Comolli

LA DOMENICA NON HA “PREZZO”

Molti, soprattutto tra i più anziani, ricordano ancora il sapore di festa della domenica che si viveva nella comunità e nella famiglia, soprattutto nei centri urbani più piccoli.

 La domenica assumeva principalmente un significato cristiano e il riposo era un punto fermo nelle normative concernenti le varie attività lavorative. Si partecipava alla Messa, ci si fermava a chiacchierare sul sagrato della chiesa, si visitava qualche malato o ci si recava al cimitero e poi ci si ritrovava tutti insieme in famiglia per il pranzo vissuto come momento di tranquillità e di fraternità. Per alcune ore, le preoccupazioni quotidiane sembravano allontanarsi lasciando spazio alla distensione e alla serenità. Una Nota pastorale della CEI così descriveva la domenica: “La Chiesa attraverso i secoli ha conferito alla domenica una fisionomia assai viva e ben caratterizzata: giorno dell’Eucarestia e della preghiera, giorno della comunità e della famiglia, giorno della libertà dalle cure e dalle fatiche quotidiane nell’anticipazione della libertà ultima e definitiva dalla servitù e dal bisogno” (Il giorno del Signore, 1987, n. 4).

Poi, con il trascorrere degli anni, queste abitudini si sono trasformate, modificando i tratti distintivi di questo giorno. Anche la domenica fu “secolarizzata“, perciò oggi è caratterizzata prevalentemente dalla fuga nel privato e dall’attuazione di altri riti di massa: abbandono delle città, sport praticato o seguito, turismo, ricerca di divertimento e di modalità di evasione… Anche gli auspici si sono trasformati; non si augura più “buona domenica” ma “buon week end”.

Tutto ciò mostra una nuova “impostazione culturale” che si vuole riservare al giorno di festa da vivere, il più delle volte, lontani dalla dimensione famigliare. E, infine,  hanno fatto il loro ingresso anche gli interessi del profitto con un lavoro continuato mediante l’apertura delle attività commerciali anche nei giorni di festa.

Ammoniva san Giovanni Paolo II: “Purtroppo, quando la domenica perde il significato originario e si riduce a puro ‘fine settimana’, può capitare che l’uomo rimanga chiuso in un orizzonte tanto ristretto che non gli consente più di vedere il ‘cielo’. Allora, per quanto vestito a festa, diventa intimamente incapace di ‘far festa’ ” (Dies Domini, 4).

L’uomo moderno ha smarrito il significato della festa!

Il significato della festa e del riposo

Ognuno di noi avverte il desiderio di godere, di tanto in tanto, un’interruzione del quotidiano, cioè di un “tempo di festa” che può essere interpretato in molteplici modi: “tempo libero” o “tempo della libertà” o “tempo del far nulla” o “tempo del dono” o “tempo della memoria”…

Accanto al desiderio della festa avvertiamo anche quella del riposo.

Ma perché la festa sia autentica e il riposo salutare è opportuno recuperare il “senso”  di queste due dimensioni!

“Fare festa” significa dare spazio a ciò che è importante. riappropriarci delle loro radice e del loro compimento, altrimenti “il tempo della festa” assume la caratteristica della noia.

Molti nostri contemporanei incominciano la settimana con una profonda delusione esistenziale avendo trascorso la domenica come il tempo dell’insoddisfazione, del vuoto o della ricerca di sensazioni che svaniscono velocemente… Un esempio, sono i giovani, che trascorrono la notte del sabato vagando inebetiti da una discoteca all’altra e si ritrovano rintronati la domenica.

Si fa festa per celebrare la propria storia (feste nazionali), per celebrare la storia della propria vita (compleanno), per celebrare un evento importante (nascita o matrimonio) e il cristiano fa festa la domenica per celebrare la storia dell’umanità salvata da Gesù Cristo mediante la sua risurrezione.

Dunque, la festa autentica, è fondata su un avvenimento passato, quindi non può staccarsi dalla storia come pure è pienamente inserita nel cammino verso il futuro, cioè impegna efficacemente l’avvenire.

La festa non si fa da soli ma coinvolge gli altri.

Di conseguenza, ogni festa, è un’occasione per alimentare gli affetti o stringere nuovi legami di amicizia, o ricostruire rapporti interrotti…

La festa nutre il corpo famigliare, sociale ed ecclesiale e la domenica, con i suoi ritmi alternativi alla fretta quotidiana e alla logica dominante del consumismo, permette di “fare festa” perché spalanca spazi e tempi alla gratuità, alla fraternità e alla solidarietà.

Il far festa è una potenziale carica per tutta la settimana. “Questo giorno così pieno di divino ed umano illuminerà poi di sé tutti gli altri giorni. Le cose per le quali ci affanniamo e a volte finiscono col dominarci ritroveranno la giusta misura. Le persone che ci vivono accanto, avranno il loro vero volto dopo che le avremo incontrate alla festa e avremo imparato a guardarli come fratelli e sorelle e ‘compagni’. L’occhio rinnovato del cristiano vedrà tutto sotto una nuova luce, la luce del Risorto: la contemplazione libera dalla schiavitù delle cose, l’amore si sostituisce al calcolo, il dono all’interesse” (Il giorno del Signore, n. 17).

Un elemento essenziale della festa è il riposo.

ll riposo domenicale non ha un’origine cristiana ma pagana. Il 7 marzo 321 l’imperatore Costantino stabilì che il primo giorno della settimana (il giorno del Sole, dies Solis) doveva essere dedicato al riposo.

E il riposo è anche il vertice dell’insegnamento biblico sul lavoro essendo l’alternanza lavoro/riposo un ritmo fondamentale dell’esistenza e una salvaguardia da ogni forma d’idolatria (cfr.: Compendio della Dottrina Sociale della Chiesa n. 258).

Come Dio tralasciò nel settimo giorno il suo lavoro, cioè l’opera della creazione per contemplare la bellezza del creato e soprattutto l’uomo, vertice della sua opera (cfr.: Gen. 2,2), così gli uomini devono godere di sufficiente riposo e tempo libero che permetta loro di stare gioiosamente con la famiglia, oppure per crescere culturalmente, dedicarsi al culto dovuto a Dio, alla pratica delle opere di misericordia e alla necessaria distensione della mente e del corpo (cfr.: Compendio della Dottrina Sociale della Chiesa n. 284).

“Il riposo cristiano – inoltre — afferma la superiorità dell’uomo sull’ambiente che lo circonda: egli riconosce come suo il mondo in cui è chiamato a vivere, ma progetta e anticipa il mondo nuovo e una liberazione definitiva e totale dalla servitù dei bisogni” (Il giorno del Signore n. 16).

Il riposo domenicale: fa ritrovare la reale dimensione alle attività e alle preoccupazioni quotidiane, riscoprire e gustare le bellezze della natura, favorisce la riflessione e lascia spazio ai valori dello spirito. Permette un incontro e un dialogo più tranquillo e più vero con gli altri soprattutto i propri famigliari, offre l’opportunità di dedicarsi a opere di volontariato e di carità.

Tutto ciò ci indica, tranne che per situazioni particolari, che nessuno dovrebbe rinunciare a questo suo diritto-dovere!

L’aspetto religioso della domenica

Nei primi secoli del cristianesimo 49 martiri di Abitene, guidati dal prete Saturnino, affrontarono gioiosamente la morte piuttosto che rinunciare a celebrare il giorno del Signore: “Non possiamo vivere senza celebrare il giorno del Signore!”.

Perché è importante, per il cristiano, la domenica?

Perché la domenica è il giorno in cui il Signore Gesù è risorto dai morti. I Vangeli concordemente datano la risurrezione di Gesù nel “primo giorno dopo il sabato”: “Passato il sabato, all’alba del primo giorno della settimana…” (Mt. 28,1); “Passato il sabato… (Mc. 16,1); “Il primo giorno dopo il sabato…” (Lc. 24,1); “Nel giorno dopo il sabato…” (Gv. 20,1).

Era  di domenica quando le donne che avevano assistito alla crocifissione di Cristo si recarono al sepolcro “di buon mattino” (cfr.: Mc. 16, 2), e lo trovarono vuoto. Era di domenica quando Gesù appare ai discepoli nel Cenacolo: “La sera di quello stesso giorno, il primo dopo il sabato…” (Gv. 20,19). Era di domenica quando il Signore risorto spezzò il pane per i due discepoli che stavano recandosi a Emmaus  (cfr.: Lc. 24,30).  E Gesù stesso modellò “il ritmo settimanale” con al centro la domenica apparendo nuovamente, otto giorni dopo, agli Undici riuniti nel Cenacolo (cfr.: Gv. 20,26). E cinquanta giorni dopo la risurrezione, di domenica, fu effuso lo Spirito Santo.

La domenica è la “Pasqua settimanale” quando i cristiani si ritrovano a celebrare la Santa Messa non unicamente per assolvere un precetto ma per soddisfare un bisogno vitale e  rispondere ad una questione d’identità! “Il cristiano ha bisogno della domenica. Dal precetto si può evadere, dal bisogno no” (Il giorno del Signore n. 8).

Dunque, per il discepolo del Signore Gesù, la domenica, non è unicamente il giorno del riposo ma della gioia e della festa ben riassunta dall’evangelista Giovanni descrivendo l’atteggiamento degli apostoli vedendo il Cristo Risorto: “I discepoli gioirono a vedere il Signore” (Gv. 20,20).

In questa prospettiva, la domenica cristiana è un autentico giorno di festa, un giorno donato da Dio all’uomo per sua piena crescita umana e spirituale, in quanto la gioia cristiana esalta e  riempe le autentiche gioie umane!

L’incontro con Dio, con la famiglia e con gli altri sono il cuore della domenica!

La domenica “libera” dal lavoro

Ormai da tempo, soprattutto i grandi esercizi commerciali, restano aperti anche la domenica e per molti il giorno di festa e di riposo non è più fisso ma mobile con tutti i disagi che ne conseguono sopratutto a livello famigliare.

Contro questo  “affondo” della domenica si sono schierati uniti Confesercenti e Conferenza Episcopale Italiana, lanciando nel lontano novembre del 2012 una campagna “Libera la domenica”, per chiedere l’abolizione dell’apertura degli esercizi commerciali, anche se i risultati sono stati scarsi. I motivi di questa iniziativa furono spiegati da monsignor Giancarlo Bregantini, presidente della Commissione Cei per i problemi sociali e il lavoro.

 “Bregantini: La domenica è un giorno da rispettare nel riposo. Dopo la petizione popolare si potrà pensare di chiudere la legge statale delle liberalizzazioni estreme e di riprendere la legge che regolamenta l’apertura domenicale in base alle esigenze territoriali di ogni regione. Questo è il nocciolo. Noi non vogliamo combattere battaglie estreme, o tutto aperto o tutto chiuso, ma diciamo che Dio ci ha fatti per il riposo e che la domenica, così come il ferroviere lavora, come l’altoforno è aperto, come l’ospedale funziona, se c’è bisogno anche il negozio può essere aperto.

 D: Ma quali sono le ragioni di questa battaglia?

Bregantini: Prima di tutto la necessità che ogni uomo abbia il riposo. Come dice la Bibbia: “Dio il settimo giorno si riposò”. Secondo: la famiglia. E’ tristissimo che una mamma che fa la commessa senta dire dal suo bambino: ‘Mamma, anche oggi te ne vai? E’ l’unico giorno che sono a casa!’. E’ necessario poi dire che l’economia non ha avuto alcun vantaggio, anzi, tenere aperto la domenica di fatto costituisce per i negozianti una perdita, specie per i piccoli negozianti. Terzo, c’è un discorso etico: una libertà senza verità, senza uno scopo, è un capriccio. Dietro c’è una grande battaglia ideologica, valoriale: Dio ci ha fatti per il riposo. La famiglia in primo luogo, il cuore dell’uomo, è la sede in cui Dio trova pace se l’uomo trova pace con se stesso e con la sua famiglia e gode del suo lavoro.

 D. – Gli orientamenti dei commercianti quali sono? Ad esempio di coloro che non sono di religione cristiana.

Bregantini: Le comunità ebraiche, e anche quelle islamiche, sono pienamente d’accordo con noi. Un mese fa, nella conferenza preparatoria, accanto a me avevo i rappresentanti della comunità ebraica di Roma. Anch’essi sentono che quel giorno è il giorno del riposo, è il sabato, come vuole Dio nella Parola del Signore.

 D. – Lei ha sottolineato la possibilità di apertura domenicale dei negozi in caso di necessità. Che cosa s’intende?

Bregantini: Si intende ad esempio quando una regione riconosce che quella zona è a forte presenza turistica, oppure se si è nel periodo natalizio, o nel periodo di Ferragosto. Ci sono dei criteri per le eccezioni e dove normalmente è chiuso si può aprire, in base alle situazioni.

 D. – Anche il cardinale Schoenborn, arcivescovo di Vienna, e presidente della Conferenza episcopale austriaca, ha sollevato proprio questa questione: i vescovi austriaci sottolineano come i cristiani chiedano la domenica libera dal lavoro. E’ quindi una tendenza a livello europeo?

Bregantini: Sì, per varie ragioni. Nella Conferenza episcopale di maggio, il vescovo svizzero, rappresentante di quella Conferenza episcopale, ha fatto arrossire tutti noi vescovi italiani quando ha detto: “Guardate che in Svizzera e in Germania i negozi sono chiusi”. Allora, visto che noi guardiamo alle varie realtà europee e le prendiamo come modello, anche in questo caso potremmo prendere questo aspetto come un modello positivo. Questo richiamo di Schoenborn ci fa un immenso piacere. Ormai siamo in sintonia, perché molti negozi, per esempio nel Nord Italia, cominciano a chiudere. Ci si rende conto che è un danno per la persona, per la famiglia e per la società. La dignità di ogni persona è praticamente garantita dalla dignità della domenica”.

Conclusione

“Non è stata la Chiesa a scegliere questo giorno, ma il Risorto. Essa non può né manipolarlo né modificarlo; solo accoglierlo con gratitudine, facendo della domenica il segno della sua fedeltà al Signore” (Consiglio Episcopale Permanente, Lettera di preparazione al 24° Congresso Eucaristico Nazionale, 3).

 

 

 

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