39 anni, infermiere, tetraplegico,  precipitato nel 2008 in uno stato di “coscienza minima” a seguito di un grave incidente stradale. E da 7 anni è al centro dell’interesse mass mediatico con la finalità di introdurre la libera eutanasia in quel Paese.

LA DECISIONE DEI MEDICI FRANCESI

I medici che curavano Vincent, riferendosi alla “Legge Leonetti” (2005) sul “fine vita” che prevede, a certe condizioni, l’interruzione dei trattamenti sanitari  e autorizza i medici a somministrare “dosi terapeutiche in grado di alleviare il dolore, anche se rischiano  di abbreviare la vita” e nega, inoltre, l’ “accanimento terapeutico”, decisero di abbandonare il paziente “al suo destino”. Per due volte interruppero l’alimentazione e l’idratazione (la prima volta per trenta giorni), ma i genitori si rivolsero a due tribunali ottenendo che alimentazione e idratazione fossero riattivate. Poi fu la volta del “Consiglio di Stato francese” (il massimo organismo amministrativo del Paese) e della “Corte Europea dei Diritti Umani di Strasburgo”. A tutti, papà e mamma, chiesero che il loro figlio fosse curato e alimentato come ogni disabile, o ricoverato, o presso la loro abitazione.

 LA SENTENZA DI STRASBURGO

Il 5 giugno 2015, la Corte Europea,  autorizzò i medici a sospendere l’alimentazione e l’idratazione di Vincent.

Per i giudici di Strasburgo, questo atto, non viola il  “diritto alla vita” previsto dall’articolo 2 della “Convenzione sui Diritti Umani”. Da quel momento, la vita di Vincent, è totalmente nelle mani dei medici dell’ospedale di Reims che decideranno se lasciarlo morire di fame e di sete. In altre parole, per quei giudici, contano di più i medici dei genitori! Da notare, inoltre, che questa sentenza, secondo alcuni analisti, è “destinata a fare giurisprudenza nei quarantasette Stati membri del Consiglio d’Europa” (“Prima sentenza di Strasburgo sull’interruzione di cure mediche”, in L’Osservatore Romano, 7 giugno 2015, pg. 2).

ALCUNE OSSERVAZIONI

1.L’aspetto testimoniale

L’unica motivazione difesa dai medici curanti e fatta propria dal Consiglio di Stato e  dalla Corte Europea è la testimonianza della moglie, secondo la quale il marito avrebbe rifiutato la prospettiva di vivere in simili condizioni. Contrari a questa visione i genitori di Vincent che hanno definito la sentenza “scandalosa” e non intendono arrendersi; grida la mamma: ‘Mio figlio non è un morto vivente’. A loro supporto gli amici del figlio che hanno fondato un Comitato in suo favore: www.jesoutienvincent.com.

2.Diffenza tra Vincent Lambert e Eluana Englaro.

A molti, di fronte a questo pietoso caso, è tornata alla mente Eluana Englaro (nella foto), la giovane donna di Lecco che rimase per oltre quindici anni in “stato vegetato persistente”, nutrita e idratata da un sondino naso-gastrico, che morì il 9 febbraio 2009 a seguito di una sentenza della Corte di Cassazione che autorizzò la sospensione della nutrizione e dell’idratazione (cfr.: “Pillola di saggezza” 23 febbraio 2013). Ma i casi sono diversi, essendo Vincent in “stato coscienziale molto limitato” e “reattivo” ad alcuni stimoli esterni. Non è “attaccato” a nessuna macchina che fa funzionare i suoi organi, non è in fin di vita, è unicamente una persona handicappata come altri 1700 cittadini francesi che si trovano nella stessa condizione.

3.La “Qualità di vita”

La nostra società tende a privilegiare la “qualità” di vita a scapito della sua dignità. Ma “qualità”, “dignità” e aggiungo “sacralità” della vita devono intersecarsi, essendo l’uomo “un essere unitario”. Decantare “la qualità della vita” equivale a valorizzare unicamente la porzione di esistenza riferibile alla materialità, tralasciando le dimensioni percepibili dai sensi (relazioni affettive, amore, amicizia, mutualità, solidarietà…) e l’aspetto spirituale. E’ irrinunciabile, quindi, identificare parametri alternativi per dimostrare che ogni vita, anche se carica di sofferenza, può ottenere una rilevante ed accettabile qualità. Questa coincide con l’adattamento alle limitazioni esistenziali, con l’accoglienza positiva delle trasformazioni che una patologia comporta, con il significato attribuito a quel periodo dell’esistenza. L’errore odierno consiste nel coniugare i parametri di qualità con il concetto di salute, dimenticando che la malattia e la disabilità, sono parti costitutive del Dna di ogni persona. E, nonostante gli sforzi della scienza, sarà impossibile debellare totalmente la fragilità e la sofferenza. E’ opportuno, quindi, riappropriarsi della cultura della malattia per procurare  significato al soffrire e valore di esperienza pienamente umana al morire. L’esasperazione del concetto di salute sta diffondendo, subdolamente, un clima culturale di morte, oltre un messaggio ambiguo: le condizioni di terminalità o di fragilità grave ed invalidante non sono conciliabili con un’esistenza degna di essere vissuta!

4.Nulla è perduto

Dalla richiesta dei genitori alla Corte Europea alla sentenza si sono verificate delle varianti; ad esempio il cambio della direzione dell’ospedale di Reims, come pure alcuni giuristi stanno sollevando forti perplessità sulle motivazioni della sentenza stessa. Sono sorti, inoltre, comitati a favore di Vincent e anche una petizione per salvarlo dalla morte: www.jesoutiensvincent.com: conta, al momento, oltre 47mila adesioni. La mia è stata la 47.622 firma; voi cosa aspettate a firmare?

 CONCLUSIONE

Lasciamo la conclusione a Thibaud Collin, studioso laico e uno dei promotori del “Comitato di sostegno a Vincent”; fu consigliere di Sarkozy ed è docente all’Ipc, la Facoltà libera di Filosofia e Psicologia di Parigi.

“La posta in gioco sul destino di Lambert non è né più né meno che quella di sapere se si può condannare a morte un innocente, con il pretesto che non è autosufficiente e non può più disporre di quella che, secondo lo spirito del tempo, sarebbe una vita degna di essere vissuta(…). La verità è che ormai viviamo in un’epoca nichilista nella quale la vita umana non è più per sé stessa vista come un bene e, per questo, la sopravvivenza di Vincent è divenuta un appello. Nella sua impotenza radicale la sua vita è un richiamo per tutti noi al dono”.

Dopo la sentenza della Corte di Strasburgo, secondo il filosofo, “la Francia che ha rinunciato nel 1981 alla pena di morte per quelle persone giudicate colpevoli di gravi crimini, la sta reintroducendo per degli uomini innocenti. La loro unica colpa è quella di essere divenuti vulnerabili” (“L’affaire Vincent Lambert, ou quand la peine de mort menace l’innocent”, in Famille Chrétienne, 13 Mai 2015).

9 luglio 2015

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