Comolli

“VI PREGO NON LASCIATEVI RUBARE LA SPERANZA”

Abbiamo ripreso da alcune settimane le attività quotidiane al termine di un periodo di ferie o di riposo e ci ritroviamo capultati nuovamente nei molteplici problemi di tutti i giorni, forse aggravati, e ci attendono mesi ardui e complessi che continueranno a chiederci sacrifici. In questa deprimente situazione non ci sono di minimo aiuto i nostri politici sia di destra che di sinistra, sia vecchi che nuovi, che come altri poteri dello Stato si mostrano disinteressati al “bene comune” ed interessati unicamente a “giochi sporchi” che continuamente mettono in ginocchio famiglie ed imprese. 

A tutti questi “bontemponi” che per biechi interessi infantili, rivincite o vendette stanno distruggere la nostra società riducendoci alla povertà dobbiamo chiaramente dire: VERGOGNATEVI e ricordargli, prima che sia troppo tardi, l’ammonimento che il profeta Amos fece a nome di Dio agli abitanti della Samaria poco prima che il regno del Nord fosse distrutto dagli Assiri: “Cercate il Signore e vivrete (…). Odiate il male e amate il bene e ristabilite nei tribunali il diritto; forse il Signore, Dio degli eserciti, avrà pietà del resto d’Israele (…). Altrimenti vi sarà in tutte le vigne lamento, perché io passo in mezzo a te, dice il Signore” (Am. 5,6.15.17).

Accanto a questi irresponsabili è spuntata nei scorsi mesi, inaspettata, la splendida figura di papa Francesco che tutti noi abbiamo immediatamente percepito vicino al nostro cuore e alla nostra vita e che in più occasioni ci ha ripetuto: “Vi prego non lasciatevi rubare la speranza”.
Solo la SPERANZA è la virtù che potrà sostenerci nei prossimi mesi! 

Cos’è la speranza? Perché è fondamentale per l’uomo?

Per comprenderla appieno dobbiamo inquadrarla nell’ampio quadro delle virtù. Il vocabolo “virtù” è stato interpretato in svariati modi; per quanto riguarda la concezione cristiana un punto di riferimento è il Catechismo della Chiesa Cattolica (cfr. III parte) che la presenta nella prospettiva del rapporto tra fede e vita, nella tendenza al bene che si realizza nella professione, nella celebrazione della fede e nella coerenza quotidiana alla vocazione cristiana in Cristo secondo lo Spirito. La virtù, di conseguenza, non è la caratteristica unicamente delle persone devote o protese ad un perfezionismo spirituale, quale frutto di una presunta autosufficienza, ma è I’agire e I’operare di colui che è responsabilmente radicato nella persona di Cristo.

La speranza cristiana è Ia certezza che la vita va oltre il fatto contingente perchè è in tensione verso I’Assoluto e, di conseguenza, non è possibile disgiungere vita e speranza: “finché si resta uniti alla società dei viventi c’è speranza” (Qo. 9,4). Essa solleva l’uomo dall’angoscia dalla disperazione conseguente alle delusioni dell’esistenza, alla sofferenza, all’incapacità di non saper più cogliere l’esistenza nella sua bellezza e ricchezza.

L’ uomo è spesso proteso alla ricerca dell’avere e alla rincorsa del successo.

L’Occidente ateizzato vive impegnandosi nel racimolare sempre di più ed insegue privilegi e benefici, quasi che il possedere fosse una forma di assicurazione, atteggiamento smentito dai fatti degli ultimi anni. Quindi la riflessione sull’essere è limitata a occasioni sporadiche o a gruppi elitari. Un detto rabbinico precisa: “Come è facile per un uomo povero confidare in Dio ed essere da lui accolto. Com’è difficile per un ricco confidare in Dio. Tutti i suoi beni gli gridano: Confida in me!” E’ questo il gravissimo pericolo della ricchezza! L’uomo, essere limitato per natura, ha bisogno d’appoggio per trovare quella sicurezza di cui necessita per affrontare le vicende della vita. La ricchezza può sembrare un sicuro appoggio, poiché permette facili successi, ma alla lunga sempre riserva drammatiche delusioni, perché ogni successo si rivela fragilissimo, preda di quel tarlo che rode ogni fortuna terrena.

“La cristianità quando parla di speranza, parla del futuro del mondo, dell’umanità, della natura nella cui storia è coinvolta” (M.MOLTAMANN, La Chiesa nella forza dello Spirito, Queriniana, Brescia 1977, pg. 184); dunque l’oggetto della speranza cristiana è l’escatologia che si fonda sulla Paternità di Dio (cfr. 1Ts. 4,13; Ef. 2,12; 2Cor. 1,9). La speranza cristiana si concretizza anche nelle relazioni in quanto ogni battezzato è “membro” del “Corpo” di Cristo che è la Chiesa, e quindi, in virtù di questi rapporti evidenzia una linea di tendenza in cui quelli dialogico-relazionali possono conseguirla o disattenderla.
Le relazioni, se non s’inquadrano in questo orizzonte di speranza tendono a perdere di senso, muoiono, entrano in contraddizione generando conflitto e si spengono. H. Schlier esegeta contemporaneo così descrive gli effetti della mancanza di speranza nel mondo: “Dove la vita umana non è protesa verso Dio, dove non è impegnata al Suo appello, ci si sforza invano di superare la spossatezza, la vacuità, la tristezza che nascono da tale mancanza di speranza. La persona senza speranza soffre e lo manifesta attraverso dei sintomi, quali la loquacità in discorsi vuoti, I’esigere costantemente una discussione, la curiosità insaziabile e sbrigativa, la dispersione nella molteplicità e nell’arruffo, l’inquietudine interiore ed esteriore, l’instabilità decisionale, il rincorre nuove sensazioni” (C.M. MARTINI, Le virtù, In Dialogo, Milano 1993, pg. 42).
Il nostro compito è di essere messaggeri di speranza tra i “dis-sperati”, ricordando che l’etimologia “dis-sperato” non è sinonimo di assenza di speranza ma di un alterato significato a essa attribuita.

Il cristiano possiede una “marcia in più” per essere portatore di speranza, essendo quella cristiana descrivibile come:
-la tensione, piena di attesa, verso il futuro;
-la fiducia che tale futuro si realizzerà;
-la pazienza e la perseveranza nell’attenderlo.
La speranza cristiana viene da Dio, essendo una virtù teologale; la sua origine è in Dio, ed è fondata nella Sua fedeltà e nell’abbandonarsi dell’uomo tra le sue braccia di Padre.
Inoltre rende partecipi della vita di Dio: “ciò che si spera, se visto non è più speranza; infatti ciò che uno vede come potrebbe mai sperarlo?” (Rm. 8,24) e “mai cuore umano ha potuto gustare ciò che Dio ha preparato a coloro che Lo amano” (1 Cor. 2,9).

Il termine della speranza cristiana è Gesù Cristo, la sua presenza nella storia e il Suo ritorno che permetterà all’uomo di entrare nella sua gloria di Figlio accanto al Padre (cfr. 1 Cor. 4,5). 

Dobbiamo, quindi essere persuasi che mentre è presidente della repubblica Giorgio Napolitano, presidente del consiglio dei ministri Enrico Letta, mentre la ricerca del bene comune scompare dalle nostre Istituzioni, Cristo è presente nella storia odierna e la Parola di Dio scende.
Chi fa propria questa visione teologica della storia e della vita, cioè del lavoro, della famiglia, della società… fa trasparire la speranza. Ma Ch. Peguy ricorda: “La fede che preferisco, dice Dio, è la speranza. La fede non mi stupisce (…). Ma la speranza, dice Dio, ecco quello che mi stupisce. E sperare è difficile. Quello che è facile è disperare, ed è la grande tentazione (…). Noi sotto l’influsso dello Spirito, aspettiamo la Speranza della giustificazione promessa dallo Spirito” (CH. PERUY, Il mistero della seconda virtù, Jaca Book, Milano 1984, pg. 161.

Da ultimo, non possiamo tralasciare il suggerimento dello psicologo umanista E. Erikson che ricordava presente in ciascuno una riserva di energie e di forze spirituali cui ricorrere nei momenti difficili della vita. Dobbiamo saper attingere nel nucleo del nostro spirito quelle forze che ci permettono di rimanere a galla nei momenti della prova, e questa è l’acqua del nostro pozzo.

E concludo con un suggerimento preso dal libro dei Proverbi: “Signore, io ti domando due cose non negarmele prima che io muoia: -tieni lontane da me falsità e menzogna; -non darmi né povertà né ricchezza ma fammi avere il cibo necessario, perché una volta sazio io non ti rinneghi e dica: “Chi è il Signore?”, oppure, ridotto all’indigenza, non rubi e profani il Nome del mio Dio” (Pr. 30,7-8).

Che parole sagge per nostra quotidianità!

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