Comolli

Un inno alla vita, un testamento spirituale lasciato ai familiari da chi ha incontrato la morte troppo presto. Tremila parole dietro uno specchio per ricordare che “anche se non ci sarà un lieto fine, quello che conta è la storia”. Athena aveva solo 13 anni quando la settimana scorsa ha perso la propria battaglia contro il cancro.

Prima di andarsene, ha lasciato dietro lo specchio della cameretta i suoi pensieri e le sue parole. Riordinando le sue cose dopo la morte, i genitori hanno ritrovato quelle frasi, nelle quali Athena esprime positività e gioia. “La felicità è una direzione, non una destinazione. Sii felice. Sii grato perché esisti”.

 Poco prima di Natale, Athena è svenuta nella cucina della sua casa, a New Park, nel Leicester, Inghilterra. In ospedale una terribile diagnosi: osteosarcoma, cancro alle ossa. Dopo un’operazione di emergenza di 7 ore e mezza per rimuovere il tumore dalla spina dorsale, sono iniziati i mesi di chemioterapia, che le hanno fatto perdere i capelli e l’hanno debilitata nel fisico, ma non hanno intaccato il suo spirito positivo e la sua forza d’animo. “Ho iniziato a leggere ma poi mi sono dovuto fermare. Era troppo, mi spezzava il cuore”, ha detto il padre Dean, intervistato dal Daily Mail. “Non potevo crederci, è stato toccante”.

 Tanti i pensieri, sulla vita, la morte, l’amore, tra le righe sul retro dello specchio: “L’amore è raro, la vita è strana, niente è per sempre e la gente cambia. Ogni giorno è speciale, perciò vivilo fino in fondo, potresti prendere una malattia mortale domani, perciò dai il massimo. La vita è brutta solo se tu la rendi così“.

 La sua storia ha commosso il Paese ed è rimbalzata sui media internazionali dopo che i genitori hanno voluto divulgarla. “Era una persona molto spirituale. Non ce ne aveva mai parlato, ma questo è quel genere di cose che avrebbe fatto”. “Era una ragazza bella e atletica, la persona più coraggiosa che io abbia mai conosciuto”, ha raccontato Caroline, la madre di Athena, che lascia 6 sorelle e 3 fratelli. “È sempre stata una ragazza positiva: anche quando si trovava in ospedale cercava di consolarmi e di dirmi di non piangere”. La malattia, particolarmente aggressiva, l’ha portata via in pochi mesi. Ha lottato finché ha potuto, consapevole che il lieto fine non sarebbe arrivato.

 Avvenire, 6 giugno 2014

 

 

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