Comolli

“Ho 40 anni e sono affetta da “Febbre Periodica”, denominata da qualche anno anche “Malattia autoinfiammatoria”. Ad intervalli di un mese o poco più, sono aggredita da febbri molto alte accompagnate da dolori alle articolazioni e disturbi gastrointestinali, e per alcuni giorni mi sento malissimo.

Questa patologia, che prosegue da oltre dieci anni, non solo ha compromesso la qualità della mia vita, ma è stata anche la causa del licenziamento dal lavoro. Sono stata ricoverata in vari ospedali, e tutti i medici hanno costatato che quella che mi affligge è una «malattia rara», per questo, poco nota e poco studiata. So che in Italia, alcune centinaia di persone sono portatori di questa patologia, come pure altre migliaia soffrono di molteplici malattie rare. E’ giusto che nessuno si interessi di noi? Alessandra”.

 Lo scorso 28 febbraio si è celebrata in 84 Paesi, organizzata da “Eurordis” (Organizzazione europea per le malattie rare) la “Giornata delle malattie rare” e questo significa che verso queste patologie non c’è il disinteresse totale come afferma Alessandra ma un interesse non sufficiente.

Nel mondo troviamo circa 7000/8000 malattie definite “rare” (80% di origine genetica e 20 % malattie autoimmuni, patologie di origine 1infettiva o tossica, tumori rari…) ma scarseggiano terapie efficaci pur interessando 350 milioni di persone. In Italia, i malati che non dispongono di adeguati medicinali definiti “farmaci orfani”, sono 2 milioni (70% bambini in età pediatrica) con oltre 20 mila nuovi casi l’anno e sono portatori di 3.600 malattie censite. Dunque, un fenomeno in continua crescita, poichè ogni settimana  sono individuate cinque nuove caratterizzate da una ampia eterogeneità di segni e di sintomi. Le più frequenti riguardano il sistema nervoso e gli organi di senso (21% del totale).

I “farmaci orfani”, sono i prodotti che dovrebbero essere adibiti alla profilassi o alla cura delle malattie che comportano minacce per la vita non-profit to raising money for lafora/METROfino ad una morte precoce o a debilitazione cronica che colpiscono non più di 5 individui su 10mila. Nonostante la loro utilità, questi medicinali saranno scarsamente disponibili per i pazienti, essendo la domanda insufficiente a garantire la copertura economica della ricerca. In assenza di incentivi la commercializzazione di questi prodotti non giustifica l’investimento di una ditta farmaceutica. Per questo, in Europa, si producono annualmente meno di 100 “farmaci orfani”. Dunque, se ti ammali sei sfortunato, ma se sei portatore di una patologia rara difficile da definire per le varianti genetiche, congenite e idiomatiche, lo sei maggiormente, come Alessandra, essendo arduo stilare una diagnosi attendibile (il 18,6% richiedono oltre 10 anni) per le scarse conoscenze medico-scientifico, ed improbabile reperire farmaci adeguati.

Per curare questi malati, negli Stati Uniti, fu intrapreso nel 1983, un programma che  promosse questa tipologia di ricerca, l’ Orphan Drugs 1Act. Anche l’ Unione Europa promulgò un’azione analoga con la Decisione n. 1295/1999/CE e il Regolamento n. 141/2000. Fu inoltre istituito, presso l’EMA (Agenzia Europea per i Medicinali), il Comitato per la Designazione dei Prodotti Medicinali Orfani (COMP), per valutare le qualifiche di farmaco “orfano”, garantendo alle ditte farmaceutiche incentivi economici e fiscali, oltre l’esclusività di mercato per vari anni. Nell’aprile del 2011 la Commissione Europea e il National Institute of Health Usa stabilirono l’obiettivo di disporre entro il 2020 di test diagnostici per la maggior parte delle patologie rare.

L’ Italia, come  sta procedendo?

Nel nostro Paese si istituì nel 2001 la “Rete Nazionale Malattie Rare” a cui partecipano aziende sanitarie di riferimento a livello regionale e sono state esentate dai ticket 350 patologie; ancora poche rispetto all’universo delle malattie rare (cfr Decreto Ministeriale 279/2001). Il Parlamento, inoltre, si è impegnato ad approvare una legge per incentivare la ricerca e  l’accesso alle terapie essenziali. Anche l’industria farmaceutica, da sempre restia a questa tipologia di investimenti, si sta dimostrando collaborativa. Ma serve uno sforzo maggiore affinchè  i “malati rari” non siano figli di un male minore; anch’essi devono avere la certezza della diagnosi e disporre di terapie sempre più adeguate.

Non so se definirlo “un caso fortunato”, e soprattutto non vorrei ingenerare in Alessandra delle aspettative non fondate, ma riflettendo sulla sua patologia mi ricordai di aver letto, su un quotidiano nazionale, una notizia dal titolo: “Un nuovo farmaco per le febbri periodiche”. Ho intrapreso una ricerca in internet, e ho recuperato l’articolo in Corriere 1Salute.it, del 29 luglio 2011. Il testo illustra un nuovo farmaco che monitorizza la sindrome che affligge  Alessandra; è l’anticorpo monoclonale denominato canakinumab, in grado di legarsi all’interleuchina 1, impedendone l’attività. Una singola iniezione controlla i sintomi per due mesi.  “Questa terapia – si afferma – regolarizza i livelli circolanti di interleuchina 1 e risolve in maniera spettacolare la sintomatologia in questi pazienti che iniziano a sentirsi bene dopo poche ore”. Poi rimango un po’ perplesso dal commento del Direttore della Pediatria II° e Reumatologia dell’ Istituto G. Gaslini di Genova, non ovviamente per le sue affermazioni. Essendo l’ospedale Gaslini pediatrico, forse, il medicinale potrà essere utilizzato unicamente sui minori. Può darsi che il canakinumab gioverà ad Alessandra e ad altri pazienti, ma ancora migliaia di malati sono privi di terapie adeguate.

Invito questi sofferente a non smarrire la speranza; negli ultimi anni, come abbiamo potuto costatare, la disponibilità di farmaci per malattie rare è accresciuta. Consiglio, inoltre, di collegarsi con l’associazione “Uniamo Fimr onlus”, una  “Federazione Italiana di Malattie Rare” (www.uniamo.org), sorta nel 1999 per creare un organismo di riferimento nazionale e di coordinamento della associazioni nazionali di pazienti e famigliari con la finalità di difendere i loro diritti e migliorare la qualità di vita di questi malati.

Le malattie rare sono un’emergenza sociale e quindi dovrebbero divenire una priorità della sanità pubblica.

13 marzo 2015

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